Corte costituzionale, 22 giugno 2004, n. 176
Giudizio di legittimità costituzionale in via principale promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso la Regione Marche
Norme impugnate e parametri di riferimento:
L’art. 5 della legge della Regione Marche 15 ottobre 2002, n. 19 è stato impugnato per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. e), 117, primo comma, 41 e 3 della Costituzione, nella misura in cui tale disciplina, prevedendo la sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni per l’apertura di grandi strutture di vendita fino all’approvazione dei piani di coordinamento territoriale, subordinerebbe il rilascio delle suddette autorizzazioni all’adozione di un provvedimento amministrativo futuro ed “incertus quando”.
Argomentazioni della Corte:
La Corte ricostruisce preliminarmente la ratio della norma impugnata, evidenziando che l’obiettivo sotteso alla sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni è quello di evitare una dislocazione sul territorio di grandi centri di distribuzione commerciale in assenza di una previa programmazione urbanistica, al fine di salvaguardare l’interesse pubblico ad un ordinato e razionale assetto del territorio.
Dato tale obiettivo di tutela, la Corte ricostruisce la normativa statale e regionale di istituzione e disciplina della pianificazione sovracomunale, evidenziando come l’adozione, da parte della provincia, del piano territoriale di coordinamento rappresenti non una facoltà, bensì un obbligo, vincolato al rispetto di specifici limiti temporali. Nel caso in esame, risultano applicabili sia il termine complessivo biennale di durata del procedimento di pianificazione territoriale previsto dall’art. 74 della legge regionale n. 34 del 1992, sia il principio generale – di cui all’art. 2, commi 2 e 3 della legge n. 241 del 1990 – della necessaria determinazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, anche per gli atti di pianificazione e di programmazione, del termine entro il quale il procedimento deve essere concluso (sicché, in assenza di definizione del termine da parte dell’amministrazione, si applica il termine suppletivo di trenta giorni).
In sintesi, la Corte afferma che, ai sensi della disciplina vigente, l’amministrazione provinciale è obbligata non solo ad adottare, ma anche ad adeguare il piano territoriale di coordinamento ai nuovi contenuti previsti dalla norma impugnata (individuazione delle zone idonee all’insediamento delle grandi strutture di vendita) in termini certi, non essendo al riguardo ravvisabili margini di discrezionalità in capo all’amministrazione stessa.
In caso di mancata osservanza del termine per la definizione dei procedimenti di pianificazione territoriale, il comportamento della pubblica amministrazione si configurerebbe in termini di illegittimità, con conseguente facoltà dei soggetti interessati a ricorrere in giudizio avverso il silenzio-rifiuti ritualmente formatosi.
Relativamente alle censure fondate sull’art. 3 Cost., la Corte osserva viceversa che non risulta irragionevole disciplinare una determinata tipologia di insediamenti commerciali (ovvero quelli di grandi dimensioni, dotati di un notevole impatto sull’assetto del territorio) in maniera differente rispetto alle altre strutture commerciali di dimensioni più ridotte.
Decisione della Corte:
La Corte dichiara che la norma impugnata non risulta lesiva né dell’art. 3, in quanto non affetta da irragionevolezza, né dell’art. 41 Cost., in quanto la presenza di termini finali certi per la conclusione del procedimento di adeguamento dei piani territoriali di coordinamento, nonché l’esistenza di strumenti di tutela avverso i comportamenti illegittimi della pubblica amministrazione, forniscono una protezione adeguata alla libertà di iniziativa economica.
Giurisprudenza richiamata:
– Sull’applicazione del termine suppletivo di trenta giorni in caso di mancata fissazione da parte dell’amministrazione del termine entro cui deve essere concluso ciascun procedimento amministrativo: Corte costituzionale, sent. n. 355 del 2000 e n. 262 del 1997;
– Sulla possibilità per i soggetti interessati di ricorrere avverso il silenzio-rifiuto ritualmente formatosi in seno ad una pubblica amministrazione per mancata osservanza del termine per la definizione dei procedimenti amministrativi: Corte costituzionale, sent. n. 355 del 2000 e n. 262 del 1997.