Erminio Ferrari, Pier Luigi Portaluri, Ernesto Sticchi Damiani (a cura di), Poteri Regionali ed Urbanistica Comunale, Atti del VII Convegno Nazionale dell’A.I.D.U. (Lecce, 19-20 novembre 2004). Milano Giuffré, 2005
Il volume raccoglie gli interventi e i contributi resi nel corso del VII Convegno annuale dell’Associazione Italiana di diritto urbanistico sul tema del rapporto fra Regione e Comune nella gestione dell’urbanistica.
Come chiaramente evidenziato nell’introduzione di E. Ferrari al volume, il Convegno si poneva come obiettivo quello di evidenziare i caratteri delle “invenzioni e sperimentazioni più o meno felici”, nonché delle “proposte e soluzioni nuove” che, “negli ultimi anni” – mentre l’attenzione dei più era puntata sul legislatore nazionale in attesa di una riforma della normativa sul governo del territorio che, nei fatti, non ha prodotto alcun esito – “sono venute dalle Regioni”.
Il volume rispecchia perciò le difficoltà insite nel considerare realtà normative fra loro spesso molto diverse e contribuisce a confermare come non esista più solo un unico “sistema normativo” urbanistico ma tanti sistemi urbanistici quanto quelli adottati nelle diverse Regioni italiane.
Ciò, fra l’altro, attesta la grande energia creativa delle autonomie regionali in materia urbanistica rispetto ai risultati mediocri dell’esperienza autonomistica in altri campi (per es. per gli statuti): il che probabilmente si spiega tenendo presente come – più di altre materie – l’urbanistica sia espressione diretta dei poteri locali ossia “del peso delle forze in campo”.
Idealmente, il volume può suddividersi in due parti: una prima parte che apre uno scorcio sulle esperienze normative maturate in alcuni Stati europei (e segnatamente la Francia della quale si analizza l’assetto normativo tradizionalmente fortemente centralistico dell’île – de – France; l’esperienza spagnola dell’Andalusia che – parallelamente all’esperienza italiana – esprime un forte potenziamento delle autonomie locali; ed infine, l’esperienza tedesca dei Länder che offre uno spunto di riflessione su un modello di pianificazione territoriale che coniuga efficacemente l’autonomia locale con le esigenze del rafforzamento delle strategie di sviluppo economico – sociali e la tutela del territorio); una seconda parte – più corposa – che considera l’assetto normativo urbanistico per Regioni o gruppi di Regioni italiane.
La prima parte, che ha il pregio di aprire lo sguardo verso la complessità dei modelli europei – utile anche per non assolutizzare i modelli normativi, per quanto originali, elaborati dalle nostre Regioni – non ha, tuttavia, alcuna pretesa di avviare un’indagine comparatistica che, naturalmente, presupporrebbe un lavoro più articolato ed andrebbe estesa, per lo meno, alla considerazione della situazione di altri grandi Stati europei.
La seconda parte, di più ampia trattazione, fa il punto – in qualche caso, per singole Regioni; nella maggior parte dei casi, per gruppi di Regioni geograficamente contigue – sulla produzione normativa regionale in materia urbanistica.
Sotto tale delineato profilo, occorre ricordare come – almeno nelle premesse iniziali – l’intento del Convegno da cui il volume origina non fosse quello di narrare le esperienze più innovative in ambito regionale e nemmeno quella di evidenziare paralleli e confronti fra le diverse esperienze regionali, ma unicamente quello di esporre i caratteri delle normative urbanistiche regionali ponendo quale “centro di gravità” dell’indagine “il rapporto fra Regione e Comune nella gestione dell’urbanistica”.
Dal punto di vista dell’indagine, emerge sia una rappresentazione dello “stato dell’arte” del corpus normativo regionale in materia urbanistica che – più in genere – una quadro, talvolta, molto preciso della prassi e in qualche caso (come dell’affresco della relazione di Immordino sull’Urbanistica in Sicilia) della sociologia sottesa a talune scelte regionali.
Dalla lettura del testo, inoltre, è rilevabile con chiarezza la magmaticità della materia che scaturisce dai vari sistemi regionali.
Così, si passa ad analizzare lo schema – alquanto aderente alla Legge Urbanistica Nazionale – del sistema normativo del Trentino, affiancandolo a quello, fortemente accentratore, della provincia di Bolzano; si considerano le prepotenti spinte localistiche della Regione Campania che, in alcuni casi emblematici, hanno impedito qualsivoglia seria programmazione territoriale di area vasta; si stigmatizzano le incertezze applicative – non prive di stravaganze anche terminologiche – della Legge Regionale del Lazio (che, per di più, a causa del regime transitorio e del “felice ritardo” di talune Province, è rimasta del tutto inoperante nei confronti degli strumenti urbanistici generali e attuativi); ci si sofferma sui caratteri fortemente sperimentali della nuova Legge Urbanistica Lombarda che attribuisce agli Enti locali – e segnatamente al Comune – la diretta responsabilità e flessibilità di scelte in materia urbanistica; ci si addentra nel sofisticato e ancora poco rodato apparato normativo della Calabria che se valorizza, al massimo livello, i moduli di partecipazione di ciascun ente di governo in sede di predisposizione di politiche del territorio condivise e multilevel non è immune da rischi di “sovrapposizioni e interferenze” che potrebbero allungare di molto i tempi di attuazione (per cui cfr. “in una Regione in cui le grandi città fanno ancora i conti con le domande di sanatoria edilizia degli anni Ottanta, sarebbe stato preferibile approvare una legge efficace rispetto ad un’ottima legge di difficile attuazione”); si fa il punto sull’efficacia dell’esperienza regionale Toscana che, a distanza di poco più di dieci anni dalla sperimentazione del c.d. modello INU (per cui cfr. L. Urb. Toscana n. 5/1995) – che aveva dato, in genere, “ottima prova di sé” – si accinge, con una nuova legge urbanistica, a continuare il percorso intrapreso cercando di risolvere alcuni nodi problematici quali la nitidezza di confini fra i livelli di governo del territorio e, in particolare, la coerenza fra i piani comunali e i piani territoriali di coordinamento.
In definitiva, come evidenziato nella relazione di sintesi dal prof. Stella Richter, si evince con chiarezza come diversi siano i casi e diverse le priorità a seconda dei diversi sistemi urbanistici regionali considerati.
Così si distingue, via via, fra Regioni in cui “il fallimento della normativa esistente e la conseguente situazione lacrimevole del territorio è sotto gli occhi di tutti” (come nel caso della Sicilia) e Regioni con già efficaci assetti normativi, sottoposti a vivaci attività di affinamento.
Da tale “frastagliato” quadro di sintesi, emergono almeno due temi di interesse pratico: “l’abusivismo e l’inadeguatezza” di moltissimi Comuni. Quanto alla repressione delle trasformazioni abusive “l’unico rimedio è, se non proprio di sottrarla interamente al Comune, almeno di sottrarre allo stesso la fase dell’esecuzione degli ordini di demolizione”; quanto all’adeguatezza dei Comuni “non rimane che spostare il momento decisionale al livello più ampio e questo (…) non può che essere l’Ente provinciale.
Sotto un profilo di ordine generale – come rilevato nella relazione di sintesi – dalla declinazione dello stato dell’arte degli assetti urbanistici regionali, si trae una lezione: perché svolga pienamente ed efficacemente il suo compito, l’urbanistica “non può pretendere di risolvere i problemi della mediocrità della classe politica, della lotta alla criminalità e delle disuguaglianze socio-economiche della popolazione”, dovendo l’urbanistica “porsi l’obiettivo di determinare l’ottimale utilizzo del territorio e di approntare quindi strumenti a ciò idonei, e non altro”.