Legittimo il fondo statale per l’efficienza e la produttività del trasporto pubblico locale

08.06.2005

Corte costituzionale, 8 giugno 2005, n. 222

Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dalla Regione Emilia-Romagna avverso il Presidente del Consiglio dei Ministri

Norme impugnate e parametri di riferimento:
La Regione ricorrente ha impugnato l’art. 4, comma 157 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), che prevede la costituzione di un apposito fondo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il generico fine del conseguimento di risultati di maggiore efficienza e produttività dei servizi di trasporto pubblico locale.
Secondo la Regione Emilia-Romagna, non spetterebbe allo Stato istituire un fondo ministeriale a destinazione vincolata in una materia di potestà residuale regionale, né ripartire le relative risorse con d.P.C.M. dopo avere semplicemente “sentito” la Conferenza unificata.

Argomentazioni della Corte:
La Corte costituzionale, riconosciuto innanzitutto che la materia del trasporto pubblico locale rientra nella potestà residuale regionale, ribadisce che nel nuovo sistema di autonomia finanziaria di cui all’art. 119 Cost non è di regola consentito allo Stato (fatte salve le eccezioni previste dall’art. 118, comma 1, 119, comma 5 e 117, comma 2, lett. e) Cost.) né prevedere propri finanziamenti in ambiti di competenza regionali, né istituire fondi settoriali di finanziamento delle attività regionali.
Nell’attuale situazione di perdurante inattuazione dell’art. 119 Cost., la Corte riconosce come la disciplina di riferimento per il finanziamento del settore del trasporto pubblico locale vada tuttora individuata nell’art. 20 del d.lgs. n. 422 del 1997, che al comma 5 stabilisce le modalità di trasferimento delle risorse erogate dallo Stato. Poiché la norma impugnata propone un meccanismo di finanziamento analogo a quello indicato dall’art. 20 del d.lgs. n. 442, a detta della Corte questo appare al momento sufficiente a giustificare l’intervento finanziario dello Stato.
L’unico problema è dato, in realtà, dall’esigenza di garantire un maggiore coinvolgimento delle Regioni nei processi decisionali concernenti il riparto dei fondi, prevedendo che il dPCM di riparto sia adottato non solo “sentita” la Conferenza unificata, bensì d’intesa con quest’ultima.

Decisione della Corte:
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 157 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 nella parte in cui stabilisce che la dotazione del fondo venga ripartita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza unificata, anziché prevedere la previa intesa con quest’ultima.

Giurisprudenza richiamata:
– sul divieto per il legislatore statale di porsi in contrasto con i criteri e limiti che presiedono al nuovo art. 119 Cost., che non consentono finanziamenti di scopo per finalità non riconducibili a funzioni di spettanza statali: Corte costituzionale, sent. n. 423 del 2004;
– sul divieto per lo Stato di prevedere, nell’ambito del nuovo Titolo V della Costituzione, propri finanziamenti in ambiti di competenza delle Regioni: Corte costituzionale, sent. nn. 160 e 77 del 2005, 320 e 49 del 2004;
– sul divieto per lo Stato di istituire, nell’ambito del nuovo Titolo V della Costituzione, propri finanziamenti in ambiti di competenza delle Regioni: Corte costituzionale, sent. nn. 16 e 370 del 2003;
– sulla possibilità per lo Stato di derogare ai limiti di cui ai punti precedenti solo negli specifici casi previsti negli artt. 118, comma 1, 119, comma 5 e 117, comma 2, lett. e) Cost.: Corte costituzionale, sent. nn. 77 del 2005, 49, 16 e 14 del 2004

a cura di Elena Griglio