Con questa decisione il Consiglio di Stato annulla la sentenza del TAR Puglia, sez. II n.638/2003 con la quale il giudice di primo grado aveva accolto la censura mossa nei confronti dell’affidamento diretto del servizio di igiene urbana effettuato in favore di un società a prevalente capitale pubblico. Centrale era stata nell’argomentazione del TAR la conclusione raggiunta in ordine all’immediata applicabilità della disciplina introdotta con l’articolo 35.
Tra le questioni affrontate nella pronuncia due rivestono particolare interesse:
1) la prima è quella relativa all’inapplicabilità della disciplina ex articolo 35 della legge 448/2001 (Finanziaria 2002), in assenza del previsto, (ma mai emanato ed ormai superato) regolamento di cui al co.16;
2) la seconda, invece, riguarda la qualificazione dell’affidamento del servizio pubblico locale ad un spa mista appositamente costituita come gestione diretta da parte dell’Ente locale medesimo.
Andando con ordine.
1. In relazione all’applicabilità della disciplina di cui all’articolo 35 in assenza del prescritto regolamento di attuazione, il Consiglio di Stato ricorda come la giurisprudenza amministrativa, di primo e secondo grado, si sia divisa sulla base di diversi orientamenti interpretativi. Da un lato, viene ricordata la posizione espressa da Consiglio di Stato, Sez. V n. 2380 del 6 maggio 2003 (seguita da TAR Campania, Napoli, Sez. I, sentenza 22/09/2003 n. 11543) che aveva concluso nel senso di ritenere immediatamente applicabile la disciplina di cui all’articolo 35 fondando la propria posizione sul fatto che:
a) ove si fosse raggiunta conclusione diversa si sarebbe restati “privi di disciplina di riferimento”, non potendosi più applicare la disciplina previgente in quanto definitivamente superata da quella introdotta dall’articolo 35 e questo avrebbe causato “inammissibili conseguenze di un incolmabile vuoto normativo e di una netta cesura temporale nella regolazione di quelle situazioni”;
b) il rilievo e la pregnanza degli “interessi comunitari sottesi alla nuova disciplina dei servizi pubblici locali (tutela della concorrenza nell’accesso al mercato) esigevano una soddisfazione sollecita e contestuale all’entrata in vigore del nuovo regime”;
c) “l’individuazione dei servizi di rilevanza industriale per via regolamentare assolve[va] nella sostanza una funzione meramente ricognitiva e dichiarativa (e non costitutiva del relativo regime giuridico)”, funzione che, pertanto, poteva essere effettuata dall’interprete.
Di diverso avviso erano state le conclusioni raggiunte sul punto da Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5461/03; TAR Lazio, n.2429/2003; TAR Marche n. 246/2003. In tali pronunce, i giudici avevano argomentato nel senso della fondamentale importanza del regolamento di cui al comma 16 (ad esempio, per quanto riguardava l’indicazione dei termini di scadenza o anticipata cessazione delle concessioni rilasciate con procedura diversa dall’evidenza pubblica (commi 1 e 2 articolo 35); per l’operatività del divieto contenuto nel comma 6 di partecipazione alle gare delle società affidatarie dirette, ecc.) assunta nell’ambito del disegno di riforma complessiva delineato dall’articolo 35 che non poteva essere considerato applicabile in assenza di intervento regolamentare.
Nella decisione che si presenta il Consiglio di stato dichiara di aderire alla seconda opzione interpretativa e conclude per la non applicabilità della disciplina di riforma contenuta nell’articolo 35 della legge 448/2001, affermando che “alle considerazioni esposte dai precedenti giurisprudenziali conformi si ritiene di dover soggiungere che è proprio la centralità che il regolamento assume nella riforma del 2001 a far propendere per la tesi della operatività del nuovo sistema necessariamente intermediata dalla emanazione della fonte secondaria” e questo “anche a rischio di compromissione dell’operatività della riforma a causa di inerzia in sede normativa”.
Nel nostro ordinamento, infatti, non ci sarebbero (a differenza del sistema francese) “riferimenti precisi che consentano di definire la rilevanza industriale o meno del servizio pubblico” assenza che causerebbe difficoltà (e probabili contrasti) alla giurisprudenza che si cimentasse, in assenza di supporto normativo, nella definizione di servizio pubblico a rilevanza industriale.
2. Sulla qualificazione dell’affidamento del servizio ad una società mista, il Consiglio di Stato osserva che “l’adesione alla società mista…….avrebbe dovuto, secondo i principi giurisprudenziali consolidati (l’unico precedente contrario è Cons. Giust. Amm. Sic. n. 410/2001), essere preceduta dall’espletamento di una gara per l’individuazione del partner…..Tuttavia, non gravando tempestivamente l’atto di adesione alla società (id est, l’atto di scelta del modulo organizzatorio prescelto per la gestione del servizio locale), non può essere censurato…..il consequenziale e necessitato provvedimento di affidamento del servizio”.
Al riguardo, infatti, i giudici fanno riferimento ad una precedente pronuncia (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3864 del 30 giugno 2003), nella quale si afferma che “l’affidamento di servizi pubblici locali ad una s.p.a. a capitale misto…..va qualificato come gestione diretta del servizio da parte dell’ente locale”.
In argomento, infatti, viene ricordato che “nell’affidamento diretto di un servizio pubblico locale ad una società mista, è con l’atto di costituzione della (o di adesione alla) società che l’ente locale manifesta l’opzione di tale modulo gestorio, che si autorizza l’attribuzione della titolarità del servizio al di fuori delle regole concorrenziali….Gli atti di costituzione della società mista o quelli, successivi, di acquisizione della partecipazione si rivelano, quindi, i provvedimenti concretamente idonei a sottrarre dal mercato di riferimento la possibilità di accesso alla contrattazione con l’amministrazione che ha optato per quella forma di gestione diretta del servizio, posto che il conferimento della sua titolarità vale quale atto meramente consequenziale rispetto a quelli di formazione della società (o di adesione) e, per certi versi, automatico e vincolato in relazione alla presupposta scelta del modulo in questione (C.S., Ad. Gen., 16 maggio 1996 n. 3035). E’ proprio con la prima categoria di provvedimenti, in conclusione, che l’ente locale manifesta e cristallizza l’opzione del modulo gestorio considerato, mentre con il successivo atto di affidamento si limita a dare esecuzione (necessitata) alla presupposta scelta organizzativa, di talché la lesione effettiva ed immediata degli interessi delle imprese che aspirano alla gestione del servizio rimonta all’adozione delle delibere di costituzione della società mista e di selezione del socio privato o di adesione a società esistente, tenuto conto del carattere conclusivo della determinazione organizzatoria che implicano”.