La Corte si pronuncia sulla legittimità del condono edilizio di tipo straordinario dello Stato

28.06.2004

Corte Costituzionale, 28 giugno 2004, n. 196
Giudizio di legittimità costituzionale in via principale sollevato dalle Regioni Campania, Marche, Toscana, Emilia-Romagna, Umbria, Friuli-Venezia-Giulia, Basilicata e Lazio.

Norme impugnate e parametri di riferimento:
L’art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 e l’art. 32 del decreto-legge 30 settembre, n. 269, come risultante dalla conversione ad opera della legge 24 novembre 2003, n. 326, che prevedono e disciplinano un nuovo condono edilizio esteso all’intero territorio nazionale, di carattere temporaneo ed eccezionale rispetto all’istituto a carattere generale e permanente del “permesso di costruire in sanatoria”, sono impugnati per violazione degli artt. 3, 25, 77, 97, 117, comma quarto e comma terzo (in quanto lesivi della competenza regionale esclusiva in materia di urbanistica o edilizia ovvero, in subordine, della competenza concorrente regionale in materia di governo del territorio), 118 (in quanto impedirebbero alle Regioni e agli Enti locali di governare le destinazioni urbanistiche del territorio), 119 (perché il condono comporterebbe spese particolarmente ingenti a carico delle finanze di Regioni ed Enti locali) della Costituzione, del principio di leale collaborazione, nonché degli artt. 9, 32, 41 e 42 Cost. (in quanto il condono inciderebbe negativamente sulla tutela di valori costituzionali, quali i valori paesistico-ambientali, il valore della salute, ecc., che tutti i livelli territoriali, inclusi Regioni ed Enti locali, hanno il dovere di tutelare).

Argomentazioni della Corte:
La Corte osserva preliminarmente, disattendendo le eccezioni di inammissibilità della difesa, che nel ricorrere avverso la disciplina impugnata le Regioni sono legittimate a far valere competenze non solo proprie, ma anche degli Enti locali: data la stretta connessione, soprattutto nella materia urbanistica e in tema di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali, la lesione delle competenze di Comuni e Province è, infatti, potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione anche delle competenze regionali.
Dopo un’ampia ed approfondita ricostruzione della disciplina del condono contenuta nella norma impugnata, la Corte esclude che l’art. 32 nel testo originario del d.l. n. 269 del 2003 possa costituire violazione dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza richiesti per la decretazione d’urgenza dall’art. 77 Cost.; parallelamente, la Corte nega che l’art. 32 convertito dalla legge n.326 del 2003 possa costituire un tipo di amnistia impropria, come tale disciplinabile solo tramite una legge conforme alle prescrizioni di cui all’art. 79 Cost.
Sotto il profilo della definizione del riparto di competenze, la Corte osserva come il condono edilizio di tipo straordinario rilevi in primo luogo come ipotesi di esenzione dalla sanzionabilità penale di alcuni soggetti che abbiano posto in essere alcune tipologie di abusi edilizi. Tale intervento non può che spettare al legislatore statale, anche se la titolarità da parte dei Comuni di fondamentali poteri di controllo e di gestione del territorio rende necessaria una doverosa collaborazione tra i Comuni e gli organi giurisdizionali per dare effettività alla scelta del legislatore statale.
In secondo luogo, la disciplina del condono edilizio rileva anche sotto il profilo della sanatoria amministrativa, dato l’interesse di coloro che abbiano edificato illegalmente ad ottenere il condono sia sul piano penale che su quello amministrativo: sotto questo profilo, la Corte afferma che la disciplina del condono tocca profili tradizionalmente appartenenti all’urbanistica e all’edilizia, ma non si esaurisce in tali ambiti specifici, coinvolgendo l’intera disciplina del governo del territorio, nonché ponendosi in stretto collegamento con la materia della valorizzazione dei beni culturali ed ambientali.
Conseguentemente, lo Stato può provvedere solo alla disciplina di alcuni limitati contenuti di principio, facendo salva sia la competenza regionale ad intervenire su i tutti i restanti profili (tra cui la previsione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria, il limite temporale massimo di realizzazione delle opere condonabili, la determinazione delle volumetrie massime condonabili), sia la competenza dei Comuni a procedere, nei limiti della legge, alla sanatoria sul piano amministrativo (ad esempio determinando l’ammontare degli oneri concessori e le relative modalità di versamento alle amministrazioni comunali). A questo riguardo, la Corte osserva come il riconoscimento in capo alle Regioni di adeguati poteri legislativi sulla disciplina del condono per il versante amministrativo finisce per rafforzare indirettamente lo stesso ruolo dei Comuni, che possono influire sul procedimento legislativo regionale sia informalmente, sia attraverso gli strumenti ufficiali di partecipazione previsti dagli statuti o dalla legislazione regionale.
La Corte rigetta invece la tesi dell’accusa secondo cui la disciplina impugnata sarebbe lesiva di primari valori costituzionali (che comunque non escludono che la loro tutela si realizzi nell’ambito di un bilanciamento con altri interessi pubblici, quali quelli connessi alle esigenze della finanza pubblica) e rigetta altresì le censure fondate sulla presunta lesione dell’art.3 Cost. (la valutazione del contesto in cui si viene ad inserire il nuovo condono non presenta infatti elementi di irragionevolezza tali da condurre ad una dichiarazione di illegittimità costituzionale).
Sotto il profilo finanziario, la Corte evidenzia come all’evidente interesse dello Stato agli introiti straordinari provenienti dal condono corrispondano nella disciplina impugnata quattro diverse forme di possibile incremento delle finanze locali, che dovrebbero consentire alle amministrazioni comunali di far fronte ai maggiori impegni finanziari conseguenti all’applicazione del condono.
Nemmeno può considerarsi lesiva dell’autonomia comunale l’attribuzione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un compito di supporto alle amministrazioni comunali ai fini dell’applicazione della disciplina del condono (per l’esercizio di tale funzione, è infatti richiesta l’intesa con la Regione competente territorialmente).
Ad opposte conclusioni la Corte giunge invece in relazione alla previsione che concentra nell’autorità prefettizia la competenza a far effettuare le demolizioni conseguenti agli abusi edilizi: tale disposizione non si limita infatti ad agevolare l’esercizio di un’attività comunale o a disciplinarne i poteri sostitutivi statali in caso di inerzia dell’amministrazione competente, ma determina una sottrazione al Comune della possibilità di procedere direttamente all’esecuzione della demolizione delle opere abusive, senza che vi sia l’esigenza di allocare tali funzioni in capo ad un organo statale.

Decisione della Corte:
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale, per violazione delle competenze regionali in materia di governo del territorio, dei seguenti commi dell’art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269:
– comma 25, nella parte in cui non prevede che la legge regionale possa determinare limiti volumetrici inferiori a quelli indicati dalla legge statale;
– comma 26, nella parte in cui non prevede che la legge regionale possa determinare la possibilità, le condizioni e le modalità per l’ammissibilità a sanatoria di tutte le tipologie di abuso edilizio;
– comma 14, nella parte in cui non prevede il rispetto della legge regionale;
– comma 33, nella misura in cui non rimette alla legge regionale la definizione del termine entro il quale le Regioni dovrebbero esercitare il loro potere normativo;
– comma 37, nella parte in cui non prevede che la legge regionale possa disciplinare diversamente gli effetti del prolungato silenzio del Comune;
– comma 38, nella parte in cui non attribuisce alla legge regionale il compito di determinare la misura dell’anticipazione degli oneri concessori, nonché le relative modalità di versamento;
La Corte dichiara, altresì, l’illegittimità costituzionale: dell’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, nel testo originario e in quello risultante dalla legge di conversione n. 326 del 2003, nella parte in cui non prevede che la legge regionale di disciplina del condono edilizio straordinario debba essere emanata entro un congruo termine da stabilirsi dalla legge statale; del comma 49-ter dell’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, introdotto dalla legge di conversione n. 326 del 2003; dell’Allegato 1 del decreto-legge n. 269 del 2003, nel testo originario e in quello risultante dalla legge di conversione n. 326 del 2003, nella parte in cui determina la misura dell’anticipazione degli oneri concessori e le relative modalità di versamento.
La Corte dichiara infine non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, nel testo originario e in quello risultante dalla legge di conversione n. 326 del 2003, per violazione dell’art. 77 Cost., art. 79 Cost., dell’art. 9 Cost., dell’art. 3 Cost., dell’art. 137, terzo comma, dell’art. 119 Cost, nonché principio di leale collaborazione.

Giurisprudenza richiamata:
– Sulla possibilità, per le Regioni ricorrenti, di presentare ricorso di legittimità costituzionale solo avverso quegli aspetti di disciplina potenzialmente idonei a determinare una vulnerazione delle attribuzioni costituzionali delle medesime: Corte costituzionale, sent. n. 303 del 2003, n. 353 del 2001, n. 503 del 2000, n. 408 del 1998 e n. 87 del 1996;
– Sulle situazioni che configurano un’ “evidente mancanza” dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza previsti dall’art. 77 Cost.: Corte costituzionale, sent. n. 341 del 2003 e n. 6 del 2004;
– Sulla possibilità di intervenire con decreto legge ai fini della determinazione dei principi fondamentali nelle materie di potestà legislativa concorrente: Corte costituzionale, sent. n. 6 del 2004;
– Sul rilievo secondo cui il condono non costituisce un’amnistia impropria: Corte costituzionale, sent. n. 427 del 1995 e n. 369 del 1988;
– Sulla circostanza per cui solo il legislatore statale può incidere sulla sanzionabilità penale: Corte costituzionale, sent. n.167 e 487 del 1989 e ord. n. 327 del 2000 e n. 149 del 1999;
– Sull’esigenza di collaborazione tra organi giudiziari e Comuni nell’attuazione della disciplina in materia di condono: Corte costituzionale, sent. n. 370 del 1988;
– Sulla possibilità di ascrivere i settori dell’edilizia e dell’urbanistica alla competenza concorrente in tema di “governo del territorio”: Corte costituzionale, sent. n. 303 e 326 del 2003;
– Sulla definizione della materia “governo del territorio” come comprensiva, in linea di principio, di tutto ciò che attiene all’uso del territorio e alla localizzazione di impianti o di attività: Corte costituzionale, sent. n. 307 del 2003;
– Sulla qualificazione degli interessi relativi alla tutela del paesaggio come valori costituzionali primari: Corte costituzionale, sent. n. 151 del 1986, n. 359 e n. 94 del 1985;
– Sulla compresenza, nella disciplina relativa al condono edilizio, di una pluralità di interessi pubblici, che devono necessariamente trovare un punto di equilibrio: Corte costituzionale, sent. n. 85 del 1998, n. 302 del 1996 e n. 427 del 1995;
– Sulla giustificazione della disciplina relativa al condono edilizio quale intervento normativo eccezionale e straordinario che cerca di porre fine ad un passato di abusivismo edilizio e sull’esigenza di evitarne sostanziali reiterazioni: Corte costituzionale, ord. n. 174 del 2002, n. 45 del 2001 e sent. n. 302, 270 e 256 del 1996, n. 427 del 1995, n. 369 del 1988;

Commenti disponibili on-line:
– M.BARBERO, Brevi riflessioni a margine della sentenza della consulta sul condono edilizio: profili di rilevanza in materia di federalismo fiscale in Forum di Quaderni Costituzionali

a cura di Elena Griglio