Il Consiglio di Stato riconosce in capo all’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas il potere di adottare misure di regolazione anche relativamente ad attività oggetto di interventi di liberalizzazione quando ciò sia ritenuto necessario per salvaguardare le dinamiche concorrenziali e per garantire la tutela degli utenti.
Contrariamente a quanto affermato dal TAR, Sede di Milano, Sez. IV, con sentenza 28 luglio 2005, n. 3478, i poteri regolatori attribuiti all’Autorità – desumibili dalla legge n. 481 del 1995 e dal decreto legislativo n. 164 del 2000 – non sono stati ‘implicitamente’ incis, in senso riduttivo, dall’art. 1, comma 2, della legge n. 239 del 2004. Ad avviso del Consiglio di Stato, infatti, la liberalizzazione di un mercato non comporta automaticamente il passaggio ad una situazione di concorrenza, la cui promozione rientra tra le competenze dell’Autorità, fin quando essa ritenga che il mercato non sia idoneo alla formazione corretta dei prezzi in una reale competizione.
Una normativa di liberalizzazione non è di per sé incompatibile con quella previgente di carattere generale che miri a salvaguardare la concorrenza e gli interessi dell’utenza. I giudici rilevano, inoltre, come proprio nella fase iniziale di liberalizzazione è del tutto consono al sistema che l’Autorità vigili sull’andamento del mercato e indichi ex ante quali siano le regole in assenza delle quali possano verificarsi (o aggravarsi) effetti distorsivi.
In altri termini, la voluntas legis di liberalizzare un settore non può indurre a considerare abrogate per incompatibilità le norme finalizzate alla salvaguardia della dinamica concorrenziale (soprattutto quando, come nella specie, i poteri di regolazione siano stati previsti da una normativa di attuazione di una direttiva comunitaria, come nella specie è avvenuto per il decreto legislativo n. 164 del 2000).
All’Autorità di regolazione deve, infatti, essere riconosciuto un potere-dovere di disporre tutte le misure volte a favorire l’affermarsi di un mercato caratterizzato da una effettiva concorrenza, anche nell’interesse dell’utenza, non solo con azioni repressive ex post, ma anche imponendo comportamenti che ex ante possano rimuovere o prevenire effetti distorsivi.
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 5 giugno 2006, n. 3352