Sull’incompatibilità dei commissari di concorso Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 8Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 8

24.06.2004

La vicenda che ha determinato l’intervento dell’Adunanza Plenaria riguarda una procedura concorsuale per un posto di professore universitario di ruolo-fascia degli ordinari nella quale tra i tre membri della commissione ed uno dei candidati viene sostenuta una incompatibilità dovuta alla precedente partecipazione del candidato in questione ad un concorso nel cui ambito i tre commissari figuravano uno come commissario e gli altri due come candidati. Tale precedente procedura concorsuale era stata impugnata dall’attuale appellante in un giudizio già pendente in grado di appello innanzi al Consiglio di Stato al momento della nomina della commissione per la procedura sulla quale ora si controverte. Questa è la ragione della incompatibilità sussistente, secondo la tesi dell’appellante, nonostante egli abbia successivamente rinunciato al suddetto appello in quanto tale rinuncia è stata in seguito ritirata. La VI sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 4403 del 2003, ha rimesso all’Adunanza Plenaria le seguenti questioni da risolvere:
a) una volta acclarato che vi è stata una originaria situazione di incompatibilità dei tre commissari nei confronti del ricorrente, determinata da una lite pendente tra di loro, è necessario stabilire se tale situazione d’incompatibilità permanga in relazione alla rinuncia al ricorso in appello e alla successiva revoca della medesima rinuncia, la cui presa d’atto è avvenuta con la decisione della sesta sezione n. 4805 del 23 settembre 2002; in particolare occorre precisare se, perché possa considerarsi venuta meno tale incompatibilità, sia sufficiente la rinuncia, attraverso la notifica ed il successivo deposito della stessa in giudizio, ovvero sia necessaria la sentenza o decisione del giudice amministrativo che ne dia atto;
b) se poi, nonostante il formale venire meno della lite pendente, residui ancora una situazione di incompatibilità, che comporti l’astensione e la ricusazione del componente dell’organo collegiale, nonostante il formale venire meno della lite pendente tra le parti, che comporti l’astensione o la ricusazione del componente dell’organo collegiale per motivi di sola opportunità, ovvero per gravi ragioni di convenienza, quali prospettate dall’art. 51, 2° comma, c. p. c., e dall’art. 6 del D.M. 28.11.2000.
L’Adunanza Plenaria si è limitata a risolvere la prima questione che si pone come dirimente rispetto all’altra. Il Supremo Consesso ha infatti ritenuto che non è sufficiente a far cessare la causa di incompatibilità relativa al secondo concorso la rinuncia agli atti del giudizio avverso la prima procedura concorsuale (rilevando tuttavia incidentalmente l’inefficacia della successiva revoca di tale rinuncia) poiché è necessaria la presa d’atto giurisdizionale versata in sentenza. L’Adunanza ha ritenuto, infatti, che per la certezza delle posizioni processuali proprie delle parti è preferibile ritenere pendente la lite fin quando sulla rinuncia non si sia avuta la presa d’atto da parte del giudice, potendo questo stesso giudice ritenere, per varie ragioni, la rinuncia presentata, quand’anche notificata debitamente, non idonea ad estinguere il giudizio pendente.
Il diverso orientamento della Suprema Corte di Cassazione è stato prevalentemente espresso in materia di elettorato passivo, con riferimento a fattispecie in cui dominante era la necessità di una definizione rapida delle contestazioni sollevate, quale è testimoniata dai brevi termini di decadenza fissati dal legislatore per evidenti e rilevanti ragioni di assetto e di esercizio del potere di governo. Ragioni che non sussistono in questa diversa fattispecie considerata dalla Plenaria per la soluzione della quale essa ha ritenuto maggiormente tuzioristica quella volta a tutelare l’interesse della parte all’equo giudizio, e l’interesse dell’ordinamento a risultati concorsuali sicuri e rispondenti alle attese dell’Amministrazione.

a cura di Laura Lamberti