Corpo forestale della Regione Lombardia Corte Costituzionale, 13- 21 ottobre, 2003, n. 313

13.04.2004

Corte Costituzionale, sentenza 13- 21 ottobre, 2003, n. 313
Con due distinti ricorsi la Presidenza del Consiglio  dei ministri ha impugnato dapprima gli articoli 1, 2, 3, 4, della legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002, n.2 ( recante norme per l’istituzione del Corpo forestale regionale), poi  successivamente l’ art. 1, comma 3, lettera b) e l’art. 3 comma  12, della legge della Regione Lombardia, 6 marzo 2002, n. 4 , recante norme per l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e l’integrazione di talune disposizioni legislative.
La Corte ritiene che rispetto all’art. 3, comma 12, sia opportuna una decisione separata perchè vertente su materia (protezione dell’ambiente dall’esposizione a campi elettromagnetici….) non strettamente correlata all’ istituzione ed al funzionamento del Corpo forestale regionale. Ricordiamo inoltre che la Consulta, già chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della legge reg. n. 4 del 2002, ha ritenuto in quell’ occasione di non poter decidere con un’ unica sentenza le molteplici e, tra loro, diverse questioni di legittimità costituzionale, limitandosi così a giudicare nella sentenza n. 201 del 2003, della sola legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4 (Incompatibilità dei Consiglieri regionali).
Nella sentenza qui di seguito commentata, la Consulta esamina congiuntamente, in ragione dell’ identità di materia, tanto  la legge reg. Lombardia  n.2  del 2002, istitutiva del Corpo  forestale regionale, quanto la legge reg. Lombardia, n. 4 del 2002 nella parte in cui essa ha modificato la legge reg. Lombardia n.2.
La Presidenza del Consiglio  in entrambi i ricorsi di cui si è detto,  ha denunziato l’espropriazione delle competenze esclusive dello Stato di cui all’art . 117, capoverso, lettere q) e s), rispettivamente  profilassi internazionale e tutela dell’ ambiente e dell’ecosistema; non sarebbe servito secondo la ricorrente ad eliminare la violazione costituzionale, la sostituzione dell’ originario riferimento alla “..tutela dell’ ambiente forestale ed agro-silvo pastorale”, con quello alla  “..tutela del patrimonio forestale ed agro-silvo-pastorale…”, in relazione  alla valorizzazione dell’ambiente naturale, alla disciplina dell’attività venatoria e  all’ assetto del territorio (art.1, comma 1, legge n. 2, così come sostituito dall’art. 1, comma 3, lettera a,  legge reg. n. 4); così come non sarebbe servita l’espressa  salvezza delle competenze statali in materia di tutela dell’ ambiente e dell’ ecosistema introdotta dall’art. 1, comma 3, lettera b) nel nuovo art.2. Ma  la Corte, prescindendo da un qualunque esame dalla fondatezza di questi rilievi si è limitata a  dichiarare che  tale questione di legittimità costituzionale (dell’art. 1, comma 3, lettera b, della legge regionale n. 4 del 2002, nella parte in cui sostituisce i commi 1-4 dell’art. 2 della legge regionale n. 2 del 2002) in quanto genericamente posta, è inammissibile.
La Corte dichiara fondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 2 e 3 dell’art. 1, della legge reg. n. 2 del 2002. Ai sensi del  comma 2 dell’ art. 1, compete alla Giunta regionale disciplinare con regolamento l’organizzazione  del Corpo forestale.
Il rilievo d’incostituzionalità concerne l’incompatibilità tra la norma impugnata e l’ art. 121,  della Cost., così come modificato  dalla legge costituzionale n. 1 del 1999. Ai sensi del capoverso del novellato art. 121, la potestà regolamentare non rientra  più tra le funzioni conferite dalla Costituzione e dalle leggi al Consiglio regionale. La Presidenza del Consiglio dei Ministri fa  tuttavia notare che la nuova dizione dell’art. 121 non implica per ciò solo ( come sembra credere la Regione resistente) un meccanico ed immediato trasferimento della potestà regolamentare alla Giunta regionale. Continua invece a trovare applicazione la disciplina  dello statuto regionale vigente (legge 22 maggio 1971, n. 339) che in conformità alla versione originaria dell’ art. 121 Cost.  riserva al Consiglio regionale l’esercizio della potestà regolamentare (in particolare, art. 6). Nè la sola modifica dell’art. 121 con legge costituzionale, né una  ordinaria legge regionale come la n. 2 del 2002, possono fondare la potestà regolamentare della  Giunta regionale, poiché occorre  che la competenza regolamentare della Giunta risulti espressamente conferita da una disposizione statutaria [*].
Di contro per la Regione Lombardia ai fini dell’ esercizio della potestà regolamentare da parte della Giunta è sufficiente che dal testo dell’ art. 121 sia stato  espunto ogni riferimento al Consiglio regionale come centro d’imputazione formale della competenza regolamentare. La normativa statutaria in ragione della sua disarmonia con la Costituzione deve restare disapplicata, sino  al momento in cui la Regione in ossequio allo speciale iter procedurale descritto dall’ art. 123, anch’esso modificato dalla legge n. 1 del 1999, si determini ad approvare una nuova normativa statutaria; ma, fino a quel momento, la normativa statutaria vigente in quanto incompatibile con il nuovo art. 121 va disapplicata a favore della Giunta cui “naturalmente”  compete il potere regolamentare.
La  Corte Costituzionale dal canto proprio, sembra avere chiaro il vero senso della modifica dell’ art. 121 della Cost., cioè quello per il quale la competenza ad adottare regolamenti  in ambito regionale non appartiene esclusivamente né alla Giunta né al Consiglio, né comunque esclusivamente ad essi. Spetta allo Statuto regionale (e per esso al legislatore regionale) quale principale espressione normativa dell’ autonomia regionale, rimettere di volta in volta la competenza regolamentare a questo o a quell’ organo, con una decisione che per quanto libera si riconnette  comunque, alla materia  che si intende regolare, e che è comunque  in funzione “…..dell’ ampiezza di scelta che la legge lascia aperta all’ apprezzamento discrezionale del potere regolamentare”. In breve la soluzione prediletta dalla legge cost. del 1999, non è tanto a favore di questo o di quell’ organo della Regione, quanto a “favore “ del “regolamento” in sè, come tipologia normativa di cui va sicuramente rivista  la collocazione  nella gerarchia delle fonti regionali.  Da atto di normazione secondaria prevalentemente impiegato in funzione esecutivo-attuativa, oggi si presenta come atto normativo dalle rinnovate potenzialià applicative, idoneo sempre più ad essere impiegato lì dove la sovraccaricata macchina legislativa regionale non può pervenire, ……come strumento, allo stesso tempo, di semplificazione e di qualificazione dell’ attività  normativa.
(sul punto, cfr. art. 117, comma 6, Cost.).
E’ fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione al comma 5, art. 2 della legge istitutiva del Corpo forestale regionale lombardo, così come sostituito dall’ impugnato  art. 1, comma 3, lettera b) della legge regionale n. 4  del 2002.
Il Corpo forestale, nei settori forestale,  agro-silvo-pastorale e del territorio rurale, svolge attività di supporto oltre che a favore delle Regioni e degli enti locali (comma 3), anche a favore di Province, Comuni, di Comunità montane, e di altri enti pubblici (comma 4); tale attività di supporto si risolve in quello che è il prevalente contenuto dell’ attività del Corpo forestale regionale, cioè in attività di vigilanza , controllo, monitoraggio, consulenza ed assistenza tecnica .
In proposito il successivo comma 5 dell’ art. 2 disciplina l’ipotesi in cui  l’attività di vigilanza e controllo  venga svolta dal Corpo forestale regionale,”… in sostituzione degli enti locali competenti qualora questi per qualsiasi motivo omettano di intervenire”. Il Corpo forestale regionale constata l’eventuale omissione di intervento di un ente locale e previa segnalazione al medesimo, interviene operandone la sostituzione e provvedendo a comunicargliene gli esiti.
Come è  evidente la norma impugnata non ha  inteso qui promuovere il raccordo operativo tra Regioni e realtà locali  per il superamento di problemi di comune interesse, ivi compresa l’inerzia di questo o quell’ ente locale. Nel caso qui all’esame invece, l’ incostituzionalità sta proprio nella sovrapposizione di interventi unilateralmente predisposti (“….In tali casi il Corpo forestale regionale interviene previa segnalazione all’ente competente e dà notizia allo stesso degli accertamenti eseguiti, dei rilievi effettuati e dei provvedimenti adottati”) a moduli consensuali e collaborativi; nell’ interferenza di apparati tecnico – amministrativi in ambiti materiali di pertinenza di organi di governo della Regione ; nell’ assenza dei presupposti tipici per l’operatività della sostituzione.  Ai fini di quest’ultima, non  può essere sufficiente che gli enti locali competenti “….per qualsiasi motivo omettano di intervenire….”,… non è cioè sufficiente una generica inerzia del soggetto sostituito, ma  è invece necessaria una conclamata omissione qualificata dalla sue stesse conseguenze.
Così, ad esempio, l’accertata inattività dell’ ente competente cui consegua l’inosservanza degli obblighi comunitari o addirittura  il pericolo di grave pregiudizio per gli interessi nazionali  (art.5, d. lgs.n.112 del 1998); o ancora, il mancato adempimento che attenga ad adempimenti da effettuare ad una scadenza prestabilita (o in ragione del rispetto di un termine di legge  o in relazione alla natura stessa dell’adempimento).  Ma manca soprattutto nella norma impugnata  la  previsione di un procedimento in cui venga contestato  all’ente  la propria omissione ed in cui esso venga messo in condizione di esprimere le proprie ragioni; manca – nell’ ipotesi in cui, ad esempio,  “ l’ assoluta urgenza di provvedere….. l’ improcrastinabilità dell’intervento”, non consenta di attenersi al suddetto procedimento – la previsione di necessarie garanzie sostitutive,   (così ad esempio l’ immediata comunicazione dei provvedimenti adottati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, che possono chiederne il riesame, art. 5, comma 3, d.lgs. n.112; art. 8, comma 4, legge n.131 del 2003;).
Di ciò sarebbe conferma anche il raffronto tra la norma impugnata e le disposizioni legislative vigenti in materia di poteri sostitutivi. La Corte in particolare richiama l’art. 1, comma 15, della legge regionale 2000 n. 1, recante norme sul riordino del sistema delle autonomie in Lombardia, in attuazione del d. lgs.  31 marzo 1998, n.112. In questa norma presupposto per l’intervento sostitutivo è ” l’ accertata, persistente, inattività” dell’ ente locale” strettamente correlata alle funzioni che gli sono proprie e non anche – come accade per la norma impugnata – una qualunque omissione di intervento; competente a prendere l’iniziativa per l’intervento surrogatorio non è un apparato tecnico amministrativo con funzioni esecutive quale nel nostro caso il Corpo forestale, ma  un organo di governo della Regione, cioè il Presidente della Giunta regionale lombarda. Questi, non si limita ad informare l’ “ente omittente” delle riscontrate omissioni, e poi, successivamente, dei risultati dei riscontri eseguiti prescindendo da qualsivoglia contraddittorio; al contrario  nel caso di cui all’art. 1, comma 15, della legge regionale del 2001, n. 1, il Presidente della Giunta regionale assegna all’ ente inadempiente un termine per provvedere; decorso inutilmente  tale termine, senza che cioè l’ente abbia compiuto  alcun  atto di esercizio delle proprie funzioni, si procede all’audizione dell’ente medesimo;  è solo con l’esaurimento della fase preparatoria a garanzia delle ragioni del soggetto inadempiente, l’ intervento sostitutivo, ha la sua realizzazione concreta (  la Giunta regionale dispone “….. specifici interventi sostitutivi o la nomina di un commissario ad acta”).
E’ invece infondata la questione di legittimità costituzionale dell’ art. 3 della legge regionale  n. 2. Tra le Regioni e le associazioni rappresentative degli enti locali e degli altri enti pubblici interessati può aver luogo la stipula di “convenzioni quadro” disciplinanti in concreto le forme i tempi ed i modi di articolazione delle attività di supporto che le Regioni tramite il Corpo forestale regionale realizzano a favore degli enti locali e degli altri enti pubblici . Sugli schemi di convenzione  è acquisito il parere della Conferenza regionale delle autonomie.  Gli enti che singolarmente intendono avvalersi dell’attività di supporto del Corpo forestale regionale adottano un’ espressa delibera con cui manifestano la loro volontà di aderire alla convenzione quadro (cioè quella intercorsa tra la Regione e le suddette associazioni rappresentative); ma nei rapporti con la Regione Lombardia e con il suo Corpo forestale il raccordo diviene operativo solo quando tra il singolo ente ed il Comando del Corpo forestale si addiviene ad una specifica intesa. Secondo la Presidenza del Consiglio, la norma impugnata in violazione dell’ autonomia costituzionalmente garantita degli enti locali , disciplinerebbe l’adesione di questi ultimi a schemi di convenzione non preventivamente concordati, ma dalla Regione stessa unilateralmente predisposti. Ritiene di contro la Corte  che in questo particolare caso l’autonomia degli enti aderenti, che è comunque garantita dalla sottoposizione  dello schema di convenzione alla valutazione consultiva della Conferenza regionale delle autonomie, va coordinata con le prerogative costituzionali delle Regioni e con la discrezionalità del legislatore regionale. Su quest’ ultimo punto la Corte ritiene opportuno rinviare a due importanti dati normativi:
art. 1, comma 16, legge reg. Lombardia, n. 1 del 2000, che qualifica la Conferenza regionale delle autonomie come organo collegiale partecipato dagli enti locali della Regione Lombardia; nel suo seno  si definiscono infatti i rapporti tra Regione ed autonomie locali e funzionali (università , camere di commercio, industria, agricoltura, artigianato, turismo…) e si  elaborano nuove forme di raccordo cooperativo e collaborativo ;
art. 4, comma 5, del nuovo Testo unico delle leggi sull’ ordinamento degli enti locali, n. 267 del 2000 :
“ Le Regioni, nell’ambito della propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione e l’azione coordinata fra Regioni ed enti locali nell’ambito delle rispettive competenze” (sul punto anche, legge n. 142 del 1990, art.3, in particolare comma 3).
E’ fondata la questione di legittimità costituzionale dell’ art. 4, comma 3. In base a questa norma compete al personale del Corpo forestale regionale la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria nonchè quella di ufficiale o agente di pubblica sicurezza nel rispetto della normativa statale  vigente.
Ancora una volta la Presidenza del Consiglio dei ministri denuncia l’espropriazione delle  competenze esclusive dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza (lettera h) ed in materia di giurisdizione e norme processuali (lettera l). Per la Corte il problema fondamentale che pone la norma impugnata è quello di accertare se esiste una competenza del legislatore regionale ad effettuare il riconoscimento della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di ufficiale o agente di pubblica sicurezza. Secondo la Regione tale problema meriterebbe una soluzione positiva. Ai sensi dell’  art. 4, comma 3, della legge reg. n.2, la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria compete agli agenti del Corpo forestale per l’esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo e nei limiti del servizio cui sono destinati: il che sarebbe perfettamente compatibile con la norma di chiusura dell’ art. 57 del c.p.p., per la quale spetta la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria a coloro che in base a leggi o regolamenti (che, per la resistente, ben potrebbero essere regionali) attendono al disimpegno delle funzioni proprie della polizia giudiziaria (art. 55 c.p.p.) “….nei limiti del servizio cui sono destinati e secondo le rispettive attribuzioni…”;  quanto alla qualifica di ufficiale o agente di pubblica sicurezza, tutore dell’ ordine pubblico, sarebbe riconosciuta  nel rispetto della normativa statale vigente, che pertanto non verrebbe compromessa dal riconoscimento regionale di tale qualifica.
Dissente la  Corte per la quale solo allo Stato compete attribuire tale qualifica, perché solo allo Stato compete adottare leggi di rilevanza penale ed invocarne l’ applicazione: il nostro ordinamento costituzionale ha sempre espresso e confermato l’ esclusività della  competenza statale per ciò che attiene  alla  giurisdizione penale, e per ciò che attiene al mantenimento dell’ ordine pubblico. Oggi questa riserva di competenza è espressamente  affermata dalle lettere l)  ed h) del capoverso dell’ art. 117.
Un discorso a parte  merita la polizia amministrativa .  La polizia amministrativa  locale (fatta espressamente salva dalla lettera h ), che “…segue invece, in quanto strumentale, la distribuzione delle competenze principali cui accede”, pur se formalmente ricondotta  tra le funzioni di polizia, nella sostanza essa è un  complesso di misure amministrative in funzione preventiva o repressiva dirette a prevenire o comunque, a  ridurre i danni derivanti allo Stato o alle Regioni dall’ attività svolta da privati  in ambiti di competenza statale o regionale (così la polizia  demaniale, quella sanitaria, o quella municipale ).
[*] Secondo la Corte non solo per la Regione non esistono soluzioni organizzative obbligate, ma non esiste neanche un “onere costituzionale di revisione totale degli Statuti regionali vigenti”. Sul punto, Corte Costituzionale, sentenza n. 304 del 2002. Quando l’art. 123  Cost. dice che il Consiglio regionale oltre che  approvare può anche modificare lo Statuto secondo lo speciale procedimento dell’ art. 123 Cost., il concetto di modifica dello Statuto deve intendersi riferito non esclusivamente agli Statuti  che in futuro le Regioni riterrano di dover adottare nell’ esecizio della loro autonomia normativa ed organizzativa , ma anche agli Statuti ancora vigenti. Secondo la Consulta le norme contenute in questi Statuti ,  sebbene ancora espressione della potestà statale per il fatto di essere stati un tempo oggetto di approvazione parlamentare, non possono considerarsi  per ciò solo  incompatibili con la pur radicata autonomia delle Regioni,…anzi sono espressione di questa autonomia “….nonostante la loro imputazione formale….”. Ciò tanto più che uno Statuto è in armonia con la Costituzione ai sensi dell’ art. 123, non solo quando rispetta la lettera delle singole disposizioni, ma anche e soprattutto quando ne rispetta lo spirito. Oggi solo alle Regioni, in ragione della loro spiccata autonomia, spetta scegliere se dotarsi di un nuovo Statuto, se  successivamente modificarlo, o se invece mantenere quello  già vigente pur con le modifiche suggerite dal nuovo quadro costituzionale di riferimento. Tra i vecchi Statuti  (deliberati dal Consiglio regionale ed approvati con legge statale), e gli eventuali nuovi Statuti che le Regioni riteranno di dover adottare, non c’è frattura, nè soluzione di continuità, poiché essi “………sono unificati dal potere, che solo alle Regioni é attribuito, di disporne: ciò che li rende, nel loro insieme e senza possibilità alcuna di distinguerli in ragione della diversa provenienza, espressione di autonomia.”
a cura di Giuliana Bianchi