Dirigenza di stato e sistema politico – Resoconto convegno

26.01.2005

1° dicembre 2004

Camera dei Deputati – Sala Del Cenacolo 

Lo scorso 1° dicembre, presso la Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati, si è tenuto un seminario promosso dall’Associazione unitaria dei dirigenti della Corte dei conti dal titolo “ Dirigenza di Stato e sistema politico”. Il convegno si è mosso sulle stesse linee tracciate dalla tavola rotonda che si è svolta sempre a Roma il 18 novembre 2004 sul tema : “Dirigenza pubblica a 10 anni dalla riforma della Corte dei conti (Leggi 19 e 20 del 1994). Focus su problemi aperti e nuove prospettive”.
Nel corso dell’incontro di dicembre è emerso un accordo trasversale a maggioranza ed opposizione sulla necessità di rivedere la legge sulla dirigenza pubblica, la c.d. Legge Frattini n. 145 del 2002 che – come è noto – ha recepito la radicale riforma del pubblico impiego di cui il d.lgs. n. 29 del 1993, successivamente modificato ed integrato dal d.lgs. n. 165 del 2001, ha sancito la privatizzazione.
Nell’introdurre i lavori del seminario l’Avv. Raffaele Pellegrino, Presidente dell’Associazione Adige, ferma l’attenzione sulla fisionomia assunta dalla dirigenza pubblica per effetto della riforma, ma anche delle intervenute trasformazioni istituzionali, quali l’integrazione europea e il decentramento devolutivo.
Il relatore sostiene che la privatizzazione del rapporto di lavoro dei dirigenti non abbia raggiunto l’obiettivo dichiarato della riforma di addivenire alla professionalizzazione della dirigenza pubblica attraverso la separazione tra l’indirizzo politico e la gestione amministrativa.
L’autonomia dell’amministrazione è stata messa in crisi dalla precarietà del pubblico impiego determinata dalla scelta fiduciaria del dirigente da parte del Ministro.
Ora, dalla fiducia deriva la fedeltà ma questa, per effetto della privatizzazione del rapporto di lavoro dirigenziale, si configura come fedeltà personale e non istituzionale.
La fedeltà istituzionale nasce da un’investitura che segue ad un concorso pubblico e da un giuramento fatto allo Stato (da intendersi oggi come Stato-ordinamento), mentre la fedeltà privata si incardina attraverso un contratto che crea un rapporto di convenienza e non di appartenenza. La fedeltà istituzionale non è negoziabile, la fedeltà al Ministro crea sottomissione.
Il relatore si chiede, infine, se la riforma della dirigenza sia emendabile.
Secondo la corrente di pensiero che si muove sulla base della logica del potere, della riforma, che rimane in sé valida, è stato fatto un cattivo uso; ne consegue la necessità di alcuni aggiustamenti che garantiscano a quest’impianto di funzionare bene.
Per la corrente di pensiero che si muove secondo la logica della responsabilità, invece, il sistema non può funzionare perché vi è un contrasto stridente tra il rapporto di lavoro dirigenziale che è privato e la funzione del dirigente che è pubblica.

Il seminario prosegue con l’intervento del Prof. Cesare Mirabelli che richiama il combinato disposto degli artt. 97, comma 2, e 98, comma 1, della Costituzione per affermare l’autonomia della funzione dirigenziale rispetto al potere di indirizzo politico ricordando, appunto, come sia la stessa Carta fondamentale da un lato a riconoscere ai funzionari delle sfere di competenza e delle attribuzioni proprie e dall’altro a porli al servizio esclusivo della Nazione.

L’intervento successivo è quello dell’On. Gerardo Bianco (Margherita) per il quale lo stato attuale di precarietà e di asservimento della dirigenza pubblica alla politica rischia di far perdere alla PA il suo patrimonio migliore: la competenza frutto di un processo di apprendimento continuo.
La nostra dirigenza è professionalmente preparata per cui il ricorso, che è stato fatto soprattutto in passato, a quelle strutture parallele che sono le consulenze esterne alle singole amministrazioni non può che arrecare ulteriori difficoltà all’azione amministrativa.

Per l’On. Marco Minniti il sistema dello spoils system, introdotto nell’ordinamento giuridico italiano dalla riforma Bassanini e accentuato dalla legge Frattini, ha prodotto effetti perversi sulla disciplina del pubblico impiego: avrebbe dovuto iniettare elementi di dinamizzazione nella funzione dirigenziale mentre ha di fatto determinato la precarizzazione dei dirigenti sulla cui nomina pesa l’orientamento politico piuttosto che una valutazione oggettiva e trasparente.
L’On. Minniti auspica quindi un confronto aperto e civile tra maggioranza ed opposizione per difendere l’indipendenza delle pubbliche amministrazioni dalla politica, per salvaguardare il valore costituzionale dell’imparzialità, che solo una selezione che si basi sul criterio del merito e sulla valutazione dei risultati ottenuti può garantire, e per scongiurare il rischio di infiacchimento del profilo istituzionale della funzione dirigenziale.
Il sottosegretario alla Funzione Pubblica Sen. Prof. Learco Saporito prende la parola per affermare che la pubblica amministrazione paga pegno di una legislazione che non ha mai voluto distinguere la sua riforma da quella dello Stato e che, di conseguenza, l’ha sempre condannata, soprattutto a livello periferico, a non avere mai stabilità di norme ma soprattutto di competenze. Competenze che – prosegue il senatore – per la dirigenza pubblica necessitano di una stabilità che solo un contratto pubblico può garantire.

L’On. Renzo Lusetti, componente della Commissione Lavoro della Camera, chiude il seminario con una proposta concreta: portare senza perdere altro tempo il tema del riordino della dirigenza pubblica in Parlamento, partendo magari dalla proposta di legge d’iniziativa dei deputati D’Alia, Di Giandomenico e Mongiello, presentata alla Camera (A.C. 4512) il 20 novembre 2003. Sulla base di quanto emerso nel corso dell’incontro sembrerebbe infatti possibile raggiungere in tempi brevi un accordo bipartisan sul tema in oggetto

Maria Elisabetta Fazio