La “tutela della salute” nella “riforma della riforma” del Titolo V° della Costituzione: una “devolution mitigata”?

01.12.2004

Nel disegno di legge costituzionale n. 2544-B approvato in prima lettura il 15 ottobre 2004 dalla Camera dei Deputati, la “tutela della salute” non compare più tra le materie di competenza legislativa concorrente (art. 117, comma 3°), risultando “ritagliata” come segue: le “norme generali sulla tutela della salute” sono attribuite alla competenza legislativa esclusiva statale (art. 117, comma 2, lett. m-bis); l’“assistenza e organizzazione sanitaria” spettano alla competenza legislativa esclusiva regionale (art. 117, comma 4, lett. a; c.d. devolution). Il secondo spezzone di materia, in versione identica, risultava già nel testo di riforma approvato in prima lettura dal Senato il 25 marzo 2004, mentre il primo costituisce una novità assoluta per il settore sanitario, ma non per il legislatore costituzionale che aveva già utilizzato la medesima dizione nel testo vigente in materia di istruzione, attribuendo alla competenza statale esclusiva le norme generali in detta materia (art. 117, comma 2, lett. n).

Non è certo questa la sede per indagare le finalità, i contenuti ed i possibili effetti di tale prospettata modifica, anche in relazione all’assetto vigente della materia; ci si limiterà, pertanto, ad alcune brevi considerazioni.

Concentrando l’analisi sugli obiettivi perseguiti dalla proposta modifica, non sembra spendibile l’argomento della “semplificazione” volta ad evitare l’intreccio tra principi fondamentali da un lato, e legislazione di disciplina e di dettaglio dall’altro, proprio delle competenze concorrenti, in quanto alla tradizionale dicotomia comportante una non ben definita – ma in ogni caso indagata non solo dalla scienza giuridica ma anche dalla stessa giurisprudenza costituzionale – linea di demarcazione spesso foriera di ampie intrusioni statali nell’autonomia regionale, si sostituisce quella – tutta da esplorare – tra norme generali in materia di tutela della salute e norme relative all’assistenza e organizzazione sanitaria.

In via di prima approssimazione, si può ritenere che le norme generali, lungi dall’individuare una materia, indicano una tipologia di fonti che abbraccia trasversalmente l’intera materia della tutela della salute che, come già evidenziato, non compare più tra le materie di competenza concorrente (art. 117, comma 3°). Diviene decisivo, pertanto, stabilire se “assistenza e organizzazione sanitaria” debbano essere considerate: a) un segmento della materia “tutela della salute”, nel qual caso le norme generali statali sul punto possono predeterminare le scelte regionali; b) una materia diversa rispetto alla tutela della salute, ed allora l’autonomia regionale risulterà “piena” in quanto non orientata dalla legislazione statale “generale” sul punto.

Posto che la prospettiva sub a) sembra invero quella più ragionevole, non solo alla stregua del criterio apagogico ma anche alla stregua di quello “storico-normativo”, diviene decisivo stabilire sin dove possano spingersi le “norme generali” nel disciplinare la tutela della salute. Sul punto, si può ritenere sin d’ora che il concetto utilizzato indichi senz’altro – almeno sotto il profilo quantitativo – qualcosa in più dei “principi fondamentali”, attuale confine tra legislazione statale e regionale in sede di competenza concorrente (art. 117, comma 3° Cost.). Ciò posto, peraltro, non è dato comprendere quale sia l’esatta linea di demarcazione tra “principi fondamentali” e “norme generali” della materia e tra queste ultime e le altre norme (“particolari”?) attribuite alla legislazione regionale in via esclusiva e residuale. E’ di immediata evidenza, infatti, la non omogeneità tra i criteri di riparto adoperati: da un lato la natura generale della fonte (comma 2, lett. m-bis); dall’altro, due sub-materie della tutela della salute (comma 4, lett. a). Non omogeneità che lascia intravedere un aumento sul punto del già sostanzioso contenzioso tra Stato e Regioni.

A prescindere dalla ricostruzione prescelta, resta ferma la potestà legislativa esclusiva statale di determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto sociale a trattamenti sanitari, a cui la stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 282/2002 ha attribuito la natura di compito trasversale in grado di derogare alla potestà legislativa regionale sub comma 3° e 4° dell’art. 117 Cost.

Il nuovo assetto della materia alla luce della proposta di riforma costituzionale in itinere delinea una tutela della salute solo apparentemente “divisa” tra livelli essenziali e norme generali, di spettanza statale esclusiva, e tutte le restanti sub-materie (tra cui assistenza ed organizzazione sanitaria) attribuite alla potestà legislativa
regionale. La competenza statale esclusiva di cui all’art. 117, comma 2, lett. m) ed m-bis), infatti, è legittimata ad attraversare (rectius: derogare) la potestà regionale residuale di cui al comma 4° dell’art. 117, con un risultato per certi aspetti sorprendente, quanto meno rispetto agli annunci che hanno seguito l’approvazione in prima lettura della riforma della riforma: una “devolution mitigata” dall’aumento del peso e della qualità della legislazione statale rispetto al vigente Titolo V° Cost.

E’ noto, infatti, che l’attuale assetto della materia “tutela della salute” in punto di riparto della potestà legislativa abilita il legislatore statale a derogare alla competenza legislativa regionale mediante le clausole “aperte” della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, comma 2°, lett. m) e dei “principi fondamentali” (art. 117, comma 3°). Nell’assetto proposto, invece, il venir meno dell’intermediazione dei principi fondamentali, appare “compensato” dal riconoscimento alla legislazione esclusiva statale della potestà in punto di norme generali sulla tutela della salute: alla “liberazione” dal primo vincolo, è corrisposta la previsione di un vincolo che per la sua indeterminatezza ha tutte le potenzialità per risultare ancor più stringente per ’autonomia regionale e che, inoltre, sembra in grado di fondare interventi statali in materia organizzativa senza ricorrere ad una problematica interpretazione estensiva dei livelli essenziali.

In altri termini, l’intrinseca natura della materia-valore “tutela della salute”, collegata a doppio filo con il compito sancito all’art. 32 volto all’effettività del diritto sociale alla salute e attribuito in capo alla Repubblica nel suo complesso, sembra prevalere sulla tendenza ad individuare sfere esclusive e ben demarcate di competenza legislativa esclusiva; esigenza ancor più avvertita in un ordinamento che aspira ad essere “federale”. Per tale via, i delicati equilibri costituzionali – una volta di più – tentano di riaffermare tutta la loro estraneità agli “effetti-annuncio”, rivendicando la necessaria ponderazione ed alterità rispetto ai precari equilibri(smi) della politica.

Per il testo del disegno di legge costituzionale citato si veda il sito www.parlamento.it

di Enrico Menichetti