Sull’assetto delle competenze legislative tra Stato e Regioni in materia di mobbing

19.12.2003

Corte costituzionale, 19 dicembre 2003 n.359

E’ illegittima la legge della regione Lazio n.16 del 2002, in quanto recante disposizioni per prevenire e contrastare il mobbing nei luoghi di lavoro incidenti sul terreno dei principi fondamentali riservati alla competenza del legislatore statale.

Giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Lazio 11 luglio 2002, n.16 (Disposizioni per prevenire e contrastare il mobbing nei luoghi di lavoro) promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lazio n.16 del 2002 la quale descrive alcuni atti e comportamenti posti in essere nei confronti dei singoli lavoratori dipendenti, pubblici e privati, da parte del datore o da soggetti posti in posizione sovraordinata, ovvero da altri colleghi, qualificandoli come illeciti da “contrastare” con effetto erga omnes (nel territorio regionale) e non circoscritto soltanto al personale dipendente dalla regione e da enti regionali. La legge contiene altresì una serie di disposizioni organizzative e strumentali volta alla prevenzione e al contrasto dei comportamenti qualificati illeciti.
Ad avviso del ricorrente la normativa impugnata contrasterebbe con l’art.117, comma II, Cost., in quanto violerebbe la competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile (lettera l), nonché di organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali (lettera g). Il ricorrente lamenta altresì la violazione dell’art.117, comma III, Cost., dal momento che, rientrando la disciplina del mobbing nella tutela della salute e sicurezza del lavoro, la legge impugnata fissa essa stessa i principi fondamentali senza aver atteso che fosse lo Stato a stabilirli.
Preliminarmente, la Corte ribadisce che la mancanza di una espressa, specifica disciplina statale contenente i principi fondamentali di una determinata materia di competenza legislativa concorrente non impedisce alle Regioni di esercitare i propri poteri, in quanto tali principi possono e devono essere desunti dalla preesistente legislazione statale. Il carattere di provvisorietà rivendicato dalla stessa legge regionale all.’art.1, ai sensi del quale la legge interviene nelle more dell’emanazione di una disciplina organica dello Stato in materia, non è pertanto idoneo a renderla legittima indipendentemente dal vaglio del suo contenuto.
Entrando nel merito, la Corte provvede anzitutto a definire l’assetto delle competenze legislative in materia di mobbing così come questo risulta dall’art.117, Cost. A tal fine la Corte osserva che la normativa in materia di mobbing può avere un triplice oggetto, potendo riguardare la prevenzione e repressione dei comportamenti dei soggetti attivi del fenomeno, le misure di sostegno psicologico e, se del caso, l’individuazione delle procedure per accedere alle terapie di tipo medico di cui la vittima può avere bisogno ed il regime degli atti o comportamenti posti in essere da quest’ultima come reazione a quanto patito. Nell’attuale assenza nel nostro ordinamento di una disciplina a livello di normazione primaria avente ad oggetto specifico il mobbing, la giurisprudenza ha prevalentemente ricondotto le concrete fattispecie di mobbing nella previsione dell’art.2087 del codice civile ai sensi della quale “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’imprese le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. La disciplina del mobbing, valutata sotto il profilo della regolazione degli effetti sul rapporto di lavoro, è pertanto da ritenersi rientrante nell’ordinamento civile e, quindi, nella disponibilità del legislatore statale. Per quanto concerne invece l’incidenza che gli atti vessatori possono avere sulla salute fisica e psichica del lavoratore, la disciplina che tali conseguenze considera rientra nella tutela e sicurezza del lavoro, nonché nella tutela della salute (art.117, comma III, Cost.).
Movendo da queste premesse, la Corte dichiara la questione fondata.
Le Regioni possono infatti certamente intervenire in materia con propri atti normativi, anche prevedendo misure di sostegno idonee a studiare il fenomeno in tutti i suoi profili e a prevenirlo o limitarlo nelle sue conseguenze. E’ invece precluso alle Regioni intervenire, come nel caso in esame, dettando norme che vanno ad incidere su terreno dei principi fondamentali.
Per tali ragioni, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Lazio n.16 del 2002.

Giurisprudenza richiamata:

– Sulla perdurante validità del principio della desumibilità dei principi fondamentale dalla preesistente legislazione statale: Corte costituzionale, sentente n.201 e n.196 del 2003, n.282 del 2002

a cura di Chiara Aquili