Il 1 dicembre 2004, presso la Corte dei Conti, si è tenuto il convegno “Politiche pubbliche e allocazione delle risorse” organizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ha aperto i lavori Francesco Staderini, Presidente della Corte dei Conti, il quale, dopo aver salutato e ringraziato il Ragioniere generale dello Stato Vittorio Grilli ed i membri del Comitato tecnico scientifico per il coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico nelle amministrazioni dello Stato, ha sottolineato l’importanza del tema affrontato relativo al rapporto intercorrente tra programmazione strategica e programmazione fiscale. Rapporto che riguarda da vicino l’intera attività del Comitato strettamente collegata, a sua volta, all’attività di valutazione e controllo strategico.
In tutti paesi più avanzati la politica fiscale e la programmazione di bilancio rappresentano il fulcro dell’economia.
Nel nostro paese il procedimento di elaborazione di tale documento si articola essenzialmente in quattro fasi diverse:
· definizione degli orientamenti generali;
· individuazione e definizione dei contenuti innovativi del bilancio annuale;
· allocazione delle risorse;
· determinazione delle linee guida delle politiche pubbliche (mediante il bilancio).
Il rapporto tra programmazione di bilancio e programmazione strategica trova il suo fondamento nell’art. 81 della Costituzione, nella l. n. 94/97 e nel successivo d.lgs. 279/97 (che hanno modificato l’impianto della l. n. 468/78).
La normativa vigente prevede, anzitutto, una distinzione fra bilancio politico, diretto a supportare il processo di pianificazione e programmazione della gestione ed articolato per funzioni e centri di responsabilità, e bilancio amministrativo, diretto, invece, a supportare le gestione ed il controllo ed articolato, in termini di contabilità finanziaria, in capitoli e, in termini di contabilità economica, in centri di costo.
Nonostante tale articolazione, secondo Staderini, la funzione allocativa del bilancio (vale a dire il rapporto tra obiettivi delle politiche pubbliche e bilancio stesso) è difficilmente evidenziabile. Questo avviene anche perché le note preliminari molto spesso si limitano semplicemente a commentare i dati contabili senza svolgere efficacemente la loro funzione di documenti programmatici.
La corrispondenza tra centri di responsabilità (CRA) ed unità previsionali, inoltre, non sempre si realizza poiché spesso queste ultime non fanno riferimento ad uno solo ma a più CRA, i quali, tra l’altro, non sempre sono costituiti in base ad una corretta analisi delle funzioni.
Infine, ad avviso di Staderini, un altro problema rilevante è quello che riguarda l’insufficienza strumenti previsti dalla normativa volti a fornire le basi per fissare gli obiettivi in relazione al bilancio politico.
Successivamente ha introdotto i lavori il Presidente del Comitato tecnico-scientifico, il Prefetto Mauro Zampini il quale, ricordando gli elementi fondamentali del processo di pianificazione quali il programma di Governo, il DPEF e la legge finanziaria, le direttive annuali dei Ministri, il rendiconto della Corte dei Conti ed il rapporto tra controllo strategico e controllo di gestione, ha sottolineato l’importanza del coordinamento e del raccordo di tutti questi fattori all’interno di un unico circuito.
A suo avviso tale raccordo tra programmazione strategica e programmazione finanziaria è possibile solo con il supporto e grazie all’attività svolta in questo frangente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
L’attività di coordinamento svolta da quest’ultima rappresenta, com’è noto, una delle principali novità introdotte dal d.lgs. 286/99, un’attività che quando si attenua porta inevitabilmente ad un rallentamento dei lavori.
Secondo Zampini, comunque, prima di chiedersi perché sia importante e necessario parlare del coordinamento tra scelte politiche e allocazione delle risorse, bisognerebbe chiedersi perché ci si pone questo interrogativo solo ora al termine della legislatura. Ciò è accaduto perché solo in questo momento i tempi sono maturi, si è dovuto attendere, infatti, il raggiungimento di un buon livello di capacità di programmazione dei singoli ministeri per poter parlare veramente ed approfonditamente del rapporto intercorrente tra programmazione strategica e programmazione economica.
Dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 286/99, infatti, in molti ministeri non esistevano ancora i Servizi di controllo interno (Secin) ed in molti casi non si aveva nemmeno la percezione di cosa bisognasse cambiare e di come bisognasse farlo.
Le novità introdotte dalla normativa del 1999 sono state profonde; sulla base di principi quali quelli di efficienza, efficacia ed economicità nonché quello di separazione tra politica ed amministrazione è iniziato il processo di introduzione e di sviluppo della cosiddetta cultura del risultato.
Laddove le novelle del d.lgs. 286/99 sono state recepite ed introdotte efficacemente (con un evidente rafforzamento del ruolo dei Secin prima considerate strutture marginali e prive di cultura manageriale) si sta registrando, soprattutto negli ultimi anni, la presenza di una vera e propria attività di programmazione strategica.
Ha poi preso la parola il Presidente onorario della Corte dei Conti, Girolamo Caianiello, il quale ha presieduto i lavori. Secondo il Presidente per oltre cinquanta anni non si è riusciti ad interpretare correttamente quanto stabilito dalla Costituzione nell’art. 97 che, parlando di “imparzialità e buon andamento”, postula chiaramente l’esistenza e, dunque la necessità, di una funzione di controllo.
Prima di arrivare ai profondi cambiamenti introdotti nel corso degli anni novanta, infatti, ha prevalso il cosiddetto controllo di legittimità e dunque un’amministrazione attenta unicamente alla conformità degli atti alla legge e non al raggiungimento degli obiettivi. In realtà, secondo Caianiello, il disegno costituzionale aveva previsto sin dall’inizio la creazione di un’amministrazione orientata al risultato, con strutture come quelle degli attuali Secin.
Il primo relatore a prendere la parola è stato Marco Pirri, membro del Comitato tecnico scientifico, il quale, in primo luogo, ha ricordato brevemente l’articolazione del processo di programmazione strategica ed i soggetti in esso coinvolti, vale a dire:
· il Ministro, che ha il compito di indicare le priorità politiche;
· i Secin (strutture che devono essere di supporto metodologico oltre che operativo);
· i vertici amministrativi, che propongono e concordano con il Ministro gli obiettivi di loro competenza nel rispetto di tempi, costi e qualità.
Il relatore si è poi soffermato sui due principali problemi connessi alla programmazione strategica ed al rapporto di quest’ultima con la programmazione finanziaria.
Il primo problema rilevante riguarda i tempi. Si tratta, in realtà, di un problema di natura più semplice rispetto al secondo (di cui si vedrà in seguito) e dunque più facilmente risolvibile.
Poiché i dieci giorni che intercorrono dalla pubblicazione della legge di bilancio (previsti dall’art. 14 del dlgs 29/1993) sono insufficienti per un completo e corretto espletamento del processo di programmazione è necessario che la struttura ministeriale si adoperi per anticipare la preparazione di tale processo.
In base a tale ottica, dunque:
· tra Febbraio e Luglio dovrebbero essere individuati gli obiettivi (avendo cura di distinguere tra obiettivi di categoria A, vale a dire eccezionali, e di categoria B, ossia ripetitivi) tutto ciò anche attraverso la realizzazione di incontri tra il Ministro ed i responsabili amministrativi, al fine di effettuare delle stime sulle risorse disponibili nel rispetto del quantum assegnato dalla programmazione economica e finanziaria.
· Tra Luglio ed Ottobre (fase ascendente) dovrebbe svolgersi l’attività di messa a punto degli obiettivi strategici (obiettivi operativi e programmatici di azione con le relative verifiche anche dal punto di vista economico-finanziario, fissazione del budget a disposizione per i vari obiettivi e stesura della bozza di bilancio previsionale).
· Tra Novembre e Dicembre, infine, si dovrebbe svolgere l’attività di consolidamento attraverso l’elaborazione della bozza finale delle direttive ministeriali e la pubblicazione della legge di bilancio.
Attraverso questo lavoro preliminare di programmazione i dieci giorni previsti dalla norma diventano un tempo congruo per poter, eventualmente, apportare delle modifiche alla direttiva ministeriale.
Il secondo problema esposto dal relatore riguarda le fasi di negoziazione del processo. Si tratta, in questo caso, di un problema particolarmente complesso che richiede una soluzione più impegnativa rispetto al problema dei tempi, in quanto si configura essenzialmente come un problema di mentalità e di comportamento.
La normativa relativa alla programmazione strategica non serve a nulla se gli attori coinvolti nel processo non agiscono. Perché tale processo funzioni efficacemente, infatti, è necessario che si instauri nell’ambito delle pubbliche amministrazioni l’abitudine ad operare attraverso gli strumenti del dibattito e della negoziazione. È necessaria, dunque, una concreta negoziazione in merito agli obiettivi ed alle risorse ai diversi livelli di responsabilità.
Secondo Pirri, in conclusione, i principali problemi legati alla programmazione sono:
· la forte frammentazione degli obiettivi;
· la rigidità delle risorse critiche (come ad esempio il costo del personale);
· le trasversalità interministeriali e all’interno dei CRA;
· ed il mancato collegamento dell’attività dei ministeri con il programma di governo.
Il secondo relatore a prendere la parola è stato Giuseppe Cogliandro, componente del Comitato tecnico-scientifico, il quale ha iniziato le sue riflessioni domandandosi se e come la programmazione strategica condizioni la programmazione finanziaria. Ad avviso del relatore la programmazione strategica influenza sicuramente quella finanziaria e viceversa, e questo condizionamento è conforme alla legge, al sistema ed è pienamente realizzabile.
Il condizionamento esercitato dalla programmazione strategica su quella finanziaria trova il suo fondamento in due disposizioni normative: l’art. 14 del dlgs. 165/2001 (già art. 14 dlgs 29/1993) secondo il quale il Ministro “ogni anno entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio (…)definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l’attività amministrativa e la gestione” e l’art. 8 del dlgs 286/1999 in base al quale il Ministro determina gli obiettivi di miglioramento “in relazione alle risorse assegnate”.
Come sottolineato precedentemente, secondo Cogliandro anche la programmazione finanziaria, a sua volta, condiziona la programmazione strategica. Tale condizionamento trova il suo fondamento nella distinzione tra bilancio politico e bilancio amministrativo prevista dalla l. n. 94/1997 e nell’art. 2 del dlgs 279/1997 in base al quale “In sede di formazione del bilancio ai sensi dell’art. 4-bis della l. n. 468/1978 gli stanziamenti dei singoli stati di previsione sono determinati esclusivamente in relazione alle esigenze funzionali e agli obiettivi concretamente perseguibili”.
Quanto previsto da tali disposizioni di legge risulta essere coerente con la logica del sistema in base alla quale l’indirizzo politico (che rappresenta secondo quest’ottica il fine) prevale sull’allocazione delle risorse (che rappresentano il mezzo).
Il rapporto tra finanza e politica, quindi, si configura come il rapporto intercorrente tra mezzo e fine. Di fatto il bilancio, una volta approvato, rappresenta il limite e la misura di ogni politica.
Questo duplice condizionamento tra programmazione strategica e programmazione finanziaria è di fondamentale importanza per la concreta realizzazione degli obiettivi politici perseguiti da ciascun Ministro e, dunque, in un’ultima analisi, dall’intero Governo tuttavia ancora molte sono le difficoltà che ostacolano una piena realizzazione di tale rapporto.
Il relatore ha sottolineato, in particolare, come l’allocazione delle risorse troppo spesso non tenga conto dei programmi: quasi tutte le note preliminari, nonostante si sia registrato un netto miglioramento negli ultimi anni, non assolvono alle funzioni previste dal legislatore e spesso la programmazione strategica ha inizio dopo l’allocazione delle risorse effettuata tramite il bilancio.
Il relatore, dunque, si trova concorde con Pirri nel sottolineare la necessità di anticipare il processo di programmazione strategica al fine di migliorare il rapporto tra quest’ultima e la programmazione finanziaria. Per far questo appare utile ripercorrere le fasi del processo di programmazione strategica così come descritte dalla direttiva Berlusconi dell’8 novembre 2002.
Ha concluso il Convegno l’intervento del Ragioniere generale dello Stato Vittorio Grilli, il quale ha sottolineato, anzitutto, come l’amministrazione della cosa pubblica sia divenuta sempre più complessa negli ultimi anni a causa di vincoli esterni (in particolare vincoli collegati all’internazionalizzazione) e di vincoli interni (in particolare la riduzione delle risorse a disposizione per la P.A.), scaturenti entrambi dalla maggiore consapevolezza dell’importanza della rendicontazione dell’azione pubblica e della sua trasparenza.
Per una corretta ed efficace gestione della cosa pubblica sono necessari strumenti, processi e metodologie adeguati a consentire l’instaurazione di un altrettanto efficace rapporto tra programmazione strategica ed azione amministrativa.
Secondo Grilli molto spesso si discute delle modalità attraverso le quali è possibile far discendere l’azione amministrativa dal processo di programmazione da parte del vertice politico senza tenere nella dovuta considerazione due elementi di fondamentale importanza, la consultazione e la rendicontazione. Tali elementi, infatti, rappresentano l’input della programmazione in quanto contengono informazioni fondamentali per dare avvio a quest’ultima.
Dal 2000 la Ragioneria generale dello Stato sta perfezionando un sistema di contabilità economica che dovrebbe divenire un elemento di ausilio per l’amministrazione nella sua attività gestoria. Il Ragioniere generale, in particolare, ha sottolineato la necessità di riorganizzare la contabilità pubblica ed il controllo di gestione, rendendo operativa la metodologia di analisi costi- benefici.
A suo avviso il nuovo modello di programmazione dovrebbe basarsi sui seguenti principi cardine:
· individuazione di politiche pubbliche ben identificate e valutate in termini di impatto sul bilancio (sia annuale che pluriennale);
· individuazione delle priorità degli interventi grazie ad un accurato processo di valutazione costi-benefici;
· responsabilità nel conseguimento degli obiettivi (rendicontazione, verifica dei risultati e individuazione delle responsabilità);
· trasmissione ai cittadini in un linguaggio comprensibile anche ai “non addetti ai lavori”.
È necessario, dunque:
· identificare le missioni ed i progetti che costituiscono l’ambito della programmazione di Governo;
· essere d’accordo sulle metodologie di analisi al fine di valutare non solo costi e benefici ma anche la responsabilità;
· prevedere delle regole comuni di rendicontazione (valide per tutta la P.A.).
Per far questo appare di fondamentale importanza un coinvolgimento attivo di tutti gli attori e, come già sottolineato da Pirri, un cambiamento di mentalità e comportamento.
L’approfondimento ed il ripensamento degli strumenti e delle metodologie utilizzate per la programmazione strategica nonchè dei processi di rendicontazione e controllo di gestione rappresentano, secondo Vittorio Grilli, la base per poter far fronte alle esigenze di efficienza, efficacia e trasparenza della gestione della cosa pubblica.