Con la sentenza segnalata, il Consiglio di Stato fornisce una chiara interpretazione su una delle cause, che, in tema di appalto di servizi, comportano l’esclusione automatica dalla gara.
In particolare, il giudice amministrativo ha ritenuto che, per errore grave commesso nell’esercizio della propria attività professionale, deve considerarsi quello commesso in occasione di un precedente rapporto contrattuale con la stessa amministrazione che indice l’appalto, e non con una diversa stazione appaltante.
In tal senso, induce, anzitutto, la lettera delle disposizioni, poiché, nel prevedere che il suddetto errore possa essere accertato con qualsiasi mezzo dall’amministrazione aggiudicatrice, le stesse norme lasciano intendere che solamente quest’ultima abbia il potere di valutare la gravità delle infrazioni commesse, con riferimento alla specificità del rapporto, e di reputare se, a causa del comportamento tenuto dalla controparte, sia venuto meno il rapporto fiduciario con la stessa impresa, al punto da non consentirle ulteriori possibilità di contrattare con essa. D’altra parte, in tal senso, induce anche la considerazione che le tipologie del “grave errore professionale” non sono state in alcun modo specificate dal legislatore, e risulterebbe, pertanto, oltremodo penalizzante per le imprese l’assunto che una violazione del rapporto contrattuale così valutata da un certo ente appaltante costituisca per la stessa ditta un impedimento per la prosecuzione di ogni altra attività professionale.
In sostanza, secondo il giudice, un’interpretazione rigorosa ed estensiva delle norme citate, in assenza di criteri normativi certi ed immutabili che palesino quali irregolarità nei rapporti contrattuali comportino per le imprese partecipanti ai pubblici appalti una esclusione totale da questi ultimi, nei confronti di qualunque stazione appaltante, si porrebbe in contrasto con i principi comunitari e nazionali della più ampia partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici e con i principi costituzionali a tutela della libertà di iniziativa economica.
Depone a favore di tale interpretazione, quella giurisprudenza, che, nell’esprimere una statuizione di principio, non ha mancato di rilevare che, se non si vuol ritenere che un errore, pur grave, nella esecuzione di un contratto possa essere discrezionalmente valutato indistintamente da tutte le altre Amministrazioni aggiudicatici per escludere, dalle singole gare, l’impresa che lo ha commesso, introducendo, così, in modo surrettizio, una ipotesi di incapacità a contrarre non prevista nell’ordinamento ed in grado di escludere ogni rilievo al possesso dei requisiti generali necessari per operare nel settore dei servizi, si deve concludere che l’errore di cui trattasi per essere rilevante ai presenti fini debba essere stato commesso in un rapporto con la stessa Amministrazione aggiudicatrice (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2003, n. 4750).
Ad ulteriore sostegno, il giudice osserva come, nel settore dei lavori pubblici, l’art. 75, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 554/99, preveda l’esclusione dei soli soggetti “che hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara”.
Disposizione alla quale è possibile fare riferimento, in quanto, nonostante l’indubbia autonomia della disciplina dei servizi rispetto a quella dei lavori pubblici, in entrambi i settori, l’esigenza, che muove la regolamentazione del caso di esclusione in esame, è la stessa e la valenza di principio delle disposizioni dettate in materia di lavori pubblici, quale complesso di norme più completo ed esaustivo, consente di trarre elementi interpretativi anche per misurare il contenuto di disposizioni valide per gli altri settori, in particolare per i servizi e le forniture.