Il Consiglio di Stato conferma la piena tutela dell’accesso alle informazioni ambientaliConsiglio di Stato, sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5795

07.09.2004

Consiglio di Stato, sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5795

Benché di modesta estensione, la sentenza in commento rappresenta una nuova, importante conferma della centralità del diritto di accesso alle informazioni ambientali nel più generale contesto della conoscibilità sullo stato dell’ambiente, ed in particolar modo in riferimento allo strumentario messo a disposizione dal Legislatore ai cittadini per la concreta realizzazione di detta conoscenza.
Il collegio giudicante, con la pronuncia de qua, ha confermato quanto in precedenza statuito dal TAR Lazio (Sez. III-ter, 15 gennaio 2003 n. 126), riconoscendo la piena applicazione, nel caso di specie, della normativa in materia di accesso alle informazioni ambientali, così come disposto dal legge 8 luglio 1986, n. 349 (in particolare art. 14) e dalla normativa europea (direttiva 90/313/CEE), successivamente recepita dal d. lgs. 24 febbraio 1997, n. 39.
La tutela riconosciuta al diritto di accesso alle informazioni ambientali dalla legge n. 349/1986 e dal d. lgs. n. 39/1997, instaura una sorta di controllo sociale diffuso sulla qualità del bene ambiente che può essere espletato da qualsiasi cittadino su «qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora o contenuta nelle basi di dati riguardante lo stato delle acque, dell’aria, del suolo, della fauna, della flora, del territorio e degli spazi naturali, nonché le attività, comprese quelle nocive, o le misure che incidono o possono incidere negativamente sulle predette componenti ambientali e le attività o le misure destinate a tutelarle, ivi compresi le misure amministrative e i programmi di gestione dell’ambiente» (TAR Veneto, 30 ottobre 2003, n. 5371, in Foro amm. TAR, 2004, 71 ss., con nota di V. Sarcone, La “specitalità” del diritto all’informazione ambientale, cui si rinvia per una più completa trattazione dell’argomento).
Suddetta disciplina risulta derogatoria rispetto al generale contesto del diritto di accesso ai documenti amministrativi ex artt. 22-27, legge 8 agosto 1990, n. 241 e successivo D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, poiché, benché non sia tesa ad instaurare un controllo diffuso sull’operato dell’amministrazione pubblica che subisce l’actio ad exhibendum, la normativa posta a tutela del diritto all’informazione ambientale è finalizzata a consentire a «chiunque ne faccia richiesta» (sia esso persona fisica o persona giuridica) di adoperarsi per acquisire ogni notizia utile per addivenire alla più completa conoscenza sullo stato dell’ambiente. Tale prerogativa non è limitata dalla necessità di dimostrare un «interesse qualificato» ai fini dell’esercizio del diritto di accesso (come previsto dalla legge n. 241/1990) poiché «le informazioni ambientali spettano a chiunque le richieda», al fine di «garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e a «garantire la massima trasparenza sulla situazione ambientale e a consentire un controllo diffuso sulla qualità ambientale».
Rispetto al diritto di accesso ex legge n. 241/1990 il diritto di accesso alle informazioni ambientali si differenzia, dunque, tanto sotto il profilo soggettivo (non è richiesta alcuna particolare qualificazione giuridica ai richiedenti), tanto sotto quello oggettivo (oggetto della richiesta non sono i documenti amministrativi come definiti nella legge sul procedimento ma qualsiasi “informazione”, sia essa anche scevra del carattere della formalità).
In particolare, nel caso di specie, non è stata ammessa l’eccezione di legittimazione di proporre l’azione de qua, presentata dall’amministrazione resistente, da parte di un ordine professionale che non avrebbe dimostrato formalmente alcun interesse da tutelare, proprio in virtù del fatto che la normativa in materia di accesso alle informazioni ambientali non prevede la dimostrazione di alcun interesse particolare. Il diritto alle informazioni ambientali è, dunque, configurabile come «posizione soggettiva autonoma, intestata ad ogni soggetto di diritto dell’ordinamento (a prescindere dal suo collegamento strumentale od accessorio ad altre situazioni di diritto)».
Non è, altresì, rifiutabile l’istanza di accesso ad informazioni ambientali in possesso di autorità pubbliche adducendo motivazioni generiche che non abbiano riferimenti puntuali ai casi di esclusione previsti dall’art. 4, co. 1, del d. lg. n. 39/97. Vanno, in tal caso, indicati specificatamente sia gli atti esclusi dall’accesso, in considerazione della possibilità di parziale ostensione degli atti oggetto della richiesta, sia i motivi dell’esclusione riferibili alla suddetta norma.
Un ulteriore rilevo de iure condendo è relativo alla recente approvazione di una nuova direttiva in materia di accesso alle informazioni ambientali da parte delle istituzioni comunitarie (la direttiva 2003/4/CE) che amplia notevolmente le garanzie riconosciute in tale ambito ai cittadini e amplifica le incombenze a carico delle amministrazioni pubbliche. L’art. 7 della nuova direttiva comunitaria infatti, ha aumentato le « scarne » previsioni contenute nella precedente disposizione comunitaria, attribuendo compiti ben definiti alle amministrazioni pubbliche tenute a rendere disponibile «l’informazione ambientale rilevante per le loro funzioni e in loro possesso o detenuta per loro conto ai fini di un’attività […] in particolare mediante le tecnologie di telecomunicazione informatica e/o le tecnologie elettroniche, se disponibili». Oltre ad altre, puntuali disposizioni in merito alla diffusione dell’informazione ambientale, appare di immediata rilevanza quanto previsto in ordine all’obbligo per gli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie affinché le autorità pubbliche diffondano tempestivamente tutte le «informazioni in loro possesso o detenute per loro conto che consentano a chiunque possa essere colpito di adottare le misure preventive atte a prevenire o alleviare i danni derivanti» da possibili minacce imminenti per la salute umana o per l’ambiente, ponendo le basi giuridiche per il futuro, eventuale riconoscimento di responsabilità per le amministrazioni che si rendessero protagoniste di carenze informazionali preventive cui poter ricollegare conseguenti danni patiti dai privati, o, ipotesi ancor più grave, per danni patiti a seguito di un negato accesso alle informazioni ambientali opposto dalle medesime amministrazioni. Il recepimento di tali disposizioni comunitarie (fissato per il 2005) comporterà, dunque, un obbligo informazionale non solo “passivo” delle amministrazioni, ma addirittura “attivo”, in quanto esse dovranno dispensare notizie in materia ambientale senza attendere di subire l’azione di accesso da parte dei cittadini.

a cura di Valerio Sarcone


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