Il buon federalismo: il “manifesto” delle imprese – Resoconto convegno

04.04.2005

Confindustria Lazio 

Roma, 16 marzo 2005

I lavori, svoltisi presso il Complesso Monumentale del San Michele a Ripa Grande a Roma, si sono aperti con il saluto del Presidente di Confindustria Lazio, Cav. Lav. Giancarlo Elia Valori, cui ha fatto seguito l’intervento del Presidente della Camera dei deputati, On.le Pier Ferdinando Casini il quale ha osservato che il federalismo, oggi non più oggetto di mero esercizio intellettuale come in passato ma realtà pulsante, rappresenta una scelta istituzionale nella quale sono riposte numerose aspettative in termini di modernizzazione del paese. Alla riscrittura del Titolo V della Costituzione devono ora seguire buone pratiche e l’assunzione da parte di tutti i protagonisti del mondo politico, sociale ed economico di comportamenti volti a favorire l’edificazione e il corretto funzionamento a regime di un assetto federale dei poteri pubblici nell’ambito del principio di unità della Repubblica sancito dall’articolo 5 della Costituzione. Il modello di federalismo cui ambire deve infatti essere di tipo cooperativo e solidale, di modo che al suo interno possa trovare attuazione quel principio di pari dignità istituzionale tra le diverse istituzioni locali che si pone in apertura del nuovo Titolo V della Costituzione. All’interno del processo attuativo il principio di sussidiarietà, ha osservato il Presidente Casini, deve costituire oggetto di valorizzazione senza però che per questo si venga ad innescare una sorta di corsa all’accaparramento delle funzioni da parte dei diversi livelli di governo con evidenti rischi specie in termini di neo centralismo regionale. A conclusione dell’intervento è stata infine sottolineata l’importanza del ruolo che il mondo delle imprese può ricoprire, in una logica di convergenza con l’operato delle istituzioni, nell’attuare il modello federale.
Il Ministro per gli Affari regionali, On.le Enrico La Loggia, ha aperto il suo intervento osservando come la novella del Titolo V della Costituzione non abbia costituito una buona riforma, non solo perchè approvata dalla sola maggioranza, ma anche perchè essenzialmente frutto di un’attività di stralcio operata nei confronti del ben più organico progetto elaborato dalla Commissione bicamerale per le riforme istituzionali presieduta dall’On.le D’Alema. A ciò si sono poi aggiunte delle carenze e dei difetti riguardanti il contenuto della riforma stessa: la cancellazione del limite dell’interesse nazionale quale clausola generale di tutela del principio di unità della Repubblica e l’inclusione nell’elenco delle materie di legislazione concorrente di troppo ampi settori di disciplina. A fronte di tale quadro, il Governo e la maggioranza attuali si stanno muovendo su diversi ambiti di intervento: se con la legge n.131 del 2003 si è provveduto a porre le prime norme per l’attuazione del dettato costituzionale, con il d.d.l. di riforma della parte seconda della Costituzione approvato in prima lettura da entrambi i rami del Parlamento si sta tentando di correggere e completare la precedente riforma costituzionale andando in particolare ad incidere sulla struttura del Parlamento, sulla forma di governo, sui poteri del Presidente della Repubblica e sulla composizione e sul funzionamento della Corte costituzionale. Particolare attenzione viene poi posta all’esigenza di valorizzare il principio di sussidiarietà orizzontale e di procedere all’attuazione del federalismo fiscale.
A seguire l’on.le Massimo D’Alema ha osservato che il tema del federalismo va dibattuto all’interno di un quadro che non può prescindere dalla realtà del paese la quale si caratterizza oggi per una costante riduzione della produzione industriale, per un’accentuazione dei conflitti politici e sociali che stanno assumendo toni sempre più aspri e per la perdita di competitività rispetto, non solo ai paesi emergenti, ma anche a Francia e Germania che sono dotati di strutture produttive e istituzionali più mature rispetto a quelle italiane. All’interno di tale quadro il dibattito sul federalismo ha senso e significato se finalizzato all’edificazione di un assetto dei poteri pubblici più efficiente, nel quale venga valorizzata la tradizione dell’Italia quale “paese dei municipi” e in cui le Regioni si configurino, non già quale centro di gestione diretta delle funzioni amministrative, quanto piuttosto come punto di snodo delle politiche a livello territoriale. Particolare attenzione deve altresì essere posta con riguardo all’esigenza di evitare il rischio del sorgere di una situazione di eccessiva disparità tra i cittadini mediante l’apprestamento di meccanismi e procedure volti alla tutela dei diritti essenziali. Il relatore ha osservato che allo stato attuale il processo di attuazione del Titolo V della Costituzione versa in una condizione di stasi in parte dovuta alle stesse carenze e agli stessi difetti insiti nella novella costituzionale i quali si sarebbero però potuti superare con alcuni limitati interventi sul piano legislativo e costituzionale volti principalmente ad una rivisitazione dell’elenco delle materie di competenza concorrente e ad una traduzione sul piano del diritto positivo degli indirizzi emersi nella giurisprudenza della Corte costituzionale. Il d.d.l. di revisione della parte seconda della Costituzione approvato in prima lettura da entrambi i rami del Parlamento si muove invece lungo una strada diversa la quale presenta un duplice rischio: frammentazione del paese, a causa del progetto di devolution che non si capisce a quali bisogni risponda e, nel contempo, eccessivo centralismo in ragione della reintroduzione del limite dell’interesse nazionale. Per tali ragioni sarebbe opportuno favorire un più ampio confronto sul d.d.l. tra le forze politiche e sociali eventualmente anche rimandandone l’approvazione definitiva alla prossima legislatura.
L’on.le Nicola Mancino ha svolto il suo intervento dedicando una particolare attenzione al d.d.l. di revisione della parte seconda della Costituzione il quale, se da un lato non dà adeguate risposte alle esigenze di perfezionamento del Titolo V della Costituzione ma anzi introduce ulteriori elementi di criticità quali ad esempio la previsione della devolution, dall’altro è frutto della volontà della sola maggioranza la quale antepone così la logica di schieramento al perseguimento del bene pubblico. Esso contiene inoltre innovazioni fortemente censurabili con riguardo alla disciplina del Presidente della Repubblica e alle modalità di nomina dei giudici della Corte costituzionale. L’on.le Mancino ha infine posto l’accento sul dato per cui la riforma del Titolo V si è mossa nella direzione, non già dell’introduzione di un assetto federale, quanto piuttosto del rafforzamento delle autonomie territoriali il quale impone ora che al più presto si ponga mano all’attuazione dell’art.119, Cost. più volte rinviata.
A seguire l’intervento del dott. P. Marazzo e le conclusioni.

Chiara Aquili