Corte costituzionale, sentenza 6-10 febbraio 2006, n. 49
Il Governo ha impugnato numerose disposizioni di sette leggi regionali: gli artt. 26, comma 4; 29 comma 2 (e, per quanto ivi richiamato, l’art. 8, comma 3); 32; 33, commi da 1 a 4 (eccettuata, nel comma 3, la lettera d); 34, commi 1 e 2 (con esclusione delle lettere b, c, d ed e del comma 2), della legge della Regione Emilia-Romagna 21 ottobre 2004, n. 23 (Vigilanza e controllo dell’attività edilizia ed applicazione della normativa statale di cui all’articolo 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modifiche dalla legge 24 novembre 2003, n. 326); l’art. 2, commi 1, 2, 5 (limitatamente alla lettera c), e 6, della legge della Regione Toscana 20 ottobre 2004, n. 53 (Norme in materia di sanatoria edilizia straordinaria); l’art. 3 (eccettuato il comma 4) della legge della Regione Marche 29 ottobre 2004, n. 23 (Norme sulla sanatoria degli abusi edilizi); gli artt. 1, comma 1 (limitatamente alle parole «salvo quanto disposto dalla presente legge»); 2, commi 1 e 2; 3, comma 1, della legge della Regione Lombardia 3 novembre 2004, n. 31 (Disposizioni regionali in materia di illeciti edilizi); gli artt. 3, commi 1 (eccettuata la lettera b) e 3, della legge della Regione Veneto 5 novembre 2004, n. 21 (Disposizioni in materia di condono edilizio); gli artt. 19; 20, comma 1, lettere a) e c); 21, comma 1, lettere c), d), e) ed h); 27, comma 4 (tali ultime due disposizioni sono impugnate in virtù della loro asserita «connessione» con le altre), della legge della Regione Umbria 3 novembre 2004, n. 21 (Norme sulla vigilanza, responsabilità, sanzioni e sanatoria in materia edilizia); gli artt. 1, 3 (eccettuate le lettere b e d del comma 2); 4; 6 (soltanto i commi 1, 2 e 5) e 8 della legge della Regione Campania 18 novembre 2004, n. 10 (Norme sulla sanatoria degli abusi edilizi di cui al decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 32 così come modificato dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, di conversione e successive modifiche ed integrazioni).
I parametri costituzionali che si assumono violati sono gli artt. 3; 42; 81; 97; 117, secondo comma, lettere a), e), l), s); 117, terzo comma; 119 Cost., nonché i principi di autonomia degli enti locali e di leale collaborazione fra Stato e Regioni.
Tutte le disposizioni regionali impugnate hanno ad oggetto la disciplina del condono edilizio straordinario del 2003, e sono state emanate ai sensi dell’art. 32, commi 26 e 33, del decreto-legge n. 269 del 2003, così come modificato dalla legge di conversione n. 326 del 2003.
“Nella disciplina del condono edilizio di tipo straordinario convergono la competenza legislativa esclusiva dello Stato per quanto riguarda la esenzione dalla sanzionabilità penale e la competenza legislativa di tipo concorrente delle Regioni ad autonomia ordinaria in tema di «governo del territorio», nonché di «valorizzazione dei beni culturali ed ambientali», oltre a varie altre competenze riconducibili al quarto comma dell’art. 117 Cost. (ad esempio, commercio, turismo, insediamenti produttivi). Al tempo stesso, non si può sottovalutare la tradizionale titolarità da parte dei Comuni dei fondamentali poteri di gestione dell’assetto urbanistico ed edilizio del territorio, ivi compreso l’ordinario e limitato potere di sanatoria edilizia”.
Da ciò la conclusione «che, in riferimento alla disciplina del condono edilizio solo alcuni limitati contenuti di principio di questa legislazione possono ritenersi sottratti alla disponibilità dei legislatori regionali, cui spetta il potere concorrente di cui al nuovo art. 117 Cost. Per tutti i restanti profili è invece necessario riconoscere al legislatore regionale un ruolo rilevante – più ampio che nel periodo precedente – di articolazione e specificazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale in tema di condono sul versante amministrativo». Quindi, il riconoscimento alla legislazione regionale di un ruolo specificativo delle norme in tema di condono contribuisce senza dubbio a rafforzare la più attenta e specifica considerazione di quegli interessi pubblici, come la tutela dell’ambiente e del paesaggio, che i più esposti a rischio di compromissione da parte delle legislazioni sui condoni edilizi».
Inquadrata la disciplina di riferimento, la Corte ha dichiarato:
– l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, dell’art. 3 (eccettuate le lettere b e d del comma 2), dell’art. 4, dell’art. 6, commi 1, 2 e 5, e dell’art. 8, della legge della Regione Campania 18 novembre 2004, n. 10; dell’art. 26, comma 4, della legge della Regione Emilia-Romagna 21 ottobre 2004, n. 23; dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Marche 29 ottobre 2004, n. 23;
– l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale proposte contro l’art. 3 comma 1, lettera a) e comma 3, della legge della Regione Veneto 5 novembre 2004, n. 21; contro l’art. 1, comma 1, della legge della Regione Lombardia 3 novembre 2004, n. 31; avverso l’art. 19 e l’art. 27, comma 4, della legge della Regione Umbria 3 novembre 2004, n. 21. E’ inammissibile inoltre la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 1, comma 1, della legge della Regione Campania n. 10 del 2004;
– non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, dell’art. 29, comma 2, dell’art. 32, dell’art. 33, commi 1, 2, 3 e 4, dell’art. 34, commi 1 e 2, lettera a), della legge della Regione Emilia-Romagna n. 23 del 2004; dell’art. 2, comma 1, e dell’art. 2, commi 2, 5, lettera c), e 6, della legge della Regione Toscana 20 ottobre 2004, n. 53; dell’art. 3, commi 1 e 3, della legge della Regione Marche n. 23 del 2004; dell’art. 2, commi 1 e 2, e dell’art. 3, comma 1, della legge della Regione Lombardia 3 novembre 2004, n. 31; dell’art. 3, comma 1, lettera c), della legge della Regione Veneto n. 21 del 2004; dell’art. 20, comma 1, lettere a) e c), nonché dell’art. 21, comma 1, lettere c), d), e), h), della legge della Regione Umbria n. 21 del 2004.