La Corte torna sulla difficile ripartizione delle competenze tra Stato e Regione in materia di beni culturali

20.01.2004

Corte costituzionale, 20 gennaio 2004, n.26

Giudizio di legittimità costituzionale dell’art.33 della legge 28 dicembre 2001, n.448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002) promosso con ricorso delle Regioni Marche, Toscana, Emilia-Romagna e Umbria

Norme impugnate e parametri costituzionali
La norma censurata, introducendo nell’art.10, comma I, d.lgs. 20 ottobre 1998, n.368 la lett. b. bis), stabilisce che il Ministero dei beni culturali può “dare in concessione a soggetti divers i da quelli statali la gestione di servizi finalizzati al miglioramento della fruizione pubblica e alla valorizzazione del patrimonio artistico come definiti dall’art.152, comma III, del d.lgs. n.112 del 1998, secondo modalità, criteri e garanzie definiti con regolamento emanato ai sensi dell’art.17, comma 3, legge n.400 del 1988”
Ad avviso delle ricorrenti la norma violerebbe le seguenti disposizioni costituzionali:
– art.117, comma III: in quanto la disposizione impugnata disciplina con norme di dettaglio una materia, la valorizzazione dei beni culturali, riconducibile a quelle attribuite alla potestà legislativa concorrente delle Regioni
– art.117, comma VI: in quanto la norma censurata conferisce al Ministro dei beni culturali un potere regolamentare in una materia di competenza regionale

Argomentazioni della Corte
La Corte, nell’individuare i caratteri distintivi della “gestione” dei servizi in oggetto e il settore materiale al quale essa è riconducibile, osserva che il criterio di ripartizione di competenza tra Stato e Regioni in materia di tutela e gestione dei beni culturali adottato dal d.lgs. n.112 del 1998 e che viene comunemente interpretato nel senso che ciascuno dei predetti enti è competente ad espletare quelle funzioni e qui compiti riguardo ai beni di cui rispettivamente abbia la titolarità, conserva tutt’ora la sua efficacia interpretativa. Alla stregua di tale criterio la Corte afferma che nella disposizione in esame appare chiaro che il soggetto che ha la titolarità dei bei culturali in questione è lo Stato: ciò si ricava dai riferimenti del previsto regolamento ministeriale sia ai “rispettivi compiti dello Stato e dei concessionari” relativamente ai restauri e alla ordinaria manutenzione dei “beni oggetto del servizio”, sia al “canone complessivo” della concessione “da corrispondere allo Stato per tutta la durata stabilita”, sia dalla previsione che “ritornino nella disponibilità” del Ministero i beni culturali conferiti in gestione in caso di cessazione, per qualunque causa, della concessione stessa.

Decisione della Corte
La Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art.33 della legge n.448 del 2001

Commenti disponibili on-line
A. POGGI, La Corte torna sui beni culturali, disponibile nella rivista elettronica “Federalismi”

a cura di Chiara Aquili