Diritto amministrativo elettronico – Resoconto convegno

22.07.2005

L’1 e il 2 luglio 2005, a Catania, ha avuto luogo la quarta edizione del Convegno nazionale sul Diritto amministrativo elettronico (DAE) ideato e organizzato dallo studio legale Giurdanella e supportato dall’Istituto di Teorie e Tecniche dell’Informazione Giuridica del CNR, ITTIG, in collaborazione con un insieme di Centri di ricerca che si occupano di informatica giuridica e di diritto delle nuove tecnologie: il CIRSFID di Bologna, il Dipartimento di diritto pubblico dell’Università di Cagliari, Telejus, il TIMAD.

La prima sessione della prima giornata, presieduta da Nicola Palazzolo, Presidente dell’ITTIG di Firenze, è dedicata alla ricerca e alla sperimentazione in materia di informatica giuridica e pubblica amministrazione. Il Presidente, sottolineando le difficoltà nel collegare e nel trovare un equilibrio tra informatica giuridica e regolamentazione giuridica del fenomeno informatico, auspica che la partecipazione di teorici e pratici della materia possa far luce sugli aspetti applicativi dell’informatica giuridica.
Il primo caso di sperimentazione, illustrato da Fabio Bravo, Cirsfid di Bologna, riguarda l’apporto del servizio postale alla digitalizzazione della P.A..
Con il Protocollo d’intesa tra il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie e le Poste Italiane S.p.a., del 26 marzo 2003, le parti hanno inteso avviare un rapporto di collaborazione, volto a realizzare un piano di azione, finalizzato a perseguire l’obiettivo, di comune interesse, di sviluppare servizi di qualità per i cittadini attraverso le modalità innovative offerte dalle nuove tecnologie. Il Piano d’azione indica priorità, modalità, tempi e risorse, scelte economiche ed organizzative, formazione del personale addetto ed iter procedurale.
Le problematiche principali attinenti alla digitalizzazione dei documenti concernono: l’efficacia giuridica del documento digitale rispetto a quello cartaceo, la possibile presenza di vizi amministrativi, la protezione dei dati personali, la segretezza ed inviolabilità della corrispondenza.
Sembrano inoltre evidenti i vantaggi dell’esternalizzazione, rispetto alla digitalizzazione “in proprio”, sia per lo snellimento del lavoro della P.A., sia per cittadini ed imprese; esistono dei rischi, tra i quali la compressione del mercato di libera concorrenza, che potrebbe portare alla esclusione di operatori del settore precipuamente informatico.
Il Protocollo d’intesa è compatibile con la normativa vigente. Rientra, infatti, nel Servizio Universale Postale (SUP, d. lgs. 261/1999). Il punto critico di questa compatibilità è che nelle disposizioni del SUP sembra indispensabile il supporto materiale per operazioni quali invio, trasporto e consegna della corrispondenza. Il comma 5 dell’art. 3 del d. lgs 261/1999 rende necessaria l’evoluzione del S.U.P. in funzione del contesto tecnico e sociale e delle richieste dell’utenza; a tale scopo è necessario un intervento legislativo di rango primario che rimuova la necessarietà del supporto materiale. La soluzione più praticabile è quella di applicare la disciplina dei “servizi riservati”, all’art. 4 del decreto, che da possibilità alla P.A. di affidare al S.U.P. la digitalizzazione, considerandola un “servizio riservato”.
Il caso esposto da Pietro Mercatali, ITTIG di Firenze, riguarda la ricerca sul passaggio dalla macchina sintattica alla macchina semantica. Dato che il riconoscimento di un atto amministrativo è reso possibile dalle nostre conoscenze giuridiche, sembra necessario trasferire questa conoscenza al computer, affinché possa riconoscere e classificare automaticamente un documento. Ciò è possibile attraverso la marcatura semantica, operazione che consiste nel fornire alle parole un significato aggiuntivo, nel creare una grammatica composta di un insieme di marcatori che sia un valore aggiuntivo esplicativo (il linguaggio di programmazione utilizzato e l’xml nel formato di riferimento DTD).
Le difficoltà odierne sono di vario tipo, principalmente grafiche (è dimostrato infatti che la marcatura manuale è poco fattibile) e semantiche (derivanti dall’ambiguità ed indeterminatezza del linguaggio naturale). Il rischio è di non cogliere tale ambiguità ed indeterminatezza, o di “piegare” il significato ai fini della marcatura, in modo che vi rientri. I possibili rimedi sono: stabilire degli standard linguistico-documentali, ovvero regole di scrittura dei documenti; sviluppare strumenti per il riconoscimento del testo e per la sua marcatura automatica, anche quando la struttura del testo si distanzi dal modello.
La tematica a cui si ricollega la ricerca è quella della redazione degli atti amministrativi. Sviluppare regole e suggerimenti per la redazione di atti amministrativi ha il fine di migliorare il trattamento informatico degli atti e, nel contempo, migliorare la certezza del diritto. Le fonti consistono in manuali di regole e suggerimenti e, da ultimo, la Direttiva sulla semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi del Ministero della Funzione Pubblica, dell’8 maggio 2002; inoltre da vent’anni esistono regole per la redazione di atti normativi e molte si possono trasferire all’atto amministrativo.
Il relatore espone poi il proprio progetto riguardo ad un manuale di regole sulla redazione di atti amministrativi ed i problemi che sta affrontando nella redazione.
Esistono già strumenti di analisi automatica del linguaggio per il riconoscimento automatico di atti amministrativi con struttura testuale “ben formata”, in fase sperimentale presso il Comune di Firenze, che applicano i metodi dell’introduzione di standard e del riconoscimento del linguaggio naturale.
Monica Palmirani, Cirsfid di Bologna, presenta la sua riflessione sulla difficoltà nella sistemazione informatica della pluralità di fonti giuridiche esistenti, soprattutto per gli atti amministrativi con carattere normativo (assimilabili ad atti di soft law). Riporta il caso specifico del Garante per la protezione dei dati personali, esempio calzante di “poliedrica frammentazione delle fonti normative”. Una pluralità di soggetti “normano”, regolamentano, producono codici deontologici, provvedimenti dell’Autority. La quantità di tali atti è ormai cospicua ed alcuni hanno carattere generale. Ciò crea una difficoltà anche nella loro gestione attraverso gli strumenti informatici. Il progetto “normeinrete” – PCM, Camera, Senato, MIT (ex art. 107, l. 388/2000, c.d. “ex 107”) – è il programma per la informatizzazione della normativa vigente ed ha l’obiettivo di favorire l’accesso alla legislazione “disponibile” (storica o vigente). Il riordino della normativa su ogni materia deve includere gli atti amministrativi (per esempio nella redazione dei testi unici coordinati). Nel 2002 il Cirsfid, in particolare, ha affrontato il caso-pilota della catena normativa in capo alla l. 675/96, svolto per il CED Cassazione, ricostruendone l’iter sino al 2003: da allora la norma ha già subito 7 modifiche ed è stato possibile, per un editore, stilarne ben 15 diverse versioni in maniera semiautomatica.

La seconda sessione, presieduta da Francesco Brugaletta, Consigliere del TAR Sicilia e direttore della rivista telematica Diritto&Diritti, è dedicata alle esperienze di di e-government e procedimenti amministrativi elettronici; il Presidente auspica l’immediata applicazione di progetti e sperimentazioni per ridurre tempi e costi e soprattutto distanze nella trasformazione informatica della P.A..
Vincenzo Cusumano, Regione Sicilia, testimonia che i progetti-pilota hanno condotto all’attivazione di strumenti informatici e telematici per migliorare la qualità del servizio dell’amministrazione. Riporta l’esperienza di due di questi progetti, realizzati dall’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Sicilia, finalizzati ad una comunicazione più celere e non cartacea, sia in senso “verticale” (tra amministrazione ed utenti) che “orizzontale” (tra tutte le amministrazioni). Illustra i risultati numerici (dati dei protocolli registrati in un anno) e le sue personali conclusioni.
Marco Amenta, CONSIP S.p.a., parla del crescente ruolo della CONSIP nell’attività della P.A., affrontando tre tematiche:
– l’importanza della CONSIP nell’attuazione delle fasi di e-government nella P.A. (a partire dalla Direttiva MIT 4 gennaio 2004 “Linee guida in materia di digitalizzazione dell’Amministrazione”);
– il ruolo dell’ufficio acquisti di ogni P.A., definito “fulcro” per l’innovazione tecnologica.
– Il sistema di “leve” e gli strumenti (contratti quadro, mercato elettronico, kit di gara, best practices) che la CONSIP mette a disposizione per agevolare gli acquisti.
Il relatore illustra il quadro normativo delle attività CONSIP ed i dati ISTAT sui benefici ottenuti tramite tali attività.
L’esperienza riportata da Rosaria Trizzino, Consigliere del TAR Valle d’Aosta, è quella della magistratura amministrativa italiana, la prima ad attuare la propria informatizzazione, che ha creato attraverso un sito, “Portale della Giustizia Amministrativa”, la scrivania elettronica del magistrato. La Valle d’Aosta è la Regione-pilota. Dal primo progetto, che si riferiva all’informatizzazione delle procedure dei ricorsi al TAR, attualmente è esistente la dotazione domestica, per tutti i magistrati, dei servizi di posta elettronica e del sito. Il nuovo sistema della giustizia amministrativa mira alla centralizzazione informativa, ovvero a collegare, presso il CED Consiglio di Stato, tutte le Istituzioni coinvolte: Consiglio di Stato, T.A.R., magistrati, etc..
Maurizio Consoli, Comune di Catania, presenta l’esperienza del progetto EtnaInWeb. Si tratta di servizi telematici per i cittadini, erogati in rete dal Comune: servizi informativi e, tramite il collegamento EtnaInWeb, servizi interattivi. Questi ultimi sono sostitutivi ed integrativi dei servizi agli sportelli o tradizionali (pagamenti, rimborsi, consultazione dell’Albo Pretorio comunale, etc.), e si dividono in due categorie: servizi ad accesso libero (autocertificazione, elenco medici di base e pediatri, servizio videoscreaming, e-learning, etc.), e servizi con autenticazione (pagamento on line con carta di credito, cambio di residenza, pagamento di contravvenzioni, etc.). Il tema dell’autenticazione dell’utente per l’accesso ai servizi in rete della P.A., come è noto, pone molteplici problemi.

La terza sessione è presieduta dal Prof. Bruno Caruso, dell’Università degli Studi di Catania, ed è dedicata al lavoro pubblico nella prospettiva informatica e telematica.
Sergio Cosentino, dottorando di ricerca presso l’Università degli Studi di Catania, espone il progetto “Lgs” sul diritto del lavoro elaborato dall’Università di Catania (www.lex.unict.it/eurolabor/lgs/), che consiste in un osservatorio telematico sulla giurisprudenza in materia di diritto del lavoro nella Regione Sicilia. L’intento è quello di salvaguardare il patrimonio giuridico quotidianamente formato nelle aule. “Lgs” è anche una nuova sezione di “Labourweb”, sito elaborato dal centro di Diritto del lavoro “Massimo D’Antona”, attualmente suddiviso in tre sezioni, di cui Lgs sarà la quarta. All’interno di Lgs si sta elaborando un Dossier sul mercato del lavoro, ovvero un piccolo manuale sulla regolamentazione del mercato del lavoro europeo.
Lucio Maggio, Università degli Studi di Catania, parla dell’esperienza del TIMAD, Centro di ricerca sulle tecnologie informatiche e multimediali applicate al diritto: vi partecipano giuristi, informatici e ingegneri dell’Università; al progetto aderisce il CNR con l’ITTIG. Lgs è un debutto del TIMAD in rete, frutto dell’osservazione di esperienze analoghe, cerca di fornire uno strumento sempre più valido soprattutto per studiosi e ricercatori della materia.
Il tema del telelavoro è affrontato da Domenico Trapanese, avvocato e dottore di ricerca all’Università degli Studi di Catania. Il relatore prende le mosse dalla differenza semantica tra “teleamministrazione” e “telelavoro”: il primo concetto si riferisce all’utilizzo di attrezzature telematiche da parte della P.A. e richiama la metafora dell’innovazione amministrativa; il secondo invece riacquista alla parola il senso di distanza nello svolgimento del lavoro. Il telelavoro, infatti, è legato alla flessibilità, una flessibilità tecnico-operativa (art. 36 D. lgs. 165/2001, l.191/1998 cd. D’Antona, Atto d’indirizzo ARAN 13 gennaio 1999, DPR 70/1999) e si riferisce al solo personale già in servizio. Esso indica una nozione di lavoro diversa da quella di lavoro a distanza; il telelavoro, infatti, si compone di “delocalizzazione” ed utilizzo di ICT. L’art. 3 del DPR 70/1999 indica le tre forme possibili di telelavoro:
– cd. home-based work o telelavoro a domicilio, la cui disciplina rischia di sovrapporsi con quella del lavoro a domicilio (l. n° 877/1973);
– cd. telelavoro argonautico o mobile, indicante un singolo lavoratore con “valigetta informatica”;
– cd. telelavoro in centri satelliti o decentrato, che indica un gruppo di lavoratori situati in una base di lavoro periferica.
La delocalizzazione del lavoro comporta alcuni problemi: la competenza territoriale e l’appartenenza a fori diversi; la definizione di postazione di lavoro (art. 5 DPR 70/1999 e D.lgs. 626/1994); la deliberazione dell’Autorità per l’informatica nella P.A.; le osservazioni in materia di comodato; il “diritto alla socialità” del telelavoratore; la sicurezza del telelavoro; la volontarietà del telelavoro. Tutti spunti per una riflessione unitaria sulla disciplina.
L’esperienza diretta di Dino Barbarossa, Presidente del Consorzio Sol.Co Catania, è quella di una cooperativa sociale che opera nel campo dell’occupazione dei soggetti socialmente deboli. Dal 2004 la cooperativa gestisce un’iniziativa, chiamata “tecnoabile”, una vetrina di nuove tecnologie per i disabili. La riflessione del relatore è che alcune fasce della popolazione sono particolarmente adatte al telelavoro. Verificato ciò, la cooperativa ha scelto una categoria tra quelle “deboli”, le donne a rischio di marginalità sociale, ha formato un gruppo coinvolgendo queste donne (80%) e donne già in servizio nelle PP.AA. (20%), ed ha attivato dodici corsi di formazione per esperte in telelavoro (l. n° 381/1991). Il risultato è sinora soddisfacente. Nel centro-nord Italia la formula è già applicata in partenariato tra settore pubblico e privato.

La quarta sessione, dedicata agli istituti programmatici ed ai nuovi principi contenuti nel d. lgs. 82/2005, è presieduta da Manlio Cammarata, Direttore della rivista telematica Interlex.
Michele Corradino, Consigliere di Stato, interviene a proposito della qualità delle regole dell’amministrazione digitale e della necessità di una regolamentazione chiara, comprensibile e condivisa. E’ questo un argomento discusso da sempre, sul quale convergono le giurisprudenze della Corte di Giustizia europea, della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato. La sua riflessione si incentra sulla necessità di “eterointegrare” il Codice dell’Amministrazione Digitale (d. lgs. 82/2005, d’ora in poi CAD) attraverso alcuni decreti delegati, di chiarire il suo rapporto con la legge e con le altre fonti in materia (Sistema pubblico di connettività, d. lgs. 42/2005, d’ora in poi SPC, e regolamento sulla posta elettronica certificata,DPR 68/2005, d’ora in poi PEC).
Ernesto Belisario, avvocato, parla della disponibilità dei dati delle Pubbliche Amministrazioni. La cd. seconda fase della digitalizzazione comporta la transizione dal documento al dato, e cioè il passaggio dal principio di documentalità al principio di disponibilità (t.u. 445/2000).
I dati della P.A. sono definiti all’art.1, comma 1, lett. m del CAD: il dato è il nucleo informativo-base dell’azione amministrativa on line; la disponibilità dei dati è definita all’art. 1, comma 1, lett. o; il capo V, agli artt. da 50 a 57 si occupa della disciplina della disponibilità dei dati; il fascicolo informatico è disciplinato dall’art. 41, commi 1 e 2. I limiti della disponibilità dei dati così concepita risiedono nella disciplina della tutela dei dati personali e nella normativa comunitaria (Direttiva n° 98/2003), sul riutilizzo delle informazioni del settore pubblico e sulla loro commercializzazione. I benefici invece consistono in: trasparenza dell’azione amministrativa tramite l’accesso telematico (art. 52), già variamente affermata (art.59 DPR 445/2000 e atr. 2 d. AIPA 51/2000); ottimizzazione delle risorse; razionalizzazione dei flussi normativi (art. 60 DPR 445/2000). Oggi, secondo il CAD, l’amministrazione titolare è tenuta a predisporre, gestire, erogare “i servizi informatici all’uopo necessari”. Riguardo ai costi della circolazione dei dati (art. 50): prima erano rimborsati all’amministrazione cedente dalla richiedente, oggi tali costi non esistono (in conformità all’art. 43), fatta eccezione per quelli straordinari. La disciplina sulla sicurezza dei dati e dei sistemi (art. 51) si somma ai manuali di normative sulla sicurezza che le amministrazioni già possiedono, e si prevede la creazione di almeno altri due manuali, in sede di adozione di regole tecniche. La conservazione dei dati e leggibilità dei documenti sono disciplinati secondo il formato (art. 16 DPCM 31 ottobre 2000) e secondo i requisiti necessari (d. AIPA 51/2000).
Marina Pietrangelo, ITTIG di Firenze, affronta il tema del nuovo diritto all’uso delle tecnologie, riconosciuto per la prima volta nell’ordinamento interno con l’art. 3 del CAD. L’articolo 3 riconosce il diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie nei limiti del Codice. Il Codice riconosce una nuova categoria di diritti, dà al cittadino nuova partecipazione democratica ed a tali diritti deve corrispondere un determinato comportamento della pubblica amministrazione. La legge “Stanca” (l. 9 gennaio 2004, n° 4) tutela il diritto di accesso (art. 1, comma 1), anche in riferimento ai soggetti disabili (art.1, comma 2). Inquadra un nuovo diritto: l’autodeterminazione informatica, cioè il “lato attivo” della libertà informatica (art. 8 della Carta di Nizza), laddove il “lato passivo” si basa i dati personali (ora diritti fondamentali).
Queste le “luci”, sulla tutela del diritto all’accesso nei rapporti con la P.A., ma ci sono le “ombre”. Accedere allo strumento informatico è il vero nodo, ragionando di divario digitale. Quest’ultimo si compone di due problematiche: l’alfabetizzazione informatica e la diffusione – servizio universale, copertura di tutto il territorio, banda larga, etc.-. Da questo punto di vista, la Carta di Nizza è stata un’occasione persa: riguardo alla libertà di espressione e di informazione essa non menziona le tecnologie. Eppure il dibattito sull’accesso telematico, apertosi con studi sociologici negli anni ’80, prosegue; per esempio l’Associazione Eurocity ha elaborato una Carta dei diritti elettronici che si approva il 7 luglio a Manchester; queste iniziative non sono attuate da giuristi o istituzioni, se ne auspica il riconoscimento positivo del legislatore.
Ruggero Manetti, avvocato, illustra la situazione dei rapporti tra CAD e Codice sulla Privacy (d. lgs. 196/2003). “Chi fornisce dati alla pubblica amministrazione dev’essere tutelato”, riferendosi alle parole di S. Rodotà (Intervista sulla Privacy e la Libertà, Bari 2005). L’amministrazione elettronica necessita di rapidità, efficienza, economicità, trasparenza, non può ostacolare lo sviluppo e la diffusione di una nuova “democrazia elettronica”. L’art. 3 del CAD trova fondamento costituzionale negli artt. 2 e 3, così come l’art. 2 del Codice sulla Privacy. Oggi, nell’epoca delle identità virtuali, o elettroniche, che si affiancano a quella sostanziale è necessario che dette “identità amministrative” non entrino in conflitto.
Dal raffronto tra i due codici (art. 2, comma 5 CAD e atr. 4, comma 1, lett. a Cod. Privacy) si estrapolano i principi di necessità, pertinenza, non eccedenza nel trattamento dei dati personali da parte della P.A.. Un codice deontologico per Internet prenderebbe le mosse dall’art. 18 del Codice sulla Privacy, riguardante i dati sensibili, e dall’art. 51 del CAD, comma 1 e 2.
Giuseppe Caruso, Consigliere del TAR Calabria, interviene sulla della trasposizione dei procedimenti amministrativi telematici dalla prassi al CAD, ed illustra una sentenza del TAR di Catanzaro (n° 98 del 9 febbraio 2003). Con tale esempio denuncia un modo di interpretare la realtà basato sulla forma del procedimento amministrativo e non sulla sostanza. La disciplina del documento informatico porta generalmente, secondo il relatore, a considerare più importante la forma del significato. Nel caso in esame venne ritenuto più importante il ritardo di un giorno sulla scadenza dei termini di un ricorso inoltrato via mail e la mancanza della firma digitale sul documento rispetto alla chiara manifestazione di volontà contenuta in quel documento. Il passaggio da un’amministrazione formale ad una sostanziale non sembra ancora del tutto compiuto.

Carmelo Giurdanella, avvocato, presiede la quinta sessione, dedicata agli strumenti di interazione tra P.A. e amministrati secondo il CAD.
Giuseppe Cammarota, Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, ha trattato la tematica dell’organizzazione e della erogazione dei servizi pubblici in rete alla luce della disciplina contenuta nel CAD (artt. 63 e ss.).
Il testo rivisto dell’intervento è disponibile in questa Rivista, sezione Semplificazione ed Innovazione (Note e Commenti).
Fabrizio Traina, avvocato, affronta il tema del cambiamento del quadro normativo in materia di firma digitale e documento informatico nella P.A. Il coordinamento tra legislazione comunitaria e nazionale, in materia di firma digitale e documento informatico nella P.A., è stata completata a seguito dell’emanazione del DPR 137/2003. L’enunciazione dei principi di primarietà ed originalità erano già stati affermati dal DPR 513/1997. Il CAD recepisce queste due normative sul documento informatico, indicandolo come strumento di razionalizzazione e semplificazione. All’art. 40 il CAD indica come obbligatoria l’adozione di documenti informatici originali per le pubbliche amministrazioni fornite di risorse tecnologiche idonee, lasciando aperto il dibattito sul divario digitale. Tra le questioni più urgenti sulla firma digitale ci sono: l’efficacia probatoria, l’inversione dell’onere della prova, e, proiettandosi in un futuro forse prossimo, l’esistenza del cd. “computer quantistico”, in grado di rendere non più sicuro il sistema delle chiavi asimmetriche attualmente alla base della firma digitale.
Angelo Giuseppe Orofino, avvocato, rileva le problematiche delle misure di conoscenza nell’impianto del CAD. L’affidamento dei privati, infatti, si collega all’importanza della pubblicazione: secondo l’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato, la pubblicità informatica, rispetto alle procedure di evidenza pubblica, concorre validamente alla conoscenza. Il CAD prevede che la disciplina generale per la pubblicità telematica sia suscettibile di integrazioni, ai fini della certezza del cittadino-utente. Le sentenze in tema di “adeguata e idonea pubblicità” sono state sinora discordanti. Ciò è dovuto anche al fatto che siti tanto diversi forniscono diversa pubblicità.
La disciplina delle misure di conoscenza individuali è invece contenuta non solo nel CAD, ma anche nel DPR 137/2003 (firma digitale) e nella disciplina della posta elettronica certificata (DPR 68/2005). La posizione dell’Autorità per il mercato e la concorrenza, se non smentita, conduce, dunque, a pensare ad una normativa che preveda la sostituzione delle pubblicazioni nella Gazzetta Ufficiale con pubblicazioni su siti web.
La relazione di Daniele Marongiu, dottorando di ricerca presso l’Università di Cagliari, approfondisce la tematica della trasmissione del documento informatico tramite posta elettronica certificata. La posta certificata, prevista in astratto dal t.u. 445/2000 (art. 14), oggi è disciplinata dal CAD ed in dettaglio dal DPR 68/2005; per le regole tecniche, terzo livello della normazione, si attende il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (ex art. 17 del DPR 68/2005). La posta elettronica certificata rende possibile la notificazione telematica dei documenti informatici ex art. 6 CAD. Tra le problematiche sollevate dal ricorso ai sistemi di posta elettronica certificata, particolare rilevanza assume il rapporto tra PEC e firma digitale. E’ ipotizzabile che PEC e firma digitale possano essere strumenti alternativi? È possibile ipotizzare un utilizzo combinato dei due strumenti? In base alla lettura fornita dal relatore dei disposti degli artt. 47 e 48 del CAD, si tratta di strumenti diversi e complementari.

La seconda giornata del convegno si apre con la sesta sessione, presieduta da Nicola Palazzolo, ed è dedicata all’approfondimento del CAD “tra democrazia e Costituzione”.
Agatino Cariola, Università degli Studi di Catania, affronta il tema dei rapporti tra Stato, Regioni ed Enti locali, al quale il CAD dedica l’art. 14. Le diverse versioni dell’articolo che si sono susseguite (bozza, Consiglio di Stato, Conferenza Stato-Regioni) hanno sempre mantenuto la priorità della valorizzazione delle autonomie. Allo Stato, secondo l’art. 117 Cost. (l. Cost. 3/2001), spetta la competenza del coordinamento informativo, statistico-informatico dei dati, ai fini dell’omogeneità dei dati stessi. La Corte Costituzionale controlla l’ingerenza statale sulle competenze regionali e la ha avvallata o stemperata con la sentenza n° 17 del 2004. Successivamente nelle sentenze n° 31 e 35 del 2005 la Corte Costituzionale ha inteso, ridisegnando il rapporto tra Stato e Regioni, l’art. 117 e ss. in un quadro non di competenza bensì di sussidiarietà e di integrazione di competenze. Il fatto tecnico, inoltre, riduce le competenze decisorie regionali, ma anche quelle statali, poichè lo Stato si limita a recepire standard e criteri tecnici, riducendo l’aspetto politico degli interventi normativi. Ne è scaturito l’ art. 14 CAD, per il quale lo Stato detta anche le regole tecniche, conformi agli indirizzi utili. Il senso generale del Codice sembra però disegnare un modello istituzionale in cui il rapporto si inverte a favore degli esecutivi regionali.
Emilio Castorina, Università degli Studi di Catania, affronta il tema delle disposizioni transitorie e finali del CAD.
Il testo dell’intevento è disponibile su http://www.interlex.it/forum10/relazioni/38castorina.htm.
La relazione di Paola Piras, dell’Università di Cagliari, è volta a sottolineare il contributo del CAD alla valorizzazione dell’organizzazione amministrativa.
La rivalutazione del profilo organizzativo è trattata negli artt. 2 e 12: il sovradimensionamento dell’apparato amministrativo, considerato un impedimento, è riassorbito dall’informatizzazione, che in questo senso è un mezzo non un fine. Il disagio nel coordinamento tra il vecchio e il nuovo assetto fa parte, secondo la relatrice, dei fisiologici cicli evolutivi dell’ordinamento.
L’aspirazione ad un’amministrazione condivisa si ricava invece dagli artt. 4 e 9: l’art. 4 introduce la possibilità di accesso, mentre l’art. 9 sancisce che lo Stato favorisce l’uso delle tecnologie ai fini della partecipazione dei cittadini, quindi sancisce un nuovo diritto sociale essenziale per esercitare i diritti fondamentali. La riflessione si sofferma sul termine “favorire”: è una dichiarazione di volontà troppo blanda per la natura del diritto sociale in esame. Il concetto di amministrazione condivisa, oltretutto, si scontra con la “deviazione culturale” delle pubbliche amministrazioni chiuse a qualunque forma di comunicazione. Sarebbe pertanto auspicabile favorire un atteggiamento aperto alla costruzione di una rete, altrimenti il cambiamento derivante dall’innovazione risulterà svuotato.
La creazione di un nuovo diritto risulta chiara dal combinato disposto degli artt. 3 e 8; la questione che sembra cruciale è l’azionabilità di questo diritto. Il divario digitale è più forte tra amministrazioni che tra amministrazione e utenza.
Manlio Cammarata, interviene a proposito di e-content, accesso e libertà fondamentali nel CAD, sottolineando, tra l’altro, la concreta fattibilità del progetto di realizzare la Gazzetta Ufficiale on line (sul punto, http://www.interlex.it/accesso/gu_10anni.htm).

La settima ed ultima sessione, presieduta da Giovanni Duni, dell’Università di Cagliari, chiude i lavori del Convegno con alcune riflessioni de iure condendo.
Isabella D’Elia, ITTIG di Firenze, incentra la sua riflessione sulle tecniche di normazione per il riassetto in materia di società dell’informazione, e fornisce degli spunti di riflessione sul tema. Infatti, la normativa in materia di società dell’informazione è ormai complessa, il Consiglio di Stato sta affrontando il tema della perimetrazione del Codice, ed il CNR sta cercando di sistemarla in un “Repertorio sistematico della normativa statale ed europea”, con note di coordinamento e testo integrale. Le tecniche di normazione per il riassetto in materia di società dell’informazione vanno infatti sistemate alla luce di una riflessione che è attualmente in corso.
Guido Scorza, Cirsfid di Bologna, riflette sul ruolo del documento informatico nel processo. Anzitutto si sofferma su questa epoca di “governo della tecnologia”: un Paese analfabeta in termini informatici che viene dotato di strumenti avanzati non può che scontrarsi al più presto con la questione del divario digitale. Il CAD sembra confermare questo atteggiamento. E’ lampante l’esempio del paradosso del commercio elettronico: il CAD disincentiva il commercio elettronico proprio oggi che in Europa viene sancito come strumento futuro della piccola e media impresa.
La problematica di base consiste nella confusione ancora esistente tra atto e documento, tra contenente e contenuto. L’efficacia probatoria del documento informatico è regolata dal CAD all’art. 21, secondo libera valutazione del giudice, “tenuto conto delle sue [del documento] caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza”; il relatore richiama l’attenzione sul collegamento che il CAD crea tra l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. (art. 21, comma 2) e il documento informatico, per asserire poi che sembra più rispondente la disciplina dell’art. 2712 c.c. (e dell’art. 161 c.p.c.).
Enrico De Giovanni, Capo Ufficio Leglslativo del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, tiene l’intervento di chiusura del Convegno. Il relatore accoglie le suggestioni di questo Convegno e si sofferma sulle difficoltà incontrate nell’elaborazione del CAD.
Tuttavia, continua il relatore, il CAD, sebbene migliorabile, è comunque un tassello fondamentale nel complesso processo di informatizzazione dell’attività dei pubblici poteri. Attraverso il CAD, infatti, per la prima volta, si è cercato di fornire un quadro di disciplina generale dell’informatizzazione pubblica.
Il relatore auspica, infine, che le risorse finanziarie vengano indirizzate in maniera strategica e che questo genere di incontri conducano in futuro ad un miglioramento dell’impianto del CAD.


Laura Sanna