E’ illegittima la disposizione che limita l’agevolazione fiscale ai fini ICI ai soli immobili di interesse storico o artistico appartenenti a “privati proprietari”

24.11.2003

E’ illegittima la disposizione contenuta all’art.2, comma 5, del d.lg. n.16 del 1993, convertito nella legge n.75 del 1993, nella parte in cui si applica ai soli immobili di interesse storico o artistico appartenenti a privati proprietari, e non anche a quelli di proprietà di enti pubblici

Giudizio di legittimità costituzionale dell’art.2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n.16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivati da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n.75, promosso con ordinanza della Commissione tributaria provinciale di Genova sul ricorso proposto dalla Banca d’Italia contro il Comune di Genova.

La Commissione tributaria di Genova ha sollevato, in riferimento all’art.3, Cost., questione di legittimità costituzionale del d.lg. n.16 del 1993, convertito, con modificazioni, nella legge n.75 del 1993, nella parte in cui limita l’agevolazione fiscale ai fini ICI dallo stesso prevista solo agli immobili di interesse storico o artistico appartenenti a “privati proprietari” e con l’esclusione, quindi, di quelli appartenenti ad enti pubblici e a persone giuridiche private senza fini di lucro.
Ad avviso del giudice a quo la norma impugnata violerebbe il principio di uguaglianza di cui all’art.3, Cost., e introdurrebbe una distinzione, a fini fiscali, tra beni di proprietà pubblica e beni di proprietà privata del tutto estranea al sistema delineato dalla legge 2 agosto 1982, n.512 (Regime fiscale dei beni di rilevante interesse culturale).
Si è costituita in giudizio la Banca d’Italia la quale si è pronunciata a favore dell’accoglimento della questione di legittimità costituzionale. I beni culturali di proprietà pubblica sono infatti caratterizzati, ai sensi dell’art.3 della legge n.1089 del 1939, da un più elevato livello di tutela e pertanto, sostiene la Banca d’Italia, la limitazione ai soli beni di proprietà privata dell’agevolazione tributaria di cui si tratta (evidentemente finalizzata a consentire la conservazione ed il miglioramento del patrimonio artistico della nazione ed a compensare i proprietari dei vincoli imposti dalla legge) risulterebbe priva di ragionevolezza.
La Corte costituzionale dichiara la questione fondata.
La Corte osserva infatti che la distinzione, operata dalla legge n.1089 del 1939, tra gli immobili di interesse storico o artistico appartenenti a “privati proprietari” e quelli di proprietà di enti pubblici rappresenta un elemento di discrimine manifestamente irragionevole rispetto all’applicazione del benefizio fiscale di cui si tratta. La norma impugnata non può infatti trovare giustificazione, né in una presunta maggiore capacità contributiva degli enti pubblici rispetto ai soggetti privati, né nella considerazione per cui gli enti pubblici sono istituzionalmente chiamati al perseguimento di finalità di ordine generale.
Per tali motivi la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art.2, comma 5, del d.lg. n.16 del 2003.

a cura di Chiara Aquili