In tema di potere estero regionaleCorte costituzionale, sentenza 11-14 ottobre 2005, n.387

13.10.2005

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 13 della legge della Regione Veneto 9 gennaio 2003, n. 2 (Nuove norme a favore dei Veneti nel mondo e agevolazioni per il loro rientro), per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera a) e nono comma della Costituzione. Tale norma dispone che «la Giunta regionale, nel caso si verifichino all’estero calamità naturali o particolari eventi sociali, economici o politici, può stipulare accordi con il Governo interessato che prevedano prestazioni di tipo socio-sanitario a favore dei soggetti di cui all’art. 1, comma 1, ivi residenti, sentita la competente commissione consiliare».
La Corte ha dichiarato non fondata la questione sollevata, sottolineando che la vera novità del Titolo V della Costituzione risiede nel riconoscimento di un “potere estero” delle regioni, ovvero nella possibilità di stipulare accordi con Stati esteri o intese con enti omologhi, nei casi e nelle forme disciplinati con legge statale, dato il necessario rispetto della potestà esclusiva statale in tema di politica estera. La regioni hanno acquistato quindi una soggettività nuova, limitata dalla Costituzione e dalle norme di procedura dettate dallo Stato con legge n.131 del 2003, entrata in vigore dopo la proposizione del ricorso. Nel caso in questione, l’impugnazione dello Stato si fonda proprio sulla mancanza – nel periodo antecedente alla vigenza della l.n.131/03 – di una disciplina statale di dettaglio (successivamente emanata) e sul carattere autoapplicativo (in senso marcatamente restrittivo) del nono comma dell’art. 117 Cost.: per cui, la sopravvenuta emanazione della legge statale per l’esercizio del potere estero regionale riconosciuto direttamente dalla Costituzione fa venir meno i dubbi di legittimità sollevati col ricorso del Governo.

a cura di Rosella Di Cesare