Il giudice amministrativo ha ritenuto irrilevante, come causa di esclusione, la risoluzione del contratto di appalto disposta, non già in relazione ad un episodio di “grave negligenza o mala fede nell’esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara” (art. 75, comma 1, lett. f), d.P.R. n. 554/99), quanto, piuttosto, in conseguenza del ritardo dell’appaltatore rispetto alle previsioni di programma in relazione al disposto dell’art. 119, commi 4, 5 e 6, d.P.R. n. 554/99.
Le rilevate conseguenze in tema di distinzione tra “mero inadempimento” e “grave inadempimento”, del resto, oltre che trovare giustificazione nel combinato disposto degli artt. 119 e 75, comma 1, lett. f), d.P.R. n. 554/99, ricevono conferma nella natura giuridica della clausola di esclusione, così come rilevata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui, il grave inadempimento “non presuppone il necessario accertamento in sede giurisdizionale del comportamento di grave negligenza tenuto dalla società nel corso del pregresso rapporto contrattuale, trattandosi di disposizione non avente carattere sanzionatorio bensì posta a presidio dell’elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico” (Cons. Stato n. 1435/2005).