Consiglio di Stato, sez. V, 18 settembre 2003 n. 5361
I giudici di Palazzo Spada con la sentenza n. 5361 del 2003, premesso che ai sensi dell’art. 3, comma 4, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 (di recepimento della direttiva n. 92/50/CEE, in materia di appalti di servizi), “gli appalti che includono forniture e servizi sono considerati appalti di servizi quando il valore totale di questi è superiore al valore delle forniture comprese nell’appalto” e che nel caso invece in cui il valore della fornitura superi quello dei servizi, la normativa alla quale si deve fare riferimento è quella prevista dal d. lgs. 358 del 1992 in materia di appalti di forniture, hanno stabilito che la direttiva 93/36/CEE – e, quindi, per l’ordinamento italiano, il d. lgs. n. 358 del 1992 – deve applicarsi per l’aggiudicazione di un contratto di fornitura di beni, salvo che l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sul fornitore, che sia un soggetto distinto da essa, un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi, e sempre che il fornitore svolga la parte più importante della propria attività con l’amministrazione o le amministrazioni che lo controllano.
Questo tipo di controllo esisteva, al momento della stipulazione della convenzione, giacché il comune possedeva, per statuto, almeno il 51 per cento del capitale sociale della società per azioni affidataria e giacché la prevalenza del capitale pubblico doveva permanere per tutta la durata della società. Altre disposizioni dello stesso statuto conferivano al Comune una posizione dominante, per l’assenso riservatogli in caso di trasferimento di azioni da parte di altri soci, e perciò per il controllo sull’assemblea, nonché per la maggioranza riservatagli in sede di nomina e reintegrazione degli amministratori, con intuibili riflessi anche in ordine alla nomina degli altri amministratori e del collegio sindacale.
Inoltre, la deroga all’obbligo di indìre una pubblica gara riguarda il caso di affidamento della fornitura ad un soggetto giuridicamente distinto dall’amministrazione aggiudicatrice. Non si fa, dunque, riferimento ad una articolazione interna dell’ente, la quale sarebbe priva di soggettività separata.
La ratio della regola enunciata va individuata nel fatto che, nei confronti di un soggetto controllato e che svolga la sua prevalente attività per il soggetto controllore, non sarebbero ravvisabili situazioni di pregiudizio per la parità di trattamento degli altri operatori economici e per il rispetto delle regole di concorrenza. Invero, le norme della direttiva in esame, da un lato, non interferiscono sui poteri delle pubbliche amministrazioni di adottare soluzioni organizzative che siano le più rispondenti alle esigenze che esse stesse ritengano di dover soddisfare, conformemente alle leggi che le disciplinano. Dall’altro lato, le disposizioni della direttiva 93/36/CEE non ignorano la tutela, per i terzi, derivante dalle regole suddette, giacché fanno ricadere sugli “organismi di diritto pubblico”, quali definiti nell’art. 1, comma 3, lett. b), del d. lgs. 358 del 1992 (che recepisce le definizioni date dall’art. 1 della direttiva stessa) l’obbligo di osservarle, al pari delle altre “amministrazioni aggiudicatici”.