Sul ricorso all’indebitamento da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, ai sensi dell’art.119, comma 6, Cost.

29.12.2004

Corte costituzionale, 29 dicembre 2004, n.425

Giudizi di legittimità costituzionale dell’art.3, commi da 16 a 21, della legge 24 dicembre 2003, n.350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004) promossi con ricorsi della Regione Siciliana, della Regione Sardegna, della Regione Marche, della Regione Emilia-Romagna, della Regione Umbria, della Regione Valle d’Aosta e della Regione Campania.

Norme impugnate e parametri costituzionali

L’art. 3 della legge n.350 del 2003 è stata impugnata nei commi da 16 a 21, i quali recano disposizioni volte a concretizzare ed attuare il vincolo di cui all’art.119, comma 6, Cost., ai sensi del quale i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni possono ricorrere all’indebitamento “solo per finanziare spese di investimento” restando inoltre esclusa “ogni garanzia dello Stato sui prestiti da essi contratti”:

– L’art.3, comma 16, stabilisce che le Regioni a statuto ordinario, i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane di arcipelago, le unioni di Comuni, i consorzi cui partecipano gli enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività avente rilevanza economica e imprenditoriale, e, ove previsto dallo Statuto, i consorzi per la gestione dei servizi speciali, nonché le aziende speciali e le istituzioni, “possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento”. Il medesimo comma al secondo periodo stabilisce altresì che “le Regioni a statuto ordinario possono, con propria legge, disciplinare l’indebitamento delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere e degli enti e organismi di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 28 marzo 2000, n.76, solo per finanziare spese di investimento”;

– L’art.3, comma 17, elenca dettagliatamente una serie di operazioni le quali costituiscono indebitamento ai sensi dell’art.119, comma 6, Cost., per gli enti di cui sopra, prevedendo inoltre che “non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato art.119, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio”. Esso inoltre aggiunge che modifiche alle tipologie di indebitamento dallo stesso previste “sono disposte con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito l’ISTAT, sulla base dei criteri definiti in sede europea”;

– L’art. 3, comma 18, elenca le operazioni che, ai fini dell’applicazione dell’art. 119, comma 6, Cost., costituiscono investimenti;

– L’art.3, comma 19, prevede che “gli enti e gli organismi di cui al comma 16 non possono ricorrere all’indebitamento per il finanziamento di conferimenti volti alla capitalizzazione di aziende o società finalizzata al ripiano di perdite. A tale fine l’istituto finanziatore, in sede istruttoria, è tenuto ad acquisire dall’ente l’esplicazione specifica sull’investimento da finanziare e l’indicazione che il bilancio dell’azienda o della società partecipata, per la quale si effettua l’operazione, relativo all’esercizio finanziario precedente l’operazione di conferimento di capitale, non presenta una perdita di esercizio”;

– L’art.3, comma 20, stabilisce che “le modifiche alle tipologie di cui ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sentito l’ISTAT”;

– L’art.3, comma 21, statuisce infine che le disposizioni testé richiamate si applicano anche alle Regioni speciali e alle Province autonome di Trento e di Bolzano “ai fini dell’unità economica della Repubblica e nel quadro del coordinamento della finanza pubblica di cui agli articoli 119 e 120 della Costituzione.

Le censure sollevate possono essere suddivise in tre categorie:

– L’art.3, comma 21, Cost., viene ritenuto essere in contrasto con l’art.10 della legge cost. n.3 del 2001 la quale prevede che le disposizioni in essa contenute possano applicarsi alle Regioni a statuto speciale solo se e nella misura in cui comportino forme di autonomia più ampie rispetto a quelle loro attribuite: nel caso di specie l’art.119, comma 6, Cost., non può trovare legittima applicazione;

– L’art.3, dai commi 16 a 20, viene censurato in quanto tendente ad estendere l’applicazione dell’art.119, comma 6, Cost., ad enti diversi da quelli espressamente indicati nel medesimo ed in ragione delle restrizioni apportate alle nozioni di indebitamento e di investimento le quali risultano illegittime e lesive dell’autonomia finanziaria regionale provinciale;

– L’art.3, commi 17 e 20, sono censurati in quanto attribuiscono al Ministro dell’economia e delle finanze il potere, sostanzialmente regolamentare, di modificare con proprio decreto le tipologie di operazioni costituenti indebitamento e investimento, in violazione dell’art.117, comma 6, Cost.

Argomentazioni della Corte costituzionale

In relazione alla prima censura sollevata, la Corte osserva che l’art.119, comma 6, Cost., nel testo novellato dalla legge cost. n.3 del 2001, non introduce nuove restrizioni all’autonomia regionale, ma piuttosto enuncia un vincolo, quale quello di ricorrere all’indebitamento solo per spese di investimento, che già nel previdente regime costituzionale e statutario il legislatore statale ben poteva imporre anche alle Regioni a statuto speciale in attuazione del principio unitario (art.5, Cost) e dei poteri di coordinamento della finanza pubblica, nonché del potere di dettare norme di riforma economico-sociale vincolanti anche nei confronti della potestà legislativa primaria delle Regioni ad autonomia differenziata. Il nuovo art.119, comma 6, Cost., trova dunque applicazione nei confronti di tutte le autonomie, oridinarie e speciali.

Con riferimento al secondo rilievo, la Corte sottolinea che il contenuto delle nozioni di “indebitamento” e di “spese di investimento” non è determinabile a priori, in modo assolutamente univoco, in quanto fondatesi su principi della scienza economica i quali richiedono però regole di concretizzazione connotate da una qualche discrezionalità politica. Ciò posto, non potendosi inoltre ammettere, a garanzia di un vincolo di carattere generale, che ogni ente, e così ogni Regione, ponga in proprio tale regole, sono legittime le definizioni che il legislatore statale ha offerto nelle disposizioni impugnate, le quali risultano peraltro ispirate ai criteri adottati in sede europea.

Infine, in relazione alla terza censura sollevata, la Corte osserva che le disposizioni impugnate conferiscono al Ministro dell’economia e della finanze una potestà il cui esercizio può comportare una ulteriore restrizione della facoltà per gli enti autonomi di ricorrere all’indebitamento per finanziare le proprie spese, con ciò traducendosi in una sostanziale delegificazione delle statuizioni che definiscono le nozioni di indebitamento e di investimento ai fini dell’applicazione dell’art.119, comma 6, Cost. Tale previsione è da ritenersi illegittima in quanto, come già sottolineato dalla Corte in precedenti pronunce, il rispetto del principio di legalità impone che l’esercizio di un potere politico-amministrativo incidente sull’autonomia regionale e locale, per essere ammissibile, deve fondarsi su previsioni legislative che ne delimitino la discrezionalità.

Decisione della Corte costituzionale

La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art.3, comma 17, quarto periodo, e comma 20, della legge n.350 del 2003, nella parte in cui riconosce in capo al Ministro dell’economia e delle finanze la competenza a modificare, con proprio decreto e sentito l’ISTAT, le tipologie di operazioni che costituiscono investimento e indebitamento ai fini dell’applicazione dell’art.119, comma 6, Cost.

Giurisprudenza richiamata

– Sul principio per cui l’esercizio da parte dello Stato di un potere politico-amministrativo incidente sull’autonomia regionale e locale può essere ammesso solo sulla base di previsioni legislative che ne predeterminino in via generale il contenuto delle statuizioni dell’esecutivo, delimitandone la discrezionalità: sentenze n.301 del 2003, n.384 del 1992, n.150 del 1982

a cura di Chiara Aquili