Qualità, efficacia, efficienza per i Parchi nazionali – Resoconto convegno

28.06.2004

Tavola Rotonda
“Qualità, efficacia, efficienza per i Parchi nazionali”

Provincia di Roma – Sala Di Liegro
Roma, 18 giugno 2004

Introduce e coordina i lavori Matteo FUSILLI, Presidente di Federparchi, che ringrazia tutti gli intervenuti e i relatori per la loro partecipazione.
Fusilli spiega che la realtà dei parchi è cresciuta moltissimo grazie a capaci amministratori ed al fatto di aver trovato il consenso della popolazione.
Oggi l’esperienza dei parchi italiana è tra le migliori del mondo e regge il confronto con esperienze più antiche.
Federparchi è disponibile ad una revisione della Legge n. 394/91, che ha istituito i parchi, a condizione di farne salvi, però, i principi ispiratori.
Ciò che è più urgente è l’uscita degli Enti parco dalla categoria del “parastato”, e la messa in condizione degli organismi dell’Ente di scegliere il proprio direttore, che ora è invece deciso dal Ministero.
Le considerazioni effettuate da Federparchi sono in consonanza con quelle fatte da altre istituzioni, come anche con gli indirizzi della Conferenza Stato – Regioni – Autonomie locali.
Fusilli passa a chiedere agli altri relatori un loro giudizio sulle conclusioni dell’indagine della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati sul sistema di gestione amministrativa degli Enti Parco, e su quali siano, a loro parere, le prospettive di sviluppo per le aree protette.
La parola passa a Pietro ARMANI, Presidente della Commissione Ambiente della Camera, che, innanzitutto, sottolinea come, in passato, la dottrina ambientalista fosse molto più rigida e, per questo, entrava in collisione con gli interessi delle popolazioni locali.
Ora, invece, grazie ad una visione ambientalista diversa, i parchi trovano il consenso delle comunità locali.
Negli Enti Parco ci sono i Comitati dei Comuni interessati dall’area protetta (per esempio il Parco del Cilento vede la presenza di circa 80 Comuni), però ciò comporta anche il rischio dell’esplodere di scontri fra gli stessi Enti locali, giungendo anche ad una “lottizzazione” dei dirigenti.
Armani ricorda che è in via di approvazione la legge delega per il riordino della legislazione in materia ambientale. Purtroppo la Camera dei Deputati, in prima lettura, l’ha trattenuta in esame per molto tempo; spera che sia approvata al più presto e si insedi, quindi, la prevista Commissione per la riforma.
Armani ritiene, inoltre, molto importante che vada in porto la riforma costituzionale, poiché a suo giudizio è assurdo che siano i magistrati della Corte Costituzionale a dirimere i conflitti tra Ministero e Regioni.
Tali conflitti portano alla sospensione dell’insediamento dei Presidenti dei Parchi e quindi ad un dannoso immobilismo.
Gli stessi accesi conflitti, tuttavia, dimostrano anche, secondo Armani, l’importanza che le popolazioni iniziano a dare ai parchi, a cui in passato opponevano resistenza per via dell’imposizione dei vincoli urbanistici che la loro istituzione comportava; ora invece li vedono come una opportunità; e ciò anche grazie all’opera informativa del Ministero dell’Ambiente.
Il Presidente Armani auspica che avvenga presto il passaggio agli Enti Parco delle Riserve Naturali dello Stato; ritiene, inoltre, fondamentale che si sviluppino nuove forme di finanziamento, come per esempio i tickets d’ingresso al parco, l’utilizzo del marchio del parco per prodotti naturali (ad esempio, nel Parco delle Cinque Terre è stato creato un laboratorio per essenze coltivate nel parco stesso, con cui vengono prodotti profumi).

Prende la parola, successivamente, l’On. Fabrizio VIGNI, componente della Commissione Ambiente della Camera, che dà subito un giudizio positivo del documento conclusivo dell’indagine conoscitiva svolta dalla Commissione; ciò nonostante ritiene che, se il documento fosse stato redatto dalle forze di opposizione parlamentare, avrebbe dato esiti differenti.
L’ On. Vigni dà, invece, un giudizio molto negativo sulla politica del governo in carica, in particolare rispetto alla vicenda delle nomine dei dirigenti dei parchi.
Vigni vede la situazione attuale delle aree protette come una grande e positiva realtà; secondo lui, negli anni ’80 l’Italia ha recuperato posizioni e si è posta all’avanguardia in questo campo. Sottolinea che l’avvio delle importanti esperienze di sviluppo sostenibile è avvenuta nell’arco degli ultimi vent’anni, non soltanto recentemente e con questo governo.
Vigni ritiene che il sistema parchi può ancora crescere per quantità, per qualità e per efficienza.
Anzi, oggi il sistema vive una fase di precarietà e incertezza, proprio perché manca un’adeguata politica di sostegno e promozione.
Le indicazioni del documento scaturito dall’indagine conoscitiva sono condivisibili, ma resta il fatto che esse non hanno avuto, ad oggi, alcun seguito.
I problemi più gravi attengono: all’abuso, per mano governativa, dello strumento del commissariamento; ad un atteggiamento del Ministro dell’Ambiente che ha causato un forte conflitto istituzionale, che ha prodotto anche la sentenza della Corte Costituzionale in cui si afferma che il Governo non ha cercato l’intesa con la Regione Toscana; alla riduzione dei finanziamenti statali.
La lunga attesa della legge delega di riordino della normativa ambientale ha prodotto incertezza legislativa; inoltre, il disegno di legge è troppo generico, vastissimo, fino a configurarsi come una “delega in bianco” al governo.

Interviene, successivamente, l’On. Roberto TORTOLI, Sottosegretario del Ministero Ambiente e Tutela del Territorio, secondo cui la descrizione fatta dall’On. Vigni può essere ribaltata.
A suo modo di vedere, il sistema italiano dei parchi ha vissuto una fase pionieristica, in cui si è affrontata una sfida difficilissima su di un territorio altamente antropizzato.
Si è poi passati ad una fase in cui v’è stata una presa di coscienza delle tante problematiche aperte dall’istituzione delle aree protette, legate alla gestione, alle risorse necessarie, alla conflittualità con gli altri Enti.
Oggi viviamo una fase di rilancio, con la presa di coscienza piena che i parchi rappresentano una ricchezza.
L’Italia è diventata paese guida, anche perché i parchi negli altri paesi sono di diverso genere, ossia collocati in situazioni che non vedono una forte presenza dell’uomo e, quindi, più facili da gestire.
Secondo Tortoli, il problema dei finanziamenti esiste, ed invita l’opposizione a lavorare insieme per una battaglia comune al fine di ottenere i fondi necessari.
Il Sottosegretario afferma, poi, di assumersi la responsabilità (anche se non è sua, in realtà) degli errori commessi sulle nomine dei dirigenti dei parchi, alcuni dei quali sono di alto profilo, ma altri sono di basso profilo e non danno speranze di una buona gestione.
Tortoli propone l’inserimento nella Legge n. 394/91 di alcuni “paletti” qualitativi che impediscano la scelta dei presidenti dei parchi secondo una logica di appartenenza politica.
Propone, inoltre, che siano rivisti i criteri per la ripartizione dei fondi, poiché non tutti i parchi sono uguali e occorre analizzare le esigenze specifiche di ognuno di essi.
Comunica che la prossima settimana la legge delega sarà discussa al Senato.
Tortoli ribadisce che la 394/91 è una buona legge, che ha consentito l’exploit dell’Italia nel campo, e che il salto di qualità del sistema è dovuto al merito dei presidenti degli Enti Parco e del tempo, che ha permesso alle comunità locali di prendere coscienza delle opportunità di sviluppo offerte dalle aree protette.

La parola passa all’On. Ermete REALACCI, Componente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, che esordisce affermando di ritenere l’incontro in corso come una riunione di lavoro e di condividere quanto detto dall’On. Vigni, ma anche, in parte, quanto detto dall’On. Armani e dal Sottosegretario Tortoli.
In Italia la gestione dei parchi è difficile, perché siamo un paese “complicato”; la gestione dei parchi risente, inevitabilmente, del tessuto istituzionale locale, che talvolta presenta problemi notevoli.
I ritardi delle amministrazioni locali, infatti, si ripercuotono sulla possibilità di avere fondi per gli Enti Parco.
La ricerca della Commissione Ambiente della Camera è stata positiva, anche perché ha contribuito a sviluppare un ampio dibattito nel mondo ambientalista.
Anche Realacci ritiene che la Legge n. 394/91 necessiti di modifiche; in particolare, ritiene fondamentale l’introduzione di “paletti” che impediscano la fluttuazione delle nomine dei dirigenti dei parchi.
In Italia, secondo Realacci, l’intreccio uomo – natura – cultura raggiunge il suo livello più alto: anche per questo siamo divenuti un modello per gli altri paesi.
E’ d’accordo sulla necessità di avere maggiori fondi e di procedere ad una migliore ripartizione, così come è indispensabile reperire ulteriori risorse con iniziative di vario tipo, ma l’esigenza centrale è proprio quella relativa alle nomine, che non possono essere fatte per accontentare correnti di partito; per questo si batterà anche quando la coalizione di centrosinistra tornerà al governo.
Il Presidente di un parco svolge un compito difficile e delicato, soprattutto nel lavoro di confronto con i tanti attori sociali interessati.
Il dibattito sul declino italiano e sulle risposte con cui affrontarlo dovrebbe considerare centrali la difesa e valorizzazione delle peculiarità italiane; e in effetti anche il neo presidente di Confindustria, Montezemolo, ha evidenziato la necessità di puntare sul “marchio italiano”, su “quelle cose che la Cina non ci potrà mai copiare”.
In proposito, Realacci propone che Federparchi incontri al più presto Montezemolo.
Conclude affermando che occorre conservare il massimo rigore per la conservazione delle aree protette, ma occorre anche guardarle come pezzi fondamentali dell’Italia del futuro.

Riprende la parola il Presidente FUSILLI, che riporta un detto inglese secondo cui “conservazione senza soldi è conversazione”, per rimettere l’accento sul problema dei finanziamenti.
Fusilli, tuttavia, porta in evidenza un’altra esigenza, quella di ripristinare una programmazione pluriennale; Federparchi non propugna un semplice ritorno al passato, con una riedizione del vecchio Piano Triennale già soppresso, però ritiene indispensabile superare l’attuale situazione di incertezza sulla disponibilità finanziaria: nel 2003, ad esempio, la lettera di assegnazione fondi è giunta alle dirigenze dei parchi alla fine del mese di ottobre!
Un altro problema riguarda, inoltre, gli strumenti straordinari di finanziamento, che in questi ultimi anni sono venuti completamente a mancare, lasciando come unica risorsa il contributo ordinario annuale.
Altra proposta di Federparchi è l’istituzione presso il Ministero Ambiente di un fondo per il co-finanziamento di progetti europei; poiché per ottenere i fondi della comunità europea è necessario che gli enti proponenti partecipino al finanziamento dei progetti con una quota pari al 50% del totale, ciò impedisce l’attivazione di questo importante canale; la disponibilità di accedere ad un apposito fondo, invece, permetterebbe la moltiplicazione della disponibilità finanziaria per gli Enti Parco.
Chiede il parere dei relatori su tali proposte.

Riprende la parola l’On. VIGNI, che concorda completamente con Fusilli circa la questione della certezza della disponibilità finanziaria, importante quanto l’entità dei fondi.
Vigni sottolinea, comunque, che oggi esistono in Italia 23 Parchi Nazionali, 4 in più rispetto al 1998, mentre le risorse a loro destinate sono diminuite.
Vigni esprime il proprio favore in merito alla necessità di reintrodurre forme di programmazione triennale, mentre ritiene decisiva l’introduzione del fondo per la partecipazione ai progetti europei.
Propone un impegno comune per inserire quest’ultimo già nella prossima legge finanziaria.

Interviene l’On. ARMANI, che specifica che per quanto riguarda i fondi destinati ai parchi, il Ministero ne ha trattenuta una parte per utilizzarli come “premio”, come risorse aggiuntive per alcuni parchi.
Sottolinea come un’altra necessità sia la battaglia nei confronti delle Regioni affinché queste approvino finalmente i Piani dei Parchi, uno strumento operativo fondamentale anche per accedere ad ulteriori finanziamenti, per esempio quelli che potrebbero essere messi a disposizione dalle Fondazioni bancarie o dalla Cassa Depositi e Prestiti Spa (ovviamente per quest’ultima non a fondo perduto): pensa, ad esempio, a piani di investimento per attività ecocompatibili.
Armani sostiene di avere sollevato già in altre occasioni alcuni questioni centrali, ma che l’opposizione sembra non averle raccolte: si riferisce, in particolare, alla stratificazione dei livelli di governo specie per quanto riguarda i parchi delle zone montane, dove le Comunità Montane hanno strumenti più rapidi degli Enti Parco e, inoltre, rappresentano gli stessi Comuni già rappresentati nei Comitati dei Parchi.
Conclude ribadendo la necessità di esplorare anche questi aspetti, in particolare ora che la Corte Costituzionale ha sentenziato che le Fondazioni sono da considerarsi enti di diritto privato.
Auspica che in tal senso si muova Federparchi, che ha sicuramente più peso del singolo Ente Parco.

L’On. REALACCI interviene solo per affermare di non considerare una “eresia” la spinta nei confronti degli Enti Parchi verso la ricerca di forme di autofinanziamento; tuttavia, ciò non elimina la necessità di fondi certi.
Occorrono norme di indirizzo sulla pianificazione politica in materia ed una iniziativa politica forte sulle Regioni.

Interviene nel dibattito Walter MAZZITTI, Presidente del Parco Nazionale Gran Sasso e membro dell’esecutivo di Federparchi, il quale ritiene che, al di là di ciò che ogni Parco potrà fare per sviluppare rapporti con le Fondazioni, è fondamentale che la stessa Federparchi si trasformi in Fondazione, così da favorire il contatto con il mondo produttivo, le Regioni ed altri soggetti pubblici e privati.
Per Mazzitti, la fondazione è oggi il soggetto più idoneo per le necessità dei parchi.
Per quanto riguarda l’aspetto finanziario, Mazzitti afferma che non serve affatto ragionare in termini di piccole variazioni percentuali dell’entità complessiva dei finanziamenti; occorre invece prendere atto che il sistema dei parchi è divenuto strategico per il paese e le forze politiche dovrebbero prendere atto di essere in una fase nuova, in cui è mutato in senso positivo l’approccio delle popolazioni nei confronti dei parchi; perciò serve un salto di qualità, con investimenti ben più cospicui e una riorganizzazione interna degli Enti Parco, in cui è impiegato per lo più personale giovane, poco esperto, scelto nella precedente fase proiettata verso la conservazione; ora servono nuove professionalità, esperte anche di economia finanziaria.
Porta come esempio la situazione del Parco da lui diretto che ha una dotazione finanziaria di circa 3.500.000 euro, di cui il 70% viene speso per i costi fissi; ha da poco ricevuto notizia che l’Ente dovrà pagare 500.000 euro di risarcimento per i danni provocati dai cinghiali; un piccolo aumento dei fondi, quindi, non risolverebbe alcun problema.
Il Parco Nazionale Gran Sasso comprende oggi 44 Comuni, ma altri 21 hanno fatto richiesta di adesione; tutti questi Comuni non fanno riferimento a nessun’altra istituzione, ma soltanto al Parco e sono tutti alleati con esso; eppure sanno che il Parco non ha risorse da “distribuire”, ma credono nella grande opportunità di collaborazione.
Il Parco ha bisogno di cifre pari ad almeno il triplo di quanto stanziato attualmente, per poter cambiare le sorti del territorio.

Interviene, quindi, Enzo VALBONESI, Dirigente del Settore Parchi dell’Emilia Romagna, che specifica di essere stato in passato presidente di un parco e presidente di Federparchi.
Secondo Valbonesi, la fase di consolidamento del sistema di aree protette può essere aperta solo a patto che si lasci da parte l’interesse politico.
Contesta che oggi si sia in presenza di una svolta e ritiene che i risultati attuali siano frutto di tutto il lavoro svolto nel passato.
L’attuale diminuzione dei fondi porta i parchi all’isolamento e li fa rifluire su un piano di mera gestione burocratica del territorio, oltretutto centralizzata.
Serve, dunque, una politica di accompagnamento sia dello Stato sia delle Regioni con programmi chiari e risorse cospicue; occorre anche il rilancio del dialogo interistituzionale.

Prende, poi, la parola un consulente di Federparchi, il quale specifica di far parte del Consiglio di Amministrazione di una Fondazione Bancaria.
Dichiara di condividere l’intervento del presidente Armani, proprio perché sa che nelle Fondazioni ci sono fondi disponibili; occorrerebbe, tuttavia, introdurre fra i settori specifici di intervento delle Fondazioni l’ambiente e la tutela dei parchi naturali, altrimenti tali risorse resterebbero bloccate.

Interviene, successivamente, Giampiero SAMMURI, Presidente del Parco della Maremma, che giudica subito l’indagine della Commissione parlamentare interessante, anche se, secondo lui, andrebbe estesa anche ai parchi regionali.
Concorda con l’intervento di Valbonesi e aggiunge, per quanto riguarda la questione delle risorse, che la Regione Toscana da anni mette a disposizione fondi straordinari per il co-finanziamento dei progetti dei parchi; tali strumenti sono più importanti dell’aumento dei fondi ordinari.
Riferisce che nella Toscana meridionale c’è un proficuo rapporto con la Fondazione Monte dei Paschi, che ha co-finanziato importanti progetti dei parchi.
Sammuri ha apprezzato l’intervento del sottosegretario Tortoli, rispetto alla necessità che le nomine delle dirigenze dei parchi non siano legate alle maggioranze governative, bensì alle competenze.
Pone, infine, in evidenza, il problema legato alle aree protette marine: anche quelle prospicenti ad aree protette terrestri vedono due organismi di gestione distinti, situazione secondo lui assurda ed esistente solo in Italia, quindi da modificare.

La parola passa a Renzo MOSCHINI, che sottolinea quella che secondo lui è la maggiore novità politico-istituzionale in materia: fino a non molto tempo fa, le “fazioni” si dividevano tra chi era favore dei parchi e chi era contro, mentre ora il dibattito si incentra sul ruolo dei parchi, ma nessuno ne mette in discussione l’esistenza e la necessità.
Concorda sul fatto che le aree protette marine non possano andare per conto proprio; la situazione è dovuta alla legge sul mare del 1982, a suo parere un “fossile normativo” di cui si continua a fare uso.
Ritiene che le nomine della dirigenza dei parchi debbano assolutamente prescindere da rivendicazioni di “colore” politico.
La prima esigenza per chi amministra un parco è di possedere la capacità di far funzionare il circuito istituzionale .
I piani regionali dei parchi sono fondamentali, in quanto tali piani non riguardano soltanto la difesa della natura, ma la pianificazione globale del territorio.

Interviene, quindi, Aldo DI BENEDETTO, Direttore del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, secondo cui il ruolo del direttore di un parco è difficile quanto quello del presidente.
Serve una nuova struttura organizzativa, perché occorre ragionare in termini di gestione economica, efficace ed efficiente.
Occorre procedere alla riqualificazione del personale e alla creazione di un modello organizzativo diverso, non uguale a quello degli altri enti locali.
Secondo Di Benedetto, è più importante la capacità di gestione dei fondi della loro entità.

Il Presidente FUSILLI riprende la parola per riassumere quanto detto nel corso dell’incontro: la Commissione parlamentare ha lavorato bene, tuttavia finora non si sono verificati passi in avanti effettivi.
Nonostante la preparazione della legge delega, ci sono vari tentativi di intervento normativo su singole questioni.
Fusilli chiede se sia possibile approvare rapidamente le questioni su cui pare esserci già l’unanimità (lo status degli amministratori, il superamento dell’inquadramento nel parastato, il trasferimento delle riserve naturali dello Stato, la pianificazione triennale delle risorse), senza attendere l’attuazione della legge delega, per cui si prevedono tempi lunghi.

L’on. ARMANI interviene per riferire la sua speranza che la legge delega sia approvata presto dal Senato; dovrà comunque tornare alla Camera poiché vi sono state delle modifiche; spera così che sia approvata, senza ulteriori modifiche, prima delle ferie estive.
Si può e si deve, comunque, delegificare su alcune questioni.
Inoltre, la Commissione ha suggerito che, per quanto riguarda il trasferimento delle aree naturali, il corpo forestale dello Stato non dovrebbe essere regionalizzato, ma incardinato nel Ministero dell’Ambiente.

Riprende la parola l’On. VIGNI, il quale afferma innanzitutto che la formulazione attuale degli ambiti di intervento delle Fondazioni non è la migliore possibile; tuttavia, mentre nella formulazione del testo governativo non c’era alcun riferimento all’ambiente, la Commissione parlamentare ha fatto inserire una formulazione che consente erogazioni ai parchi, come anche dimostrato dalle esperienze riferite.
Vigni ritiene perciò più utile, rispetto ad un nuovo intervento normativo, un incontro tra Federparchi e l’Associazione delle Fondazioni, per stilare un progetto organico.
Sulle modifiche proposte da Fusilli, Vigni propone operativamente, salvo il parere favorevole di Armani, un incontro informale per valutare cosa può essere normato con la legge delega e cosa può essere esaminato subito.
Per Vigni, occorre assolutamente cambiare strada per quanto riguarda il metodo delle nomine.
Per quanto concerne i fondi, infine, molto dipende dall’idea che si ha dell’Italia e del suo sviluppo: se si punta ad una competitività basato sulla riduzione dei costi, i parchi potranno anche sopravvivere come isole felici, ma non potranno essere l’asse di sviluppo portante.
Conclude segnalando che l’OCSE ha citato l’Italia per le migliori pérformances ambientali e ha studiato il modello della Toscana Meridionale per lo sviluppo sostenibile, traendone la conclusione che esso è il più competitivo per l’occupazione e il reddito, proponendolo come modello di intervento per rovesciare la situazione delle aree deboli.

Interviene nuovamente l’On. ARMANI, che propone che, in occasione del ritorno alla Camera dell’esame della legge delega, la Commissione effettui un’audizione di Federparchi, mettendo a verbale i principali problemi come raccomandazione al governo, compresa la necessità di sollecitare le Regioni ad approvare i Piani dei Parchi.

Conclude l’incontro l’On. REALACCI, che sottolinea come le aree della Toscana Meridionale siano state a lungo considerate aree depresse, mentre ora sono punte di eccellenza.
Concorda pienamente sui passaggi indicati per riorientare la legge delega, a cui l’opposizione è stata contraria in quanto giudicata troppo ampia, comprensiva di troppe tematiche, mentre sarebbe stato meglio prevedere riordini più limitati. Comunque ora bisogna cercare di accelerarne l’approvazione, anche se probabilmente l’attuazione della delega vedrà la luce solo a fine legislatura.
Intanto, però, il Ministero potrebbe emanare alcuni provvedimenti sulla base del lavoro svolto dalla Commissione.
Realacci tocca, infine, la questione del corpo forestale dello Stato, su cui a suo parere è inutile nascondersi che le resistenze di trasferimento dipendono dalla volontà del Ministero per le Politiche Agricole di avere un corpo di personale alle proprie dipendenze; occorre quindi puntare almeno al trasferimento delle riserve della forestale collocate in zona parchi.

Ileana Cathia Piazzoni