Liberalizzazioni e semplificazioni amministrative: tecniche di regolazione e riflessi su imprese e consumatori – Resoconto convegno

04.06.2007

III Incontro sulle riforme
promosso dal Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche ” Vittorio  Bachelet”

Roma, 30 maggio 2007

L’incontro si è aperto con il saluto del direttore generale della Luiss, Pierluigi CELLI, che ha ricordato i precedenti appuntamenti del filone “Incontri sulle riforme”, che hanno visto la partecipazione del Ministro per le Riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais, e del Ministro per gli Affari regionali e le autonomie locali, Linda Lanzillotta.
Il dott. Celli ha sottolineato come il terreno delle riforme sia uno dei piani principali su cui si gioca la credibilità della politica, ma che soprattutto interessa da vicino i cittadini e le imprese che sono parte attiva del processo riformatore. Per questo, è naturale il ruolo delle istituzioni universitarie, e della Luiss in particolare, nel mettere a contatto i protagonisti della politica con gli studiosi in una prospettiva di reciproco confronto.

Il protagonista del terzo incontro è stato il Ministro per lo sviluppo economico Pierluigi BERSANI, che ha illustrato le iniziative intraprese dal Governo in tema di liberalizzazioni, alcune delle quali già giunte ad approvazione (i due cd. “decreti Bersani” – o “lenzuolate” – del 4 luglio 2006, n. 223 e del 31 gennaio 2007, n. 7, convertiti con modificazioni rispettivamente dalle leggi 4 agosto 2006, n. 248 e 2 aprile 2007, n. 40), altre invece in itinere. Proprio nella giornata dell’incontro era in corso la discussione alla Camera sul disegno di legge contenente “Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale” (A.C. 2272-bis) e, parallelamente, al Senato sul ddl A.S. 691 in materia di energia.
Il Ministro ha anzitutto proposto una interpretazione del termine “liberalizzare”, da intendersi nel senso di contrasto alle rendite monopolistiche ed alle logiche corporative, di tutela del consumatore e di promozione degli investimenti e della crescita industriale, assicurando il mantenimento di un sistema di sicurezza sociale per gli operatori economici. In questa interpretazione, presentata dal Ministro come una inclinazione “di sinistra” dell’accezione del termine, si coglie una continuità con una correte culturale che da sempre vede la liberalizzazione come un mezzo, finalizzato alla promozione degli investimenti ed all’attacco a posizioni monopolistiche.
Questo concetto differisce nettamente da quello di “liberismo”, poiché presuppone l’esistenza di un mercato regolamentato nel quale gli agenti economici abbiano le medesime chances di successo, dove “giochino alla pari”.
Il tema delle liberalizzazioni presenta profili di connessione con quello della semplificazione amministrativa, essendo entrambe le iniziative volte a garantire un più pieno rispetto dei diritti di cittadinanza.
Allo stesso tempo, si è accompagnato il processo delle liberalizzazioni con un rafforzamento della lotta all’evasione fiscale, anche attraverso la progressiva sostituzione della moneta cartacea con la moneta immateriale, e di abbattimento delle barriere all’entrata in alcuni settori, al fine di costruire attorno alle liberalizzazioni non una mera operazione demolitoria di precedenti privilegi o inefficienze, ma una iniziativa di portata culturale capace di aprire opportunità economiche in particolare ai giovani, ed anche di sviluppare un civismo (o un “civismo popolare”) che costituisce il vero fine ultimo del tentativo riformatore.
Il Ministro ha brevemente ripercorso, quindi, gli effetti degli interventi di liberalizzazione promossi nella XIII Legislatura. Oggi dal Centro studi di Confcommercio, organizzazione che strenuamente si opponeva a quelle riforme, emerge un rafforzamento non solo della grande distribuzione, ma anche un più esteso il ricorso al franchising ed un miglioramento delle performance perfino della piccola distribuzione, o almeno di quella piccola distribuzione che ha saputo percorrere la via della specializzazione delle attività e di incremento della qualità. Inoltre, nonostante il costo dell’energia, che rimane alto rispetto ad altri Paesi, le riforme introdotte nella XIII legislatura hanno permesso che le bollette non subissero uno shock conseguente all’aumento vertiginoso del prezzo del petrolio, che in pochi anni è cresciuto di sei volte.
Spostando l’attenzione, invece, sulle iniziative adottate dal Governo nella presente legislatura, il primo intervento si è avuto con il decreto-legge del 4 luglio 2006, n. 223 (cd. Bersani 1), che ha contestualmente apportato modifiche in una molteplicità di fattispecie riguardanti la condotta degli operatori economici sul mercato, con l’intento di abbassare le difese e le resistenze corporative. Il metodo di mettere insieme una pluralità di settori diversi è finalizzato al migliore raggiungimento dell’obiettivo costituito dalla tutela a tutto tondo del consumatore: “disturbando” molte categorie contemporaneamente il risultato è di un abbassamento della difesa corporativa di ogni singola categoria, in quanto si parla di “liberalizzazioni” (al plurale) e non di riforma di una unico settore.
Tra le novità di maggior rilievo si possono segnalare l’abolizione delle tariffe minime obbligatorie, che ha consentito ai clienti di pattuire la corresponsione di compensi parametrati al raggiungimento di un dato obiettivo.
Un’altra questione è stata quella delle “parafarmacie”, che in poco più di un anno sono diventate 1020, per la maggior parte al di fuori della grande distribuzione. A ciò si è giunti progressivamente anche attraverso l’abrogazione di un retaggio proveniente dalle leggi razziali del 1938, che a fini di maggiore controllo delle corporazioni avevano stabilito il diritto ereditario della licenza, per cui poteva essere titolare di una farmacia anche un non laureato in farmacia, purché figlio di farmacista.
Notevoli tratti di analogia con le problematiche delle farmacie sono presenti nella liberalizzazione delle licenze di tassista, in considerazione del carattere commerciabile delle licenze in Italia. Infatti una liberalizzazione “secca” delle licenze costituirebbe un’iniquità nei confronti di chi, magari da pochi anni, ne ha acquistata una a caro prezzo. È stato perciò pensato un meccanismo che permette di innalzare il numero delle licenze senza penalizzare chi ne è già detentore, mettendo “in gara” le nuove licenze, su iniziativa comunale, e ridistribuendo in modo più equo possibile gli introiti realizzati dalla loro vendita tra coloro che esercitano già la professione, come sta facendo ad esempio il Comune di Bologna.
Per stimolare la concorrenza nel ramo RC Auto si è provveduto a superare il rapporto di esclusiva tra agente e compagnia assicuratrice, trasformando l’agente in una sorta di broker assicurativo, e cercando di contrastare i fenomeni collusivi tra le compagnie, come la ripartizione del mercato tra le stesse. Grazie al decreto-legge, ogni agente può essere plurimandatario e ha l’obbligo di dichiarare l’ammontare della provvigione ricevuta da ciascuna delle compagnie assicurative per le quali lavora, a vantaggio della trasparenza del mercato. È stata modificata, inoltre, anche la disciplina sull’indennizzo diretto in caso di incidente stradale. Ne consegue un minor aggravamento per il cittadino, il quale, comunicato il sinistro alla propria compagnia di assicurazione, ottiene che sia la stessa ad occuparsi di tutta l’istruttoria. In soli tre mesi dall’entrata in vigore del provvedimento è aumentato al 40% il numero degli incidenti liquidati entro trenta giorni e senza contenzioso.
Parallelamente si sono aumentati i poteri dell’antitrust, ad esempio prevedendo la possibilità che possa sospendere
Il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, riflette l’idea del Governo di promuovere un nuovo intervento sulle liberalizzazioni con cadenza annuale, impegno sul quale sembra concordare anche il Parlamento. Le principali disposizioni del decreto fanno riferimento all’abolizione del costo fisso di ricarica per la telefonia mobile, che era imposto in Italia (caso unico) da tutti gli operatori e che si configurava come un onere improprio per i consumatori, quale tassa di ingresso per usufruire di un servizio già pagato. Bisogna però sottolineare che non è stato un intervento sui prezzi, ma un intervento sulla trasparenza degli stessi. Si è intervenuti, inoltre, con disposizioni di trasparenza sui prezzi dei carburanti, delle tariffe aeree, della data di scadenza dei prodotti alimentari, etc.
Si sono, inoltre, affrontate le tematiche della disciplina del bonus malus e del recesso nei contratti assicurativi (in caso di sinistro l’impresa di assicurazione non potrà più variare in senso sfavorevole all’automobilista la classe di merito fino a quando non sarà accertata l’effettiva responsabilità e nei casi in cui questo non sia possibile, si prevede il computo pro quota in relazione del numero dei conducenti coinvolti nel sinistro ai fini della eventuale variazione di classe), della cancellazione dell’ipoteca (dopo aver pagato interamente il mutuo bancario, il cittadino-consumatore non dovrà più affrontare ulteriori spese per avere la piena disponibilità del proprio immobile: la cancellazione dell’ipoteca, infatti, avverrà in 30 giorni dall’estinzione del mutuo e senza bisogno dell’autentica notarile, essendo sufficiente una comunicazione dell’istituto di credito alla Conservatoria) e delle clausole penali per l’estinzione anticipata dei mutui (si introduce la possibilità, per gli acquirenti della prima casa, di richiedere l’estinzione anticipata o parziale del mutuo contratto con la banca senza pagare la penale e si consente al mutuatario di stipulare un nuovo contratto di finanziamento con un’altra banca mediante il “trasferimento” del mutuo originario, senza perdere i relativi benefici fiscali e anche con semplice scrittura privata).
In materia di liberalizzazione di imprese e mestieri, il decreto legge prevede, inoltre, la liberalizzazione e semplificazione di varie attività economiche: come quelle di acconciatore ed estetista, di pulizia e disinfezione, di guida turistica e di autoscuola, per le quali vengono aboliti i contingenti numerici e le distanze minime, ed inoltre alcuni interventi di liberalizzazione nel settore del gas (anticipando la borsa del gas).
Per quanto attiene le semplificazioni, nel decreto è presente una norma (art. 9) che unifica tutte le comunicazioni dovute per l’inizio di attività di impresa previsti: per l’iscrizione al registro delle imprese, ai fini previdenziali, assistenziali, fiscali e per l’ottenimento del codice fiscale e della partita IVA. La comunicazione unica potrà essere presentata all’ufficio del registro delle imprese anche in via telematica. Il registro delle imprese rilascerà contestualmente una ricevuta, che costituisce titolo idoneo per l’immediato avvio dell’attività.
Nei provvedimenti attualmente in itinere sono presenti ulteriori misure per la liberalizzazione delle iniziative economiche, la difesa del consumatore e la semplificazione degli adempimenti amministrativi per le imprese (AC 2272-bis e pdl AS 1532), oltre che per gli specifici settori dell’energia (AS 691), della cosiddetta azione risarcitoria collettiva (“class action”- AC 1495), libere professioni e servizi pubblici locali.
In essi sono contenute, ad esempio, misure finalizzate a rimuovere vincoli per l’esercizio di ulteriori attività economiche, come l’eliminazione di ostacoli alla distribuzione di carburante e l’abolizione di contingenti numerici e autorizzazioni preventive per le attività di: agente di mediazione, agente immobiliare, agente d’affari, agente di commercio, mediatore marittimo e spedizionieri, e ad eliminare condizioni vessatorie per i consumatori e i piccoli imprenditori, come l’abrogazione della commissione di massimo scoperto. Con un emendamento parlamentare è stata, inoltre, introdotta la previsione di una “legge annuale di liberalizzazione”.
Un cenno meritano, infine, le ulteriori misure per la semplificazione delle attività di impresa “convogliate” nel pdl Capezzone, in cui si prevede che per l’immediato avvio della realizzazione o modifica di impianti produttivi sia sufficiente presentare una “dichiarazione unica” dell’imprenditore circa la sussistenza dei requisiti di legge, corredata degli elaborati progettuali e da una dichiarazione di conformità del progetto, resa dal progettista (per i profili edilizi ed urbanistici, igienico sanitari e di sicurezza) ovvero da un ente tecnico accreditato.

In conclusione il Ministro ha sottolineato che va rigettato completamente l’argomento secondo cui gli interventi sono minimali e non toccano i “veri” interessi. Questo rilievo, del resto, è stato avanzato solo dalla stampa italiana, mentre all’estero e, in particolare, nel mondo anglosassone, si è guardato con molto interesse alle varie fasi della riforma, poiché, ameno nelle intenzioni dei proponenti, essa è diretta ad incidere nel tessuto vivo del settore produttivo del Paese.

Alla relazione del Ministro Bersani sono succeduti alcuni interventi di studiosi che si sono soffermati su aspetti particolari del fenomeno delle liberalizzazioni.

Il prof. Sandro AMOROSINO ha affrontato la questione delle liberalizzazioni in relazione al settore dei trasporti.
Partendo dall’assunto secondo il quale la privatizzazione non sempre implica la liberalizzazione, come nel caso di Autostrade s.p.a (alla cui vendita a privati ha fatto seguito una proroga di quaranta anni della concessione), il relatore ha sottolineato il ruolo dei pubblici poteri nel promuovere la costruzione di un sistema concorrenziale. Sarebbe, poi, particolarmente complessa la liberalizzazione di mercati come quello delle infrastrutture a rete, tipico esempio di monopolio naturale, e dei nodi di collegamento, quali porti e aeroporti.
La liberalizzazione dell’uso della rete ferroviaria italiana, ad esempio, avvenuta formalmente nel 2001 in ossequio alla teoria delle essential facilities, attende ancora una piena attuazione. Trattandosi di una rete non duplicabile, è necessariamente limitato il numero di operatori che vi possono accedere. L’autorità pubblica deve vigilare affinché le concessionarie ottemperino alle clausole del contratto, realizzando le operazioni di finanza di progetto che spetta loro adempiere. Spesso, gli investimenti effettuati sono inferiori a quelli attesi, tuttavia, a causa di problemi di asimmetria informativa, è difficile imputare questo deludente risultato alla responsabilità della società concessionaria o di terzi.

Il prof. Francesco CAPRIGLIONE ha posto in evidenza gli effetti positivi dell’intervento promosso dal Governo sul rapporto tra intermediari finanziari e clienti, nonchè le aree di miglioramento. Come auspicato da tempo da parte della dottrina, si è cercato di emancipare il consumatore dalla condizione di marginalità che lo caratterizzava nelle transazioni con le banche, rimuovendo le costrizioni alle quali era sottoposto nei contratti bancari e riducendo le asimmetrie informative. È accolto con favore il provvedimento che consente la trasferibilità del mutuo ad un istituto di credito diverso da quello presso il quale è stato acceso, e l’eliminazione dell’obbligo di pagamento della penale per l’anticipata estinzione del mutuo.
Per quanto riguarda le materie sulle quali si invita il Governo ad adottare dei provvedimenti, si segnalano l’esigenza di ridimensionare i poteri attribuiti alla Banca d’Italia e, segnatamente, al Governatore, la modifica dell’art. 31 del Testo Unico della Finanza (dlgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modifiche) al fine di svincolare, come già accaduto per gli agenti assicurativi, anche i promotori finanziari dai contratti monomandatari e, infine, il riposizionamento egualitario delle banche di credito cooperativo rispetto agli altri intermediari finanziari, svicolandole dall’attuale situazione di mutualità prevalente.

Il prof. Enzo CARDI ha identificato due fasi nell’attività di regolamentazione dei mercati italiani, entrambe piuttosto recenti.
La prima fase, che ha avuto inizio nel 1990, con le legge n. 287 istitutiva anche dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha prodotto una rivoluzione nel sistema istituzionale italiano, attraverso l’apertura alla concorrenza di mercati prima dominati dall’intervento pubblico, come quello dell’energia, anche se si tratta di un processo ancora in divenire. La seconda fase, ispirata al bisogno di tutelare in modo più efficace i consumatori, ha preso le mosse dal decreto legge n. 223 del 2006. Oggetto di intervento è il rapporto interprivato tra imprese e destinatari della prestazione, tradizionalmente disciplinato dal codice civile, a cui oggi il legislatore ha sostituito norme imperative per regolamentare dei mercati già esistenti.
Il diritto italiano della concorrenza, dopo gli ultimi interventi legislativi, appare orientato alla preminente tutela dei diritti del consumatore, come è nel diritto antitrust statunitense.

Il prof. Cesare PINELLI ha descritto la struttura dell’economia italiana come chiusa ed autoreferenziale, articolata per corporazioni e monopoli.
Questa connotazione del sistema economico ha influenzato anche l’interpretazione della Costituzione italiana, al meno sino al 1990, mettendo in risalto solo la dicotomia Stato-individuo e non anche quella Stato-mercato, valorizzata già dai Trattati comunitari. Gli ultimi interventi normativi, al contrario, proprio in quanto diretti ad abolire privilegi, a fendere la superficie di corpi compatti come gli ordini professionali e a rimuovere ostacoli amministrativi all’esercizio dell’iniziativa economica privata, favoriscono l’affermazione di un “pluralismo aperto”, riconosciuto dagli artt. 2 e 3 della Costituzione.
Il ripensamento dell’ampiezza e delle modalità dell’intervento pubblico in economia hanno condotto all’istituzione delle Autorità indipendenti nazionali. Il raccordo tra queste e l’autorità comunitaria in materia, la Commissione, è oggi improntato ad un’ampia delega di competenze a vantaggio degli organi nazionali, salvo che per il settore delle telecomunicazioni, per il quale sussiste, tuttora, un certo accentramento, considerata l’ esigenza di pervenire alla creazione di un mercato europeo.

Il prof. Alberto PETRUCCI, in apertura del suo intervento, ha precisato che “liberalizzare” significa aumentare il grado di competitività di un sistema economico per conseguire tre obiettivi:
– garantire la sovranità del consumatore;
– impiegare in modo parsimonioso ed efficiente le risorse;
– sospingere il potenziale del sistema verso la frontiera delle conoscenze e delle tecnologie.
Il relatore ha, inoltre, suggerito di procedere alla riforma nel campo delle liberalizzazioni in modo repentino e sincronico rispetto ai cambiamenti in atto nel mercato del lavoro, poiché l’approccio gradualista non sarebbe premiante.
Con riferimento alla disciplina del mercato del lavoro, la legge n. 30 del 2003 ha reso flessibile la durata del rapporto del lavoro ma non ha fornito un contributo risolutivo ad un problema fondamentale: l’assenza di diversificazione dei livelli salariali sia nel settore privato che in quello pubblico. La perequazione salariale operata a livello di contrattazione centralizzata non consente di premiare il rendimento e il talento del lavoratore.

Il Prof. Guido RIVOSECCHI ha analizzato i riflessi del processo di riforma sui rapporti tra Stato e Regioni, dando rilievo al ruolo svolto dalla giurisprudenza costituzionale, che ha stabilito i presupposti per l’intervento del legislatore e ha esortato a procedere con gradualità sulla strada delle liberalizzazioni.
La Corte Costituzionale, in particolare, ha definito la concorrenza come “materia trasversale” e ha argomentato l’attrazione della relativa competenza legislativa in capo allo Stato, in ragione di un’ormai consolidata giurisprudenza. L’art. 118 Cost. consente l’allocazione delle funzioni amministrative ad un livello di governo diverso da quello comunale, quando ne sia necessario l’esercizio unitario, in virtù dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Qualora l’ente ritenuto idoneo sia lo Stato, il principio di legalità implicherebbe “un’attitudine ascensionale” della corrispondente competenza legislativa, sempre che ricorrano delle condizioni: un’intesa tra Stato e Regioni sul punto e la ragionevolezza e la proporzionalità dell’interesse pubblico sottoteso. Sennonchè, la legislazione regionale in materia di commercio ha, in qualche caso, svilito se non contraddetto i principi posti dal legislatore statale, reintroducendo licenze e autorizzazioni.

Alle osservazioni formulate ha dato riscontro il Cons. Raffaello SESTINI, Capo ufficio legislativo del Ministro Bersani, che ha nel corso dei lavori sostituito quest’ultimo. Il Cons. Sestini, dopo aver assicurato che gli spunti emersi saranno comunque illustrati al Ministro, ha ricordato in particolare come, con riferimento all’intervento del prof. Amorosino, la liberalizzazione del settore ferroviario sia stata realizzata nel 2001 dall’allora Ministro dei trasporti Bersani con un provvedimento d’urgenza, scritto in tempi rapidissimi, per evitare le prevedibili opposizioni; che, con riferimento all’intervento del prof. Cardi, nella concezione dei recenti interventi il principio della tutela del consumatore coincide con quello della tutela della concorrenza; che, con riferimento all’intervento del prof. Pinelli, si concorda sulla necessità di aprire alcuni segmenti di mercato e favorire l’accesso all’esercizio delle professioni intellettuali e, con riferimento all’intervento del prof. Rivosecchi, che effettivamente la giurisprudenza costituzionale degli ultimi anni, con la valorizzazione del principio di sussidiarietà e della “clausola trasversale” della “tutela della concorrenza”, ha costituito il presupposto degli interventi statali di recente realizzati.
Dopo l’intervento del cons. Sestini, il prof. Giuseppe DI GASPARE ha tirato le conclusioni, riflettendo, su alcuni punti delle riforme proposte suscettibili di ulteriore applicazione ade esempio la semplificazione della tenuta dei registri pubblici a partire dal Pubblico Registro Automobilistico potrebbe essere estesa ad esempio alla Camere di Commercio. Tutte le imprese, infatti, sono soggette ad una tassa annuale di registrazione, triplicata dal precedente ministro dell’industria, e piuttosto elevata per fasce di fatturato assolutamente arbitrarie ( da o a 516mila euro) sempre lo stesso importo di circa 400 euro anno. Sarebbe anche l’occasione per riflettere sul come vengano impiegate queste ingenti risorse e sulla utilità delle Camere di Commercio che sembra aver accresciuto attualmente, un orientamento autoreferenziale. Vi sono altre forme di oneri, oltre le registrazioni, che pesano sulle imprese si pensi solo al fatto che a seguito della riforma del diritto societario del 2003, le società di capitale anche minimamente capitalizzate sono obbligate a sottoporre le proprie scritture ad un collegio di cinque revisori contabili iscritti all’ apposito albo e a farsi carico del conseguente costo che grava sulle società a prescindere dall’andamento economico della società stessa.
Non basta quindi facilitare la nascita delle imprese con sportelli unici, ma è necessario consentire loro di continuare a vivere dopo il primo vagito, sgravandole da oneri impropri imposto a vantaggio di istituzioni “poco facenti” e di categorie di controllori privati i cui costi si aggiungono a quelli già sopportati per le attività della pubblica amministrazione .
Il relatore ha successivamente suggerito che il modello adottato per la autocertificazione per la realizzazione di impianti industriali possa essere esteso alla attività edilizia in sostituzione della licenza. In genere e suscettivo di ulteriori applicazioni è il principio della copertura assicurativa per i soggetti esterni alla amministrazione che assumono l’onere, dietro corrispettivo, di certificare l’opera o di realizzarla. In questo ordine di idee per la nuova disciplina della TAV, il rischio dell’investimento in grandi opere infrastrutturali dovrebbe essere spostato dallo Stato al soggetto che realizza l’opera, il quale a sua volta stipulerebbe, per tutelarsi contro i rischi, una polizza assicurativa. Questo meccanismo dovrebbe essere utilizzato anche nelle gare d’appalto a garanzia della effettiva realizzazione dell’opera, di modo che le imprese inefficienti e inaffidabili finirebbero per essere messe fuori mercato non trovando compagnie di assicurazioni disposte a sottoscrivere a loro favore polizze di questo tipo.
Infine,va saluta positivamente anche la proposta di introduzione di una disciplina delle azioni collettive che però dovrebbe essere migliorata secondo il modello americano della class action, senza monopoli di rappresentanza processuale attributi ad associazioni di consumatori, al fine di lasciare ai diretti interessati misure di auto tutela in modo da ridurre la attuale necessità del legislatore dall’intervenire in maniera così sistematica e puntuale nel mercato per a tutela degli interessi dei consumatori.

Cristina Fasone