Il diritto delle pubbliche amministrazioni nel sistema costituzionale – Resoconto convegno

22.11.2006

Roma, 15 novembre 2006

Lunedì 15 novembre 2006 l’Accademia dei Lincei ha ospitato, nella sua sede di Via della Lungara in Roma, l’incontro intitolato “Il diritto delle pubbliche amministrazioni nel sistema costituzionale” ed organizzato dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, in occasione della presentazione dell’opera collettanea “Il diritto amministrativo dopo le riforme costituzionali” curato da Guido Corso (professore di diritto amministrativo presso l’Università Roma 3) e Vincenzo Lopilato (magistrato addetto alla Corte costituzionale), edito da Giuffré.

I saluti introduttivi
Ha aperto l’incontro il Prof. Giovanni Conso, presidente dell’Accademia nazionale dei Lincei, il quale, dopo aver porto i saluti a nome di tutta l’Accademia, ha ricordato le profonde sinergie che la legano alla Scuola superiore della pubblica amministrazione, nonché il proficuo incremento delle attività di quest’ultima negli ultimi anni.
E’ seguito poi il saluto di Angelo Maria Petroni, direttore della Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA), che ha sottolineato la buona metodica dell’opera presentata, ed i fini istituzionali cui è dedicata, che comprendono anche la formazione della stessa classe dirigente, sottoposta continuamente ad innovazioni normative che non sempre è pronta a recepire.
Da ultimo, ha porto il proprio saluto Alfonso Quaranta, giudice della Corte costituzionale, per il quale si evince come il nuovo articolo 117 sia il perno attorno al quale ruotano tutti i contributi dell’opera.

Le relazioni

L’art. 117 Cost. nella nuova formulazione, e l’opera di supplenza della Corte costituzionale.
Alcuni relatori hanno puntato la loro attenzione, nel commentare l’opera curata da Corso e Lopilato, sulle lacune legislative che persistono nell’attuazione dell’art. 117, così come riformulato dalla legge cost. 3/2001. Il Prof. Renato Balduzzi, docente di diritto costituzionale all’Università di Genova, ha sottolineato come l’opera presentata abbia scelto di “prendere sul serio” la nuova ripartizione di competenze Stato-Regioni (della stessa opinione è anche il Prof. Domenico Sorace, titolare della cattedra di diritto amministrativo presso l’Università degli studi di Firenze). Tuttavia, conseguenza ne è che la Corte costituzionale ha dovuto svolgere congrua opera di supplenza, ragionando e riempiendo di contenuti la nuova competenza concorrente, le competenze trasversali con ricadute procedurali, il potere estero regionale, i principi di cooperazione e sussidiarietà. Per la Prof.ssa Marta Cartabia, docente di istituzioni di diritto pubblico presso l’Università di Milano-Bicocca, la Corte costituzionale è stata trasformata nel centro dirimente dei conflitti intersoggettivi a causa dell’inerzia legislativa regionale (così, per la perdurante mancanza di legislazione regionale è stato letto nella direzione opposta rispetto alle intenzioni del legislatore costituzionale il principio di sussidiarietà) ed alla continua emanazione di norme statali anche in materie ormai trasferite alle regioni. Situazione tanto più paradossale quanto ad essere figlia della riforma costituzionale non è stata la riforma amministrativa, ma è stata viceversa la seconda, con le riforme Bassanini del 1997, ad aver rappresentato l’antecedente della legge costituzionale 3/2001 (e quindi le regioni sarebbero dovute essere, in teoria, già preparate). E’ quindi sbiadita la lettera della costituzione, ed il vero significato della riforma è stato lasciato alla definizione da parte della Corte: ad esempio, la parte del comma 1 dell’art. 117 in tema di obblighi internazionali non è stata mai attuata dalla Corte, che sembra aver rifiutato tale, nuovo monismo (mentre la Corte di cassazione si è dimostrata più aperta).
In un contesto in cui, tuttavia, le innovazioni costituzionali stanno lentamente vincendo la tradizionale forza conservatrice del diritto amministrativo (ed il Prof. Balduzzi ricordava come non fosse più attuale la famosa frase di Otto Mayer Verfassungsrecht vergeht, Verwaltungsrecht besteht); la Prof.ssa Cartabia ritiene auspicabile, per sgravare la Corte dal ruolo di creatrice del diritto che questa riforma le ha di fatto affidato, introdurre anche in Italia sistemi di attribuzione delle competenze flessibili quali la preemption, che scattino nel momento in cui le regioni si appropriano realmente delle loro materie.

La legge 241/1990 sul procedimento e la sua qualificazione alla luce della riforma costituzionale
Il Prof. Domenico Sorace ha privilegiato l’approfondimento del tema della copertura costituzionale della legge 241 sul procedimento amministrativo, assurto all’attenzione della dottrina in quanto, dalla letteralità delle disposizioni costituzionali, la l. 241/1990 sembra rimasta scoperta di espressa guarentigia a favore dello Stato. Da qui le varie ipotesi ricostruttive, tese ad ascrivere la legge sul procedimento alle competenze statali ex art. 117 comma 2. Se il Prof. Balduzzi sembrava propendere per farla rientrare alla lettera m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, il Prof. Sorace prediligeva invece la lett. l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa, perché attributiva di diritti civili.

I diritti soggettivi e la giurisdizione amministrativa
Claudio Varrone, presidente di sezione del Consiglio di Stato, ha analizzato le problematiche relative alla giurisdizione. Dall’esame dell’opera di Corso e Lopilato, infatti, si evince come la maggioranza degli argomenti trattati si caratterizzi per il fatto che le attività private svolgono compiti di utilità sociale: e ciò a partire dagli anni Venti. E’ proprio questa la base del profondo mutamento del diritto pubblico che, in alcuni aspetti, doppia il diritto privato. Se, infatti, la disciplina civilistica rileva nel momento di acquisizione, dismissione e circolazione del diritto (che sono diritti soggettivi in senso stretto), l’espansione o la restrizione del contenuto del diritto è una posizione soggettiva che ha bisogno della PA, che la coniuga con un interesse pubblico. Proprio per questo motivo il relatore si mostra contrario a far rientrare la legge sul provvedimento sotto la qualifica di “ordinamento civile” di cui alla lett. l) del 117: in questo modo i diritti soggettivi sarebbero conoscibili tutti dal giudice ordinario, mentre il giudice amministrativo ne perderebbe completamente la giurisdizione (che ora, invece, ha perché ne decide del contenuto).

L’evoluzione del controllo della Corte dei conti
Ultimo relatore della giornata è stato Francesco Staderini, presidente della Corte dei conti, che ha illustrato i mutamenti cui, nel generale quadro di riforma della PA, anche la Corte dei conti è stata sottoposta. Globalizzazione da una parte, informatizzazione dall’altra, hanno costretto la pubblica amministrazione a rendersi più efficiente ed aperta agli investimenti. Ma l’attività della Corte dei conti si è incrementata anche dal lato delle attività consultive (come ausilio dell’attività parlamentare sul pubblico impiego): il suo prestigio è stato riconosciuto anche dal Fondo Monetario Internazionale. Con l’introduzione del Titolo V, però, vi è chi ha avanzato l’idea di istituire Corti dei conti regionali (come in altri paesi europei); secondo Staderini, il carattere solidaristico del nostro testo costituzionale (cfr. art. 119) impone che il controllo della Corte non sia territorialmente vincolato, e che soprattutto sia neutrale (vista anche la presenza di un fondo perequativo a favore delle regioni svantaggiate): inoltre, il pluralismo negli organi di controllo non ha mai dato buoni risultati. Un apprezzabile compromesso è stata quindi l’istituzione delle sezioni regionali della Corte (ulteriormente potenziate dall’ultima proposta di legge governativa per la legge finanziaria 2007).

Giorgio Giuliano