La validità temporale dei documenti informatici

10.04.2006

Negli ultimi decenni, l’attenzione dei giuristi si è rivolta con crescente interesse verso i cambiamenti della società dell’informazione. Infatti, in conseguenza delle innovazioni tecnologiche, si sono progressivamente sviluppati: un nuovo diritto di autore; una nuova disciplina del commercio elettronico; la rivoluzionaria normativa sul documento informatico e sulla firma elettronica; nuove norme riguardanti la tutela della riservatezza; il processo civile telematico; la categoria dei contratti telematici.
Com’è noto, uno dei requisiti fondamentali dei rapporti giuridici è quello della certezza. Pertanto, molto importante diventa la definizione temporale degli atti. Va da sé che la rivoluzione informatica degli ultimi anni ha portato grandi novità anche dal punto di vista della data apposta ai documenti.
Una “data” indica sia il tempo in cui viene redatta testimonianza scritta di un fatto (accaduto o che deve accadere in altro tempo), sia il tempo stesso in cui il fatto accade.
Da un punto di vista giuridico, la data serve ad indicare la circostanza temporale in cui un documento si è formato. Bisogna, altresì, sottolineare che la certezza della data (art. 2704 c.c.) rileva sul versante dell’efficacia probatoria dei documenti.
L’art. 22 del DPR 445/2000 (contenente il Testo Unico sulla documentazione amministrativa) definisce la “validazione temporale” come il risultato della procedura informatica, attraverso la quale si attribuiscono, ad un documento, una data e un’ora opponibili a terzi. Invece, per “marca temporale” si intende la procedura che consente la validazione.
L’iter è molto semplice: una versione del documento (in formato “hash”) viene inviata al certificatore che fornisce il servizio di marcatura temporale, il quale appone il riferimento temporale a questa versione “ridotta” del documento. Tale riferimento viene cifrato con una chiave privata, al fine di permettere (utilizzando, poi, una chiave pubblica) di risalire alla data e all’orario del documento. Infine, la marcatura viene restituita al mittente, che la allega al documento informatico vero e proprio.
Per quanto riguarda le Pubbliche Amministrazioni, esse possono utilizzare riferimenti temporali ottenuti o con posta elettronica certificata, oppure attraverso procedure di conservazione dei documenti, conformi alle norme vigenti. Un ulteriore modo, a disposizione delle P.A., è quello di avvalersi della segnatura di protocollo.
Uno dei problemi, legati alla validazione temporale, riguarda le conseguenze derivanti dalla sopravvenuta invalidità del certificato di convalida della firma digitale apposta al documento.
La dottrina concorda nel ritenere temporalmente limitata l’efficacia della sottoscrizione elettronica. Però, il fatto che un documento informatico abbia carattere temporaneo (e quindi sia soggetto ad una scadenza certa) ha sollevato perplessità in dottrina circa la sua reale utilità pratica.
Affinché vengano riconosciuti effetti ad una sottoscrizione informatica oltre il periodo di validità del certificato, è possibile valersi del sistema delle marche temporali. Infatti, queste ultime rendono certa la data della sottoscrizione.
In tal modo, ciò che rileva è la validità del certificato al momento dell’utilizzo della firma. E’ appena il caso di precisare che la marcatura temporale, per certificare la data di apposizione di una firma digitale ad un documento informatico, ha senso solo quando avvenga prima della scadenza del certificato associato alla firma apposta.
Altra problematica interessante concerne la seguente questione: se il documento sottoscritto digitalmente, con una sottoscrizione valida, intervenuta la cessazione di validità della sottoscrizione, cessa di essere sottoscritto esso stesso.
E’ consolidato in dottrina l’orientamento per il quale vi è piena equiparazione giuridica tra documento informatico e documento cartaceo, ex art. 2712 c.c. Altrettanto pacifico è che il documento formato elettronicamente soddisfa il requisito della forma scritta.
Ciò comporta che un documento sottoscritto digitalmente fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta.
Alla luce di queste interpretazioni dottrinarie, possiamo concludere che il documento informatico, al quale sia scaduta la sottoscrizione, difetta di efficacia probatoria, venendo meno la firma, che è l’elemento per l’imputazione del contenuto del documento.
Infatti, l’art. 23 del Testo Unico sulla documentazione amministrativa dispone che: «L’apposizione ad un documento informatico di una firma elettronica basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a mancata sottoscrizione».
Pertanto, mancando la sottoscrizione, l’autore del documento non potrà imputare a sé stesso il contenuto e gli effetti di un atto, che per il resto è esistente. Al più, per invocare la paternità dell’atto, si potrà ricorrere, in sede di giudizio, alle tecniche contenute nell’art. 116 c.p.c.
In tempi recentissimi, profili di interesse per la validazione temporale dei documenti sono emersi dalla normativa contenuta nel D.Lgs. 52/2004 (attuativo della direttiva 2001/115/CE), riguardante la semplificazione delle modalità di fatturazione in materia di IVA e la possibilità di emettere ed archiviare fatture in forma elettronica.
Anche per le fatture è previsto che, al termine del procedimento di sottoscrizione elettronica, venga apposta la marca temporale, per conferire al documento una data certa, opponibile a terzi.
Infine, almeno un cenno merita la questione della data rispetto alle informazioni contenute su pagine web.
La Cassazione, con sentenza n° 2912 del 2004, ha affermato che: «Le informazioni tratte da una rete telematica sono per natura volatili e va esclusa la qualità di documento in una copia su supporto cartaceo che non risulti essere stata raccolta con garanzie di rispondenza all’originale e di riferibilità ad un ben individuato momento». La Corte evidenzia così il limite di ogni documento, ossia l’incapacità di dare informazioni utili per collocarlo con certezza in una cronologia di eventi.
Allora, per quanto riguarda le pagine web, per le quali non è possibile dare in questa sede una parola definitiva, almeno tre ci sembrano i punti critici.
Innanzitutto, le pagine web non risultano firmate (nel senso di firma elettronica). In secondo luogo, non vi è alcuna marca temporale che conferisca data certa alle pubblicazioni su Internet. Infine, le pubblicazioni su web sono facile bersaglio delle intrusioni di pirati informatici che ne possono alterare contenuti e date.
Dal momento che sempre più spesso le P.A. ricorrono al web per comunicazioni anche ufficiali (si vedano, per esempio, i bandi di concorsi pubblici, portati a conoscenza dei cittadini tramite pagine online), la problematica in esame si porrà sempre più frequentemente ed urgentemente all’attenzione degli interpreti.
di Vincenzo Ruggiero Perrino