L’art. 52, comma 2, del R.D. 23 ottobre 1925, n 2357 (regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto), stabilendo che “le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20 giugno 1909 n, 364 (normativa poi trasfusa da ultimo nel d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), per le antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”, individua una competenza esclusiva degli architetti nell’esecuzione delle opere indicate nel suddetto art. 52, comma 2.
Le disposizioni comunitarie (direttive 85/384/CE del 21/8/1985, 85/614/CE del 31/12/1985 e 86/17/CE del 1/2/1986) che, per agevolare l’effettivo esercizio del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi nell’ambito dei Paesi aderenti alla Unione Europea, prevedono il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati e altri titoli nel settore dell’architettura, non ostacolano la normativa nazionale, la quale riserva ai soli architetti determinati lavori, ed in particolare quelli da eseguire su immobili facenti parte del patrimonio storico e artistico (sul punto, Corte Giust. C.E., sez. V, ord. 5 aprile 2004, causa C-3/02).