Ancora un intervento della Corte sui vincoli statali alle spese di Regioni ed Enti locali

17.05.2007

Corte costituzionale, 17 maggio 2007 n. 169

Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dalle Regioni Toscana, Veneto, Valle D’Aosta, Sicilia, Piemonte, Campania, Trentino Alto-Adige, Liguria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia e dalle Province autonome di Trento e Bolzano avverso lo Stato

Norme impugnate e parametri di riferimento:
Le ricorrenti hanno impugnato i commi da 198 a 206 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), nella misura in cui, in particolare:
– pongono, per il triennio 2006-2008, a carico delle amministrazioni regionali e degli Enti locali, un limite alla spesa per il personale in misura pari a quella dell’anno 2004, ridotta dell’uno per cento (comma 198);
– stabiliscono che gli Enti locali possono altresì concorrere al conseguimento degli obiettivi di riduzione delle spese per il personale attraverso interventi diretti alla riduzione dei costi di funzionamento degli organi istituzionali (comma 201);
– stabiliscono che al finanziamento degli oneri contrattuali del biennio 2004-2005 concorrono le economie di spesa di personale riferibili all’anno 2005 (comma 202).
Secondo le ricorrenti, le disposizioni impugnate non costituirebbero principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, finendo conseguentemente per ledere l’autonomia finanziaria di Regioni ed Enti locali

Argomentazioni della Corte:
In riferimento alle censure di cui al comma 198, la Corte osserva come il legislatore statale, con una disciplina di principio, possa legittimamente imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, vincoli alle politiche di bilancio, purché essi riguardino l’entità del disavanzo di parte corrente oppure la crescita della spesa corrente degli enti autonomi. Nello specifico, è necessario che tali vincoli rispettino i seguenti requisiti: che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi anche nel senso di un transitorio contenimento complessivo, sebbene non generale, della spesa corrente; che non prevedano strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi. La disposizione censurata risponde a tali requisiti.
In riferimento alle censure di cui al comma 201, la Corte osserva come la norma impugnata, limitandosi ad attribuire una mera facoltà ai suoi destinatari, sia priva di attitudine lesiva delle competenze delle Regioni.
In relazione alle censure di cui al comma 202, infine, la Corte osserva come tale disposizione imponga una puntuale modalità di utilizzo di risorse proprie delle Regioni, risolvendosi così in una specifica prescrizione di destinazione di dette risorse.

Decisione della Corte:
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 202 della legge n. 266 del 2005. Tutte le altre censure sollevate dalle ricorrenti sono giudicate non fondate.

Giurisprudenza richiamata:
– Sulla possibilità per la legislazione statale di fissare, in relazione alla spesa corrente degli enti autonomi, solo un limite complessivo, che lasci agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa: Corte costituzionale, sentt. n. 88 del 2006, nn. 419 e 417 del 2005, n. 36 del 2004;
– Sul rilievo della qualificazione legislativa, che non vale ad attribuire alle norme una natura diversa da quella ad esse propria, quale risulta dalla loro oggettiva sostanza: Corte costituzionale, snett. nn. 447 e 482 del 1995;
– Sull’applicabilità dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica anche alle Regioni a statuto speciale: Corte costituzionale, sent. n. 82 del 2007, n. 417 del 2005, nn. 353 e 345 del 2004, n. 416 del 1995.

a cura di Elena Griglio