Sulla natura istantanea del reato di omessa richiesta di autorizzazione all’esercizio di impianti di combustioneCass., Sez. III penale, 23 marzo – 13 maggio 2005 n. 17480

23.03.2005

Con la sentenza n. 17480 del 2005, la Suprema Corte affronta il dibattuto tema della natura istantanea o permanente dei reati omissivi propri in materia di inquinamento atmosferico.
Il tutto ha origine dalla condanna inflitta dal Tribunale di Vallo della Lucania al gestore di un impianto di combustione di rifiuti, in ordine ai reati accertati in data 01.12.1999, di cui agli artt. 51, comma primo e secondo, D.lgs. n. 22/1997 (attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento di rifiuti speciali, in mancanza di autorizzazione regionale e di iscrizione o comunicazione prevista dagli artt. 27/33 dello stesso decreto) e art. 24, comma secondo, D.P.R. 203/1988 (attività di combustione di rifiuti in carenza di comunicazione al Sindaco ed alla Regione). L’imputato, avverso la suddetta pronuncia, proponeva ricorso in Cassazione.
La Suprema Corte decideva per l’estinzione dei reati sopraindicati, per sopravvenuta prescrizione degli stessi, disattendendo, in tal modo, l’ormai consolidato e dominante indirizzo giurisprudenziale, in base al quale il reato di omessa richiesta di autorizzazione all’esercizio di impianti di combustione, di cui all’ art. 24, comma secondo, D.P.R. 203/1988, ha natura permanente, poiché la comunicazione di messa in funzione dell’impianto è temporalmente collegata all’accertamento di cui all’art. 8 dello stesso decreto, di tal che il reato permane finché il protrarsi dell’omissione impedisce tale accertamento (cfr. ex pluribus, Cass. n. 24189/04; Cass. n. 12710/94).
A tal proposito, si osservi che in base all’art. 8 del D.P.R. n. 203 del 1988 “l’impresa almeno quindici giorni prima di dare inizio alla messa in esercizio degli impianti, ne dà comunicazione alla Regione e al Sindaco del Comune o dei Comuni interessati”.
Con la decisione in commento, la Cassazione rileva, opportunamente, che l’obbligo di cui all’art. 8 D.P.R. n. 203/1988 – la cui violazione è penalmente sanzionata all’art. 24, comma secondo dello stesso decreto – ha natura preventiva e non consente pertanto alcun adempimento postumo; in caso contrario, osserva la Corte, si finirebbe per forzare troppo il precetto della norma, a discapito del principio di legalità in materia penale.
Del resto, la pronuncia in esame richiama un autorevole precedente giurisprudenziale, con il quale le Sezioni Unite della Cassazione avevano riconosciuto natura istantanea del reato di omessa presentazione della denuncia dei lavori e dell’avviso di inizio dei lavori in materia antisismica (cfr. Cass. SS.UU. n. 18/1999).
In altre parole, per la sussistenza del reato omissivo proprio permanente occorre che il dovere inadempiuto non sia istantaneo, cioè da adempiere in un determinato momento, ma si protragga nel tempo, rimanendo nella disponibilità del soggetto il potere di far terminare la situazione antigiuridica, attraverso il compimento, anche tardivo, dell’azione omessa.
Sul punto, la recente dottrina ha osservato che sono istantanei quei reati in cui è istantanea la condotta attiva doverosa, in quanto consistente in un’attività dinamica, modificatrice della realtà che non permetterebbe al soggetto alcun adempimento postumo; sono permanenti, invece, quei reati in cui è permanente la condotta attiva doverosa, in quanto consistente in una condotta statica e che, pertanto, se perdurante, non precluderebbe al soggetto la possibilità di svolgere altre attività (così F. Mantovani, Diritto penale, Padova, 2001, pag. 447).
La sentenza n. 17480/05 della Suprema Corte, dunque, ha il pregio di chiarire la natura dubbia della fattispecie di reato in questione nel pieno rispetto del principio di legalità in materia penale, sancito al secondo comma dell’art. 25 della nostra Costituzione.

a cura di Cesare Carini