Statuto Umbria Corte costituzionale, 6 – 15 dicembre 2004, n. 378

13.04.2005

Corte costituzionale, 6 – 15 dicembre 2004, n. 378

Il Governo ha impugnato gli articoli 9, comma 2; 39, comma 2, 40, 66, commi 1 e 2; 82 dello Statuto della Regione Umbria. Anche il consigliere regionale Carlo Ripa di Meana ha impugnato la delibera statutaria per violazione delle norme di procedura stabilite dall’art.123 Cost. per l’approvazione dello Statuto.
La Corte costituzionale ha preliminarmente considerato inammissibile il ricorso promosso dal consigliere regionale, in quanto in base alla l.cost.1/48, solo il Governo e le Giunte regionali sono gli organi legittimati ad adire in via principale il giudice costituzionale. Non si ravvisa perciò alcuna facoltà dei consiglieri regionali di impugnare delibere statutarie o atti normativi regionali.
Sulle questioni sollevate dal governo, la corte ha stabilito:
· L’inammissibilità della censura riferita all’art.9 (tutela di altre forme di convivenza), in base al presupposto per cui le finalità e i principi contenuti negli statuti non hanno valore giuridico vincolante e sono quindi insuscettibili di ledere principi costituzionali. Da ciò discende che gli statuti sono fonti regionali a competenza riservata e specializzata, e in quanto tali devono essere sempre subordinati ai precetti e ai principi della Costituzione.
· L’infondatezza delle censure mosse all’art.39, comma 2, (regolamenti in delegificazione), poiché l’adozione del regolamento è sempre subordinata alle ‘norme generali regolatrici della materia’ indicate dalla legge regionale, senza alcuna alterazione dei rapporti tra esecutivo e legislativo a livello regionale, e in conformità con la ratio del modello previsto dall’art.17, comma 2 della legge 400 del 1988.
· La non fondatezza della questione di legittimità riferita all’art.40, in quanto la norma non intende attribuire il potere di delega legislativa in capo al Consiglio, ma mira solo a conferire alla Giunta la possibilità di presentare un progetto di testo unico con fini di riordino e semplificazione della legislazione regionale esistente.
· L’illegittimità costituzionale dell’art.66, commi 1 e 2, poiché la disciplina della materia dei ‘casi di ineleggibilità e incompatibilità’ è affidata dalla Costituzione alla legge regionale e non alla fonte statutaria. Per illegittimità consequenziale la Corte censura anche il terzo comma dell’art.66.
· L’infondatezza del ricorso contro l’art. 82, dato che la Commissione di garanzia prevista dalla legge regionale ha un potere consultivo da esplicarsi mediante pareri, con evidente impossibilità di sindacare in maniera giuridicamente vincolante le leggi e i regolamenti regionali.

a cura di Rosella Di Cesare