Le pratiche terapeutiche tra uniformità e differenziazione

10.11.2003

Con decisione n. 338 del 10 novembre 2003, la Corte costituzionale ha pronunciato l’illegittimità costituzionale degli articoli 4 e 5 della legge reg. Piemonte 3 giugno 2002, n. 14 recante “Regolamentazione sull’applicazione della terapia elettroconvulsivante, la lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia” e dell’art. 3, commi 2, 3 e 4, della legge reg. Toscana 28 ottobre 2002, n. 39 recante “Regole del sistema sanitario regionale toscano in materia di applicazione della terapia elettroconvulsivante, la lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia”; articoli che “pongono limiti o divieti all’utilizzo della TEC, della lobotomia e di altri simili interventi di psicochirurgia, cui si aggiunge, nel caso della legge toscana, la previsione di linee guida regionali per l’utilizzo della TEC e le relative procedure”.

Forte del precedente relativo ad una legge regionale delle Marche su analogo oggetto (sent. Corte cost. n. 282/2002), la Corte ha ribadito che le “scelte legislative dirette a limitare o vietare il ricorso a determinate terapie, riservate all’autonomia e alla responsabilità dei medici, non sono ammissibili ove nascano da pure valutazioni di discrezionalità politica, e non prevedano l’elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi – di norma nazionali o sovranazionali – a ciò deputati”, né costituiscano “il risultato di una siffatta verifica”.

L’odierna sentenza, inoltre, ha sancito la natura di “principio fondamentale” della materia concorrente “tutela della salute” della determinazione del “confine fra terapie ammesse e terapie non ammesse, sulla base delle acquisizioni scientifiche e sperimentali”; con conseguente riserva alla legislazione statale ai sensi dell’art. 117 comma 3°, Cost.,

La duplice ratio della riserva alla potestà legislativa statale “di principio” dell’attività di selezione delle terapie ammissibili risiede, da un lato, nella sua collocazione “all’incrocio fra due diritti fondamentali della persona malata: quello ad essere curato efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell’arte medica; e quello ad essere rispettato come persona, e in particolare nella propria integrità fisica e psichica” (sent. 282/02); dall’altro, nella circostanza che “la tutela di tali diritti non può non darsi in condizioni di fondamentale eguaglianza su tutto il territorio nazionale”.

Alla luce di tali punti fermi, la Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittimi gli interventi legislativi regionali nella materia concorrente “tutela della salute” ove “pretendano di incidere direttamente sul merito delle scelte terapeutiche in assenza di – o in difformità da – determinazioni assunte a livello nazionale, e quindi introducendo una disciplina differenziata, su questo punto, per una singola Regione”.

Gli spazi di differenziazione regionale in sanità, nel rispetto dei limiti dei principi fondamentali, potranno appuntarsi sulle “norme di organizzazione e di procedura, o norme concernenti l’uso delle risorse pubbliche” e ciò “anche al fine di meglio garantire l’appropriatezza delle scelte terapeutiche e l’osservanza delle cautele necessarie per l’utilizzo di mezzi terapeutici rischiosi o destinati ad impieghi eccezionali e ben mirati, come è riconosciuto essere la terapia elettroconvulsivante (in questo ambito possono collocarsi discipline sul consenso informato o sulle procedure di monitoraggio, sorveglianza e valutazione, quali quelle contenute anche in disposizioni delle leggi di cui è giudizio, estranee all’oggetto delle impugnazioni ritualmente proposte: artt. 3 e 6 della legge del Piemonte; art. 3, comma 1, e art. 4 della legge della Toscana)”.
Il testo della sentenza è consultabile al sito: www.giurcost.org

a cura di Enrico Menichetti