(scritta nel novembre 94, quando dopo l’uscita dal Sistema Monetario Europeo, sembrava che si stesse mancando l’aggancio alla moneta unica, ancora attuale contro il ricorrente nostalgico miraggio per le politiche monetarie inflazionistiche)
Il Re di Bengodi, quando Bengodi era il quinto regno della Terra, fece un patto con i re suoi vicini: le loro figlie, che rispondevano tutte al nome di Moneta, avrebbero potuto circolare tra i rispettivi regni con parità di riguardi. Dissero, però, i re vicini al Re di Bengodi: tu hai due gemelle, Monetabuona e Monetacattiva, noi non vogliamo che le nostre prendano cattive abitudini frequentando quest’ ultima, ma non potendo distinguerla, ti diamo cinque anni di tempo per metterla al bando, nel frattempo la tratteremo come se fosse buona, ma bada che, se allo scadere non avrai onorato il patto, tratteremo anche Monetabuona come se fosse cattiva.
Il re promise, ma in cuor suo non aveva alcuna intenzione di mantenere la promessa: non pensava che Monetacattiva fosse in realtà tale. Era infatti, grazie a lei, così abile a scambiarsi per la gemella, che aveva impinguato le sue casse e quelle dei suoi fedeli, attingendo al tesoro del regno, senza che nessuno vi prestasse attenzione. Abituato poi al linguaggio leggero di Bengodi ed alla assenza di memoria che caratterizzava i regnicoli, anche le menti più sapienti, non aveva dato troppo peso alla minaccia.
Monetacattiva, perciò continuava a farla da padrona a Palazzo, ove trovava protezione e alimento, a differenza della gemella la cui virtù era derisa tra i cortigiani. Nonostante ciò non era soddisfatta, essendo sua inesauribile ambizione di apparire virtuosa come Monetabuona e di essere scambiata per quella, la seguiva dapertutto anche fuori dal regno, ove questa amareggiata cercava di rifugiarsi, cacciandola via e mettendosi al suo posto, finchè gli altri re, stufi dell’andazzo, attuarono la loro minaccia revocando la parità di trattamento.
Il re, poichè Bengodi rumoreggiava contro i cattivi costumi introdotti a corte da Monetacattiva e per i guasti al tesoro del regno sempre più evidenti, benchè conoscesse gli scoppi umorali senza conseguenze dei suoi sudditi, messo al sicuro il frutto di tanti anni di duro lavoro, ritenne più prudente andar via da Bengodi.
Il vecchio Governatore, rimasto solo a Palazzo, era uno dei pochi che distingueva le gemelle poichè le aveva viste nascere. Era inoltre troppo anziano per cedere alle lusinghe di Monetacattiva, iniziò così a ridurle gli alimenti e l’avrebbe probabilmente bandita , se anch ’egli non fosse stato costretto a traslocare dal nuovo Principe.
Il nuovo principe, dunque, aveva solennemente promesso di liberarsi di Monetacattiva rapidamente, senza i troppi riguardi del vecchio Governatore, rendendo finalmente il giusto riconoscimento alla virtù di Monetabuona.
Cosa sia successo, poi, nessuno lo sa veramente, perchè la storia si svolse all’interno del Palazzo al riparo da sguardi indiscreti. Sta di fatto che i sudditi, che si erano raccolti nella piazza antistante per assistere alla cacciata di Monetacattiva, distratti dai fuochi pirotecnici e dalle piroette di saltibanchi, voltagabbana e saltafosso, tornarono, dimentichi,alle loro consuete occupazioni.
Il nuovo principe cambiò. Cominciò ad accusare di slealtà chi gli rimproveravano di non mantenere le promesse. Se la prendeva poi con i vicini: il grande e potente Cancelliere del Regno di Mezzo perchè non lo voleva nel ristretto consesso dei più virtuosi sovrani, la Perfida Albione, la strega, che ogni tanto emergeva dalle brume dell’isola del nord per diffondere i suoi nefasti auspici sulla solare e invidiata Bengodi.
Ma anche Monetacattiva aveva la sua magia: sapeva fermare il tempo. Così come lo aveva fermato nel Palazzo, lo avrebbe fermato ora, con l’aiuto del principe, in tutto il regno, svelando il suo dolce potere segreto: Inflazione. L’incantesimo avrebbe lasciato ogni cosa apparentemente al suo posto, nessun faticoso mutamento, nessuna dolorosa rinuncia. E’ vero che la magia non aveva il potere di impedire che tutti diventassero realmente più poveri – ahimè, questa era la virtù di Monetabuona ! – ma, in questo mondo immoto, grazie anche alla loro assenza di memoria, gli abitanti di Bengodi avrebbero conservato un benessere illusorio, quantomeno per loro, se non per i loro figli. Una lenta decadenza piuttosto che la faticosa ed erta risalita che la virtuosa Monetabuona indicava.
I Bengodiani le credettero e vissero ancora per un pò felici e contenti.