Sulla “determinatezza” della causa di ineleggibilità alla carica di deputato dell’Assemblea regionale, di cui all’art. 8, comma II, n.7 della legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n.29

03.10.2003

La Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.8, comma 2, n.7 della legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n.29, nella parte in cui prevede la ineleggibilità alla carica di deputato dell’Assemblea regionale dei “capi servizio…degli uffici statali che svolgono attività nella regione”, per contrasto con la’rt.51, comma 1, Cost. Siffatta causa di ineleggibilità è infatti da ritenersi contenuta entro i limiti rigorosamente necessari per il soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse.

Giudizio di legittimità costituzionale dell’art.8, comma 2, n.7, della legge Regione Siciliana 20 marzo 1951 n.29 (Elezione dei Deputati all’Assemblea regionale Siciliana), promosso con ordinanza dalla Corte di cassazione.

La Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.8, comma II, n.7 della legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n.29, nella parte in cui prevede la ineleggibilità alla carica di deputato dell’Assemblea regionale dei “capi servizio…degli uffici statali che svolgono attività nella Regione”.
La questione trae origine da una vicenda processuale all’interno della quale il Tribunale di Palermo, e la Corte d’Appello poi, hanno ritenuto la norma impugnata non applicabile ad un deputato regionale che, sia prima che durante la candidatura, aveva ricoperto la carica di capo area della Sicilia sud orientale del settore Medicina legale dell’I.N.A.I.L., nonché svolto funzioni di direttore sanitario dello stesso istituto presso la sede di Siracusa.
A parere del giudice remittente, la disposizione impugnata contrasterebbe con l’art.51, comma I, Cost., in quanto non determinerebbe in modo adeguato e sufficientemente preciso l’eccezione al principio generale e fondamentale del libero accesso di tutti i cittadini, in condizioni di eguaglianza, alle cariche elettive. Ciò, in particolare, con riferimento al precedente costituito dalla sentenza n.166 del 1972 della Corte costituzionale, che, esponendo i motivi che la inducevano a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art.5, n.7, della legge 17 febbraio 1968, n.108, consistenti nella inammissibilità dell’esistenza di “una causa di ineleggibilità dai confini estremamente generici ed elastici, suscettibile di essere dilatata in sede interpretativa sino a ricomprendere le situazioni più diverse”, aggiungeva incidentalmente che norme del genere non sussistevano nella legislazione elettorale allora vigente, “se si prescinde da una disposizione, sostanzialmente analoga, della Regione Siciliana del 20 marzo 1951, n.29”.
In via preliminare, la Corte rigetta la tesi sostenuta dal resistente nel processo di merito, secondo cui la norma impugnata sarebbe inapplicabile al caso concreto, in quanto l’I.N.A.I.L. costituirebbe un soggetto distinto dallo Stato. A parere della Corte, infatti, il termine “statali”, di cui all’art.8 della legge regionale, andando inteso in senso lato, si riferirebbe anche all’I.N.A.I.L.: a questo esito interpretativo di tipo estensivo contribuisce la considerazione della particolare natura degli enti cosiddetti parastatali, dei penetranti poteri di ingerenza dello Stato sulla loro organizzazione e gestione, del trasferimento intervenuto di alcune delle loro precedenti funzioni al servizio sanitario nazionale ed alle stesse Regioni.
Nel merito, la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione sulla base del profilo di seguito evidenziato.
La Corte già in precedenti pronunce ha avuto modo di affermare che le cause di ineleggibilità, per essere conformi al principio di cui all’art.51, Cost., devono considerarsi di stretta interpretazione e comunque “contenute entro i limiti rigorosamente necessari per il soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse”. In particolare, nella sentenza n.166 del 1972, ha dichiarato illegittimo l’art.5 della legge n.108 del 1968, contenente una disposizione analoga a quella dell’art.8 della legge 8 della legge della Regione Siciliana, in quanto recante una causa di ineleggibilità dai confini estremamente generici ed elastici. E tuttavia, nel caso di specie, non va trascurato di rilevarsi che, specie nel periodo più recente, una ampia produzione normativa ha definito analiticamente i poteri e le responsabilità della dirigenza amministrativa nella pubblica amministrazione statale ed in molti enti pubblici. Nel caso di specie, anzi, il regolamento di organizzazione dell’I.N.A.I.L., adottato il 1 luglio 1999, definisce le principali strutture amministrative e la predisposizione ad esse dei dirigenti. Normazioni del genere possono pertanto, a parere della Corte, permettere l’applicazione della disposizione impugnata, salva, chiaramente, la riserva all’organo giudicante della valutazione della sua applicabilità nel caso singolo.

Giurisprudenza richiamata:
– sull’esigenza che le cause di ineleggibilità siano di stretta interpretazione, e comunque contenute entro i limiti rigorosamente necessari per il soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse: sent. n.132 del 2001; sent. n.141 del 1996; sent. n.344 del 1993; sent. n.388 del 1991
– sull’ambito di discrezionalità delle Regioni ad autonomia particolare in tema di ineleggibilità: sent. n.571 del 1989; sent. n.438 del 1994; sent. n.162 del 1995
– sui limiti alla potestà legislativa della Regione Siciliana in tema di ineleggibilità: sent. n.276 del 1997

a cura di Chiara Aquili