Gli strumenti della qualità della regolazione – Resoconto convegno

22.03.2006

Formez, Arco Felice di Pozzuoli (NA)
9 marzo 2006, ore 9,30

Giovedì 9 marzo 2006 nell’aula “Pino Amato” del Formez presso il Comprensorio Olivetti di Pozzuoli (NA) si è svolto un convegno sul tema “Gli strumenti della qualità della regolazione”, articolato in due sessioni: la prima, mattutina, è stata dedicata all’analisi di impatto della regolamentazione, analizzandone i profili comparati e facendo particolare riferimento alle esperienze regionali. Nel pomeriggio, invece, si è affrontato il tema della semplificazione normativa ed amministrativa.

La sessione mattutina, dedicata all’analisi d’impatto della regolamentazione (AIR), è stata aperta dalla dott.ssa DE MAGISTRIS, che ha presentato le ricerche del Formez sull’AIR a livello regionale, all’interno del progetto Simpliciter, sottolineando l’importanza dell’opera di sensibilizzazione delle pubbliche amministrazioni per l’effettività degli sforzi di formazione del personale delle amministrazione stesse.
Successivamente, la dott.ssa BARAZZONI, direttrice del Servizio per la semplificazione normativa ed amministrativa, per il riassetto normazione e per la qualità della regolazione presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, ha illustrato nel dettaglio le due principali direzioni della ricerca sulla qualità della regolazione nelle Regioni, ovvero la comparazione con gli altri Paesi dell’Unione europea e dell’OCSE, e l’azione di supporto e di monitoraggio del livello statale a livello regionale.
Dall’analisi svolta è apparso come l’Italia, sotto questi profili, costituisca un’esperienza estremamente interessante in prospettiva comparata, anche per le recenti trasformazioni istituzionali che, negli ultimi anni, hanno assegnato alle Regioni una posizione di primo piano nella funzione legislativa. Parallelamente a queste trasformazioni, si è assistito ad una progressiva affermazione degli strumenti utili a perseguire un miglioramento della qualità della legislazione, includendo tra questi non solo l’AIR e la semplificazione amministrativa e normativa, ma anche l’inserimento di apposite disposizioni nella formulazione dei nuovi statuti regionali e la diffusione di procedure di consultazione nel procedimento legislativo.
A conferma della particolare sensibilità delle autonomie italiane per questi temi, si registra che tutte le Regioni, sebbene in misura diversa, applicano tali strumenti (anche se deve registrarsi in ogni singola esperienza la preferenza per alcuni di essi), laddove nel testo del Trattato costituzionale dell’UE non esistono elementi tesi a promuovere la qualità della regolazione.
Il prof. COCO si è occupato dell’analisi degli strumenti di valutazione della legislazione regionale, evidenziando come esista un pregiudizio della classe politica nei confronti degli strumenti valutativi, soprattutto ex ante, in quanto identificati come limitativi della libertà della decisione dell’organo politico. Un’analoga impostazione negativa è rinvenibile nell’approccio alle clausole di valutazione ex post delle politiche: infatti queste, quando applicate, non hanno poi portato a modifiche conseguenti alle valutazioni effettuate, sempre a causa di una evidente mancanza di disponibilità della parte politica nel rimettersi alle valutazioni tecniche.
Nella ricerca è stata rilevata una costante correlazione, nelle singole Regioni, tra il ricorso a strumenti giuridico-formali (come l’analisi tecnico-normativa) e l’impiego di strumenti valutativi (AIR, analisi ex post, etc.). Da ciò si deduce che, laddove esiste una maggiore attenzione alla qualità della regolazione, questa viene perseguita attraverso molteplici strumenti. Parimenti deve registrarsi una generale difficoltà di effettiva sperimentazione dell’AIR al di fuori di organismi a ciò specificamente dedicati, anticipando il problema, sviluppato nel corso della tavola rotonda successiva, di dotare le amministrazioni dei Consigli regionali di personale con professionalità specifiche, soprattutto di matrice economica.
L’avv. FAVA si è soffermato sui metodi e le esperienze della consultazione nelle Regioni, partendo dall’inquadramento del concetto che è stato dato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 379/04 e con la pronuncia del Consiglio di Stato del 25 ottobre dello stesso anno.
La consultazione dovrebbe costituire il cuore del miglioramento della qualità della legislazione, inteso come processo articolato, ma perché ciò avvenga è necessario che essa intervenga nel momento giusto del procedimento, con mezzi adeguati e con il coinvolgimento di interlocutori qualificati. Ne è testimonianza anche l’art. 47, parte I, del trattato costituzionale UE, che pone la democrazia partecipativa tra i fondamenti dell’impalcatura istituzionale comunitaria.
Interessanti esperienze sono state avviate nelle diverse Regioni al fine di promuovere la più ampia partecipazione dei cittadini e dei corpi intermedi alle decisioni. Ad esempio la Regione Umbria ha sviluppato il progetto denominato “Senso alternato”, all’interno del quale, tramite il sito internet della Regione, è possibile rilasciare commenti sui progetti di legge in discussione presso il Consiglio regionale. Qualcosa di simile è stato attivato anche presso la Regione siciliana.
D’altro canto si coglie una eccessiva differenziazione tra le diverse esperienze regionali, al punto da richiedere una moderata standardizzazione e procedimentalizzazione delle procedure di consultazione, anche al fine di evitare che, nel processo, finiscano per prevalere i soggetti più forti.
L’estensione del metodo della consultazione nei procedimenti decisionali potrebbe avere anche ricadute positive in termini deflativi sui ricorsi per meri vizi di procedimento, come dimostra l’esperienza spagnola anche con la sentenza n. 108/86 del Tribunale costituzionale.
Il dott. GOOSSENS, funzionario dell’Agenzia per la semplificazione amministrativa presso la Cancelleria belga, ha illustrato i tratti essenziali dei processi di semplificazione in corso nel suo Paese, sottolineando innanzitutto l’approccio pragmatico che risulta dominante nell’affrontare la problematica.
Una spinta particolarmente innovativa è stata portata nel sistema dal nuovo Ministro per la semplificazione amministrativa, Vincent Van Quickenborne che, poco più che trentenne, ha impresso una notevole svolta alle politiche di riordino e di semplificazione. Questo dato fa notare, una volta di più, come, a prescindere dagli strumenti e dal personale impiegato in tali processi, una condizione imprescindibile per le loro possibilità di successo sia una forte sensibilità (e volontà) dell’organo politico.
I processi di semplificazione amministrativa in Belgio sono stati avviati con legge nel febbraio del 1998 ed in un primo momento si sono rivolti essenzialmente alle imprese, nella convinzione che gli oneri eccessivi a loro carico rappresentassero il più importante problema per il sistema economico del Paese. Gli indicatori di onerosità delle procedure sono stati individuati essenzialmente in quattro fattori: numero di formalità amministrative, numero di imprese o di cittadini interessati, tempo necessario per adempiervi e frequenza alla quale sia necessario ricorrervi. Come si coglie immediatamente, con queste basi il sistema è stato creato sul modello client-oriented.
Interessante è anche il ruolo ricoperto dall’e-government all’interno di un simile processo. Infatti il relatore ha precisato come la digitalizzazione dei procedimenti non sia stata considerata come il motore delle procedure di snellimento delle incombenze burocratiche, come forse a volte si è fatto in Italia, bensì come una conseguenza della semplificazione, uno sbocco di un più generale lavoro di riordino. I dati contenuti negli archivi e nelle banche dati sono stati prima aggregati e riorganizzati. Solo in un secondo momento sono stati trasformati in supporto digitale.
I progetti chiave che hanno avuto come obiettivo principale le imprese sono state lo sportello unico, il modulo unico per le imprese nascenti e, successivamente, la possibilità di gestire tutti i rapporti con la pA attraverso la rete. Attraverso tali procedure è stato calcolata un riduzione complessiva del 25% dei costi per le imprese in soli due anni dall’entrata a regime di tali progetti, a tutto vantaggio della competitività anche sul piano internazionale.
Il prof. LA SPINA ha allargato la prospettiva di studio comparato dell’analisi di impatto della regolamentazione alle esperienze di altri Stati membri dell’UE, facendo riferimento in particolare ad una sperimentazione cui hanno aderito, su base volontaria, ben dieci Paesi (Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Regno Unito, Svezia e Ungheria).
Le particolari condizioni del gruppo citato, in particolare l’adesione volontaria che presupporrebbe una già avanzata attenzione per la problematica, non permettono di considerare il campione rappresentativo dell’intera Unione, ma in ogni caso i risultati di studio possono risultare utili alla comprensione dei diversi approcci allo strumento dell’AIR in contesti culturali e giuridici così differenziati.
Infatti, ci si aspettava che il punto di partenza per la ricerca fosse costituito dal Rapporto Mandelkern del 2001, ma per molti Paesi le condizioni poste nel Rapporto sono sembrate più avanzate della realtà dei fatti.. In particolare è risultato estremamente difficile definire una base comune di partenza e i “requisiti minimi” perché possa considerarsi soddisfacente un modello di AIR.
Sin dalle concezioni-base di misurabilità dell’oggetto d’intervento normativo e della “precocità” dell’analisi si sono evidenziate notevoli differenze, ampliate dalla flessibilità dello strumento che offre una molteplicità di opzioni alternative. Anche sulla pubblicità e sulla trasparenza dei risultati non tutti si sono dimostrati d’accordo, privilegiando la valutazione esclusivamente interna all’organo normativo dei risultati.
Particolare attenzione hanno destato le esperienze di Polonia ed Ungheria, nuovi membri della UE che stanno autonomamente predisponendo i loro modelli in tema di strumenti per la qualità della regolazione. Tratti caratterizzanti delle esperienze sono state la completa esternalizzazione dell’analisi di impatto in Ungheria (affidando la valutazione ex ante a società di consulenza private), mentre in Polonia si muovono i primi passi della sperimentazione, dopo che l’AIR è stata normativamente prevista.
Altro dato degno di nota è stata una certa disattenzione per lo strumento dell’analisi ex ante in Germania, laddove si riscontra una difficoltà nell’accettazione dello strumento soprattutto per la specifica cultura amministrativa, tradizionale della tradizione tedesca.
La sessione mattutina è stata conclusa dagli interventi del dott. BASILICA, capo dipartimento della Funzione Pubblica, e dal dott. FLAMMENT, presidente del Formez, che hanno ricordato come l’attenzione per gli strumenti di qualità della regolazione abbia avuto a livello comunitario una spinta dalla presidenza di turno inglese che, nel Consiglio europeo di Edimburgo del 2005, ha posto all’ordine del giorno la questione della better regulation.
Si è poi sottolineata l’importanza dello sviluppo di tali strumenti in senso alternativo alle politiche di deregulation, sottolineando come un quadro regolativi chiaro e ben ponderato svolga un importantissimo compito di semplificazione e di garanzia all’interno dell’ordinamento.

La ripresa pomeridiana dei lavori del convegno è stata aperta dalla tavola rotonda, coordinata dalla dott.ssa DE MAGISTRIS, in cui sono intervenuti ad illustrare le differenti esperienze nell’AIR a livello regionale funzionari delle amministrazioni regionali di Umbria, Campania, Piemonte e Veneto. Sono state affrontate le tematiche generali della sperimentazione sotto il profilo dell’approccio multidisciplinare, della composizione dei gruppi di lavoro (in particolare sotto il profilo delle professionalità impiegate), dando conto dell’esperienza nel rapporto tra tecnici e vertice politico.
Nel caso del Piemonte, illustrato dalla dott.ssa FAINA, l’AIR ha avuto un riconoscimento normativo nel 2005 e con la Giunta presieduta da Mercedes Bresso si è dato un nuovo slancio alle politiche di semplificazione, anche attraverso la costituzione di un assessorato ad essa specificamente dedicato. Sempre con la nuova Giunta, sono state introdotte significative innovazioni, come ad esempio la richiesta rivolta a tutti gli assessori, da parte della stessa presedente della Giunta, di allegare un’analisi delle ricadute sui cittadini a tutti i provvedimenti discussi in Giunta.
In Umbria, come illustrato dalla dott.ssa TRANI, sono di recente state introdotte importanti novità, anche attraverso il varo del nuovo Statuto regionale che, all’art. 61, ha previsto l’istituzione di un Comitato per la legislazione all’interno del Consiglio regionale, che avrà rilevanti attribuzioni proprio nell’analisi di impatto. Come per il caso del Piemonte, anche in Umbria il gruppo di lavoro sull’AIR è stato costituito con delibera di Giunta, ma in quest’ultima esperienza è avvenuta una interessante collaborazione tra l’amministrazione della Giunta e quella del Consiglio regionale, proprio nella prospettiva di un’azione generale di promozione della qualità della normazione.
La dott.ssa CICI ha esposto come, al contrario, la partenza della sperimentazione in Campania abbia avuto un percorso più tortuoso. Infatti all’inizio si sono occupati di AIR solo i funzionari dell’ufficio legislativo e dell’ufficio competente per materia, senza la costituzione di un gruppo di lavoro specifico. Successivamente, nel 2005 è intervenuta la prima legge regionale di semplificazione per la Regione Campania e, con essa, è stato dettato un indirizzo particolarmente innovativo, inserendo l’AIR in un percorso più ampio di progettazione normativa generalizzata che, nelle previsioni, porterà annualmente al riordino di un singolo ambito materiale su iniziativa della Giunta, attuando anche interventi di semplificazione amministrativa.
Un interessante contributo è venuto dalla relazione del dott. VEDOVATO, funzionario del Consiglio regionale del Veneto. Infatti ha potuto portare l’esperienza diretta dell’amministrazione di un organo legislativo, al contrario degli interventi precedenti che partivano dall’ottica di funzionamento di organi esecutivi. L’AIR, secondo il relatore, sembra prestarsi più alla logica delle Giunte che a quella delle assemblee, poiché dovrebbe rientrare in una più ampia analisi delle politiche pubbliche che faccia emergere le esigenze dei singoli settori di intervento, analisi che vede privilegiati sicuramente gli strumenti a disposizione degli esecutivi.
La tavola rotonda si è conclusa con l’intervento del dott. MARTELLI, che ha riassunto gli elementi comuni delle testimonianze appena ascoltate, sottolineando positivamente lo sforzo di alcune Regioni nella costituzione di organi specifici per l’AIR, sebbene sembri emergere come dato costante la necessità di un’integrazione di professionalità prima non presenti nelle amministrazioni, soprattutto dal punto di vista della valutazione economica delle ricadute dei provvedimenti. Ulteriore elemento comune sembra essere l’importanza della fase di consultazione nei procedimenti normativi, onde minimizzare i cd. costi “esterni” alla decisione.

In apertura della seconda sessione del convegno, dedicata alla semplificazione normativa ed amministrativa, il prof. CELOTTO, affrontando le nuove prospettive del settore, ha ricordato le innovazioni apportate dalla recente riforma del procedimento amministrativo, sottolineando l’incremento degli strumenti di natura privatistica, in particolare nella revisione della Conferenza di servizi e della VIA.
Passando successivamente agli aspetti più immediatamente connessi alla semplificazione normativa, è stata sottolineata la ormai evidente crisi del sistema “legicentrico” derivante, in gran parte, dalla tradizione costituzionale francese e che ha trovato ampio riscontro nella Costituzione del 1948 attraverso il diffuso ricorso alla riserva di legge, in particolare per ciò che concerne la tutela dei diritti individuali.
Le cause della crisi della legge sono ben note e non si limitano all’inflazione normativa ed allo scadimento della qualità della legge, in particolare dovuto alla stratificazione degli interventi normativi. Più in generale, è stato rilevato un impoverimento del ruolo della legge, eroso sia dal continuo (e distorto) ricorso agli altri atti aventi forza di legge (decreti-legge e decreti legislativi), sia dall’accresciuta importanza delle fonti comunitarie e regionali, oltre alle nuove forme di regolazione, in particolare attraverso i regolamenti delle autorità indipendenti.
Si è cercato di restituire alla legge il suo ruolo preminente attraverso due principali strumenti: la delegificazione, al fine di circoscriverne meglio il campo d’azione, e la tecnica legislativa, per migliorarne la qualità e cercare di rimediare al cd. “inquinamento legislativo”.
Un nuovo strumento, a partire dalla fine degli anni Novanta, è costituito dalla codificazione, attraverso i cd. codici di settore, attraverso i quali, però, si incappa nel paradosso secondo cui la presunta ricentralizzazione della legge avverrebbe attraverso lo strumento della delega legislativa.
In ogni caso, risulta di notevole interesse l’ampia previsione di pareri e consultazioni per l’emanazione di tali codici di settori. Infatti, oltre alle Commissioni parlamentari, al Consiglio di Stato e alla Conferenza unificata, la consultazione dei destinatari del provvedimento apre nuove prospettive anche nell’ottica della legittimazione e della trasparenza del procedimento. Ovviamente, però, tali attività di relazione con gli operatori del settore devono avere il massimo grado di apertura possibile, onde non scadere nel lobbying nella sua accezione più negativa.
Le innovazioni riportate registrano sicuramente una evoluzione del sistema delle fonti, in particolare nel senso di una funzionalizzazione delle deleghe legislative, anche se la possibilità di emanare decreti integrativi o correttivi (e l’accezione piuttosto ampia che viene data alla “correzione”) rischiano di trasformare le deleghe in permanenti.
Passando alle novità introdotte dalla ultima legge di semplificazione, il relatore ricorda l’introduzione delle raccolte di norme regolamentari, che sembrano poter costituire un utile strumento da affiancare ai codici di settore, senza le difficoltà interpretative che comportavano i testi unici misti. La discussa norma cd. “taglia-leggi” (art. 14, l. 38 novembre 2005, n. 246), invece, appare costituire, da parte del legislatore, una implicita ammissione di impotenza nel governare il sistema. Per di più il limite a quo del 1970 appare del tutto arbitrario, avrebbe avuto più senso il limite del 1948, onde agganciare l’intervento di riordino all’entrata in vigore della Costituzione.
Infine, una simile misura-ghigliottina sarebbe apparsa utile più per le fonti secondarie che per quelle legislative: la necessità di fare chiarezza tra le fonti regolamentari specie nel periodo statutario è riportata all’attualità anche dalla recente controversia sulla permanenza del crocifisso nelle aule scolastiche.
Il prof. NOCILLA, intervenendo sulla funzione del Consiglio di Stato nelle politiche di semplificazione, ha ripreso le considerazioni del prof. Celotto sulla crisi del ruolo della legge, richiamando le differenti impostazioni in teoria generale. Due filoni classici della scienza giuridica, quello tedesco e quello francese, partono da assunti di fondo completamente diversi. Da una parte infatti la tradizione costituzionale tedesca interpreta la legge come rapportabile ad un qualunque Willensakt (Jellinek), ovvero parificata agli altri atti di volontà dello Stato, se non dal punto di vista della gerarchia, sicuramente da quello ontologico. Dall’altra, la tradizione francese concepisce la loi come distinta dalle altre norme per una sua superiorità quasi morale, essendo discendente dalla volontà generale ed essendo l’unico atto il cui procedimento formativo debba sottostare ad uno stretto vincolo di pubblicità (Favoreau).
La cd. norma-ghigliottina della legge di semplificazione 2005 troverebbe un precedente illustre nell’art. 7 della legge del 30 ventoso dell’anno XII della rivoluzione francese (1804) che abrogava tutte le leggi precedenti all’approvazione del Code Napoleon. È evidente però come sia un’abrogazione generalizzata operante ex post, ovvero all’indomani di un fondamentale intervento di codificazione, e non quando questo sia ancor di là da venire.
Analizzando invece il ruolo del Consiglio di Stato nei pareri espressi sui codici di settore fin qui approvati, il relatore ricorda come una eventuale opposizione pura e semplice al testo proposto (attraverso cioè l’espressione di un parere negativo) avrebbe potuto determinare due sole conseguenze, entrambe negative per il sistema e per lo stesso organo: bloccare il procedimento di semplificazione, oppure lasciare la possibilità che il parere venisse aggirato attraverso l’inserimento delle stesse norme in leggi parlamentari, attraverso emendamenti governativi (come l’esperienza ha del resto insegnato).
Proprio per questo l’azione del Consiglio di Stato è stata molto prudente, anche se ferma, attraverso il ricorso ad un linguaggio per lo più persuasivo e l’espressione di pareri interlocutori, favorevoli con osservazioni o condizionati.
Anche l’introduzione di formule ad hoc per evitare l’espressione di un parere negativo è stato un espediente utilizzato di frequente: al posto di una valutazione negativa si è preferito ricorrere alla formula “nei sensi di cui in motivazione è il parere del Consiglio di Stato”.
I richiamati pareri cd. interlocutori hanno avuto un ruolo importante. Infatti con questo espediente il Consiglio di Stato ha potuto “suggerire” al Governo l’integrazione del procedimento attraverso l’inserimento di ulteriori pareri (in particolare alle Conferenze), in realtà celando perplessità dal punto di vista della legittimità costituzionale.
Il dott. ANGELINO, funzionario del Segretariato generale presso la Commissione europea e membro della Task force sulla questione Istituzioni, è intervenuto per illustrare le tecniche di semplificazione della legislazione comunitaria.
Un processo di generale sistemazione della legislazione comunitaria è stato avviato nel gennaio del 2004 dalla presidenza di turno irlandese e proseguito nei successivi semestri di presidenza dell’Olanda, del Lussemburgo e del Regno Unito. Particolare rilevanza meritano le 15 priorità in materia di semplificazione normativa adottate dal Consiglio Competitività del novembre dello stesso anno.
Una prima notazione di carattere generale per ciò che concerne il contesto europeo riguarda la concezione stessa di semplificazione. Infatti in ambito UE la semplificazione riguarda esclusivamente la normativa esistente, e non già la legislazione a venire, per la quale lo strumento principalmente adottato è il ricorso alle tecniche legislative. In ogni caso il riordino normativo, che ha ricevuto un nuovo slancio nell’ottobre 2005 da parte della Commissione, rappresenta uno dei perni del rilancio della strategia di Lisbona. Pilastro di tale processo è individuato nella consultazione degli Stati membri, degli operatori economici e delle parti interessate.
Gli strumenti principali di azione sono molteplici e vanno dal consolidamento, ad un maggior ricorso allo strumento regolamentare al posto della direttiva, dal rafforzamento dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione al ricorso a strumenti alternativi quali la co-regolamentazione e l’autoregolamentazione, come proposto anche dall’accordo interistituzionale “Legiferare meglio” del dicembre 2003.
In conclusione il relatore riporta una serie di dati che sarebbero rivolti a “sfatare il mito” del monopolio della iniziativa da parte della Commissione. Infatti solo il 10% del totale dei provvedimenti approvati discenderebbe dall’esclusivo diritto di iniziativa della Commissione stessa, mentre il restante 90% sarebbe soltanto formalmente di iniziativa della Commissione, ma sostanzialmente risulterebbe equamente ripartito tra iniziative rispondenti alle domande di Consiglio e Parlamento, alle obbligazioni assunte dalla Commissione (es. Pac, etc.), e ad accordi internazionali delle comunità.
Il dott. DIPACE ha illustrato i risultati dell’indagine sulla qualità della regolazione del Dipartimento della Funzione sulla semplificazione amministrativa e normativa. In tema di riordino della legislazione vigente si registra una tendenza alla creazione di leggi generali di semplificazione, piuttosto che codici settoriali.
Sotto il profilo dell’organizzazione, è stato sottolineato come soltanto poche regioni abbiano istituito uffici specifici per la semplificazione normativa (come il Piemonte) e che generalmente si registrino carenze di organico e di professionalità specifiche in tale ambito.

A conclusione del convegno si è svolta una tavola rotonda in cui sono state poste a confronto le esperienze di semplificazione a livello statale, regionale e locale. Vi hanno partecipato il dott. PETA del Formez, la dott.ssa D’AMBROSIO dell’amministrazione regionale del Friuli-Venezia Giulia e il dott. SCIPPA dell’ANCI-Campania, che hanno portato testimonianza degli sviluppi dei processi di semplificazione ai diversi livelli.
I principali strumenti di analisi sono stati centrati sul ribaltamento dell’approccio di base, partendo non dalle istituzioni per poi andar incontro alle esigenze dei cittadini e delle imprese, ma al contrario, iniziando a inquadrare la pubblica amministrazione dal punto di vista dei soggetti privati.
Analogamente, si è sottolineata l’importanza del monitoraggio delle richieste che da questi provengono, anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Ulteriore strumento di raccordo nell’analisi delle prospettive per i diversi livelli di governo è stato l’Osservatorio della legislazione interregionale (OLI), che ha permesso di analizzare nel dettaglio l’evoluzione dell’esercizio delle potestà normative regionali e locali all’indomani della riforma del Titolo V.
Un punto comune dello sviluppo delle politiche di semplificazione è sicuramente nella base di principi che si pongono a fondamento dell’azione normativa, a qualunque livello e con qualsiasi strumento essa si svolga. Infatti, con la promozione della semplificazione normativa ed amministrativa e la sensibilizzazione delle amministrazione effettuata innanzitutto a livello comunitario, si è costruito un bagaglio comune di impostazione che si basa innanzitutto sulla sussidiarietà, l’accountability, l’accessibilità e la chiarezza delle norme, elementi che costituiscono allo stesso tempo il punto di partenza e l’obiettivo del generale processo di semplificazione.

Giovanni Piccirilli