La ‘forma’ e la ‘sostanza’ della comunicazione dell’avvio del procedimento

29.07.2003

Comunicazione presentata all’ Incontro di studio sul tema “L’azione amministrativa nel progetto di revisione della L. 241/90 (Ddl Senato 1281)” – Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti – Pescara – Pescara, 30 maggio 2003

(I)
Il cd. principio del “contraddittorio”, rectius del necessario (preventivo) “dialogo” tra amministrazione e p.a., nel procedimento amministrativo trova la sua “forma” nelle disposizioni contenute nell’art. 8 della L. n. 241 del 1990.
Infatti, la norma appena ricordata indica espressamente il contenuto “minimo” della comunicazione dell’avvio del procedimento, curata e predisposta, di norma, dal responsabile del procedimento.
Tenuto conto della “sostanza” della comunicazione, o meglio della assoluta rilevanza degli effetti che conseguono alla stessa in ordine all’esercizio della funzione prevista dalla disciplina della concreta fattispecie procedimentale, giova soffermarsi brevemente sulle ragioni che hanno indotto il legislatore ad ipotizzare una modifica della norma che disciplina appunto la comunicazione dell’avvio del procedimento.
Se dovesse essere approvata la modifica, al testo vigente dell’art. 8, comma 2, della L. n. 241 del 1990 (1) verranno inserite le lettere c) bis e c) ter che prevedono espressamente che, tra gli altri, nella comunicazione devono essere indicati :“c-bis) la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione; c-ter) nei procedimenti avviati ad istanza di parte, la data di presentazione dell’istanza;”.
A tutta prima, appare evidente come la nuova formulazione della norma generalizza così l’obbligo anche ai procedimenti ad istanza di parte, cosa che era stata esclusa dalla giurisprudenza (2).
Inoltre, da un lato, chiarisce ed amplia il tenore dell’indicazione prevista dall’art. 3, comma 4, (termini ed autorità cui è possibile ricorrere), seppure quest’ultima riguardi il provvedimento finale; dall’altro, pare imporre altresì di indicare anche i rimedi di cui all’art. 2, comma 4 bis, del progetto di legge avverso l’inutile decorso del termine di conclusione del procedimento avviato.

(II)
Ciò posto da un punto di vista formale, appare superfluo ricordare che la ratio e le finalità della comunicazione dell’avvio del procedimento, sono ben più ampie e rilevanti del mero dialogo diretto con i destinatari degli effetti del provvedimento finale; indiretto con gli altri soggetti, indicati dalla norma, che siano obbligati ad intervenire nel procedimento ovvero possano farlo.
In effetti, il ruolo più elevato della partecipazione al procedimento viene confermato dalla relazione allegata al testo licenziato dal Senato della Repubblica il n. 1281 – Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa (3).
Nella relazione viene chiarito che “ l’articolo 2, comma 2, introduce poi una lettera d-bis) all’articolo 8, comma 2, della legge n. 241, rafforzando gli istituti di partecipazione procedimentale e di trasparenza dell’azione amministrativa già previsti e disponendo la necessità che l’amministrazione, nei casi di procedimenti ad iniziativa di parte, indichi nella comunicazione con cui si dà notizia dell’avvio del procedimento, la data di conclusione dello stesso nonché le conseguenze e i rimedi esperibili dall’interessato in caso di inerzia della medesima amministrazione.
Tale impostazione non muta in relazione al testo all’esame della Camera ( C. 3890) (4) che ha solo indicato, per ragioni squisitamente tecniche di migliore esposizione e lettura della norma, una diversa lettera ed ha indicato in maniera più chiara i due nuovi elementi del contenuto della comunicazione dell’avvio del procedimento.

(III)
Non c’è sicuramente tempo per approfondire gli effetti dell’intenzione del legislatore sul dibattito, dottrinario e giurisprudenziale, in merito alla generalizzazione o meno dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento.
Si può solo brevemente accennare che, senza dubbio, la effettiva possibilità di utilizzare gli strumenti partecipativi rappresenta un valore ed una conquista per il cittadino che non può essere messo in discussione o, peggio, svuotato di contenuti.
Del resto, tale impostazione viene supportata anche dall’ordinamento comunitario come si evince da quanto prevede l’art. 41 della Carta di Nizza che la quale annovera tra i diritti fondamentali dei cittadini europei, quello della buona amministrazione ed in particolare il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio.
Come giustamente faceva notare la dottrina (GARDINI) (5) , attraverso una analisi dei costi e dei benefici di una regola di democrazia, qual’è la partecipazione procedimentale che si rende possibile attraverso la comunicazione dell’avvio del procedimento, la comunicazione rappresenta un importante fattore di effettività e stabilità dell’azione pubblica, rispetto al quale un’interpretazione restrittiva finisce per generare difficoltà maggiori rispetto ai risparmi, in termini di tempo e adempimenti, che garantisce sull’adozione del provvedimento finale.
In effetti, il costo della partecipazione risulta senz’altro inferiore rispetto a quello al quale si espone l’amministrazione in caso di accoglimento del ricorso avverso il provvedimento finale.
Infatti, accanto agli effetti demolitori dell’attività compiuta, potrebbe aggiungersi anche un’azione risarcitoria, sia se si considera la partecipazione come “ bene della vita” e sia, in concreto, se dall’azione illegittima venga dimostrato la sussistenza di danni materiali quantificabili ovvero possibili in via equitativa.
Ma anche in caso di reiezione del ricorso il rendimento e l’efficacia dell’azione amministrativa andrebbero commisurati anche in base alla correttezza dell’azione amministrativa, certezza e stabilità dei rapporti con gli amministrati.
Probabilmente, la scelta, de jure condendo, di spostare nuovamente in sede processuale la verifica della necessità o meno della partecipazione, conferma le perprelssità e le contraddizioni in materie attentamente evidenziate dalla dottrina.
Infatti, a mente dell’ art. 21-sexies, comma 2, del Progetto di legge, “ Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, le quali non abbiano un rilievo essenziale per la correttezza del procedimento, quando il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.”
La previsione, pare allora, introdurre una copertura assicurativa al “rischio della partecipazione” e demandare al giudice l’accertamento ( quasi paradossale) della “ correttezza” delle violazioni, se le stesse “non abbiano un rilievo essenziale per la correttezza del procedimento” ovvero se “ il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Sul piano sostanziale e processuale, gli effetti di tale norma, per l’amministrazione e, in particolare, per i poteri cognitori e decisori del giudice competente a conoscere del rapporto controverso, sono facilmente immaginabili.
Tuttavia, a parziale giustificazione dell’operato del legislatore, occorre sottolineare che la lettera della norma riproduce quasi pedissequamente i principi affermati in molte occasioni dalla giurisprudenza amministrativa.
Si pensi alla distinzione tra attività amministrativa vincolata e non, al tipo di interessi legittimi, oppositivi o pretesivi, alla materia considerata ( edilizia, espropriazioni) e così via.
Per cui, sarà parimenti quest’ultima, se il progetto avrà piena cittadinanza, a dover affinare e rendere espliciti i criteri ai quali riferirsi.
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L’Autore è ricercatore confermato di diritto amministrativo presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Teramo

(1) Se verrà approvata definitivamente la modifica proposta, il nuovo testo dell’art. 8 rsarà il seguente:
1. L’amministrazione provvede a dare notizia dell’avvio del procedimento mediante comunicazione personale.
2. Nella comunicazione debbono essere indicati:
a) l’amministrazione competente;
b) l’oggetto del procedimento promosso;
c) l’ufficio e la persona responsabile del procedimento;
c-bis) la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione;
c-ter) nei procedimenti avviati ad istanza di parte, la data di presentazione dell’istanza;
d) l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti.

3. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima.
4. L’omissione di taluna delle comunicazioni prescritte può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista.”

(2) Sinora la giurisprudenza aveva affermato che la disciplina di cui agli art. 7 e 8 l. 7 agosto 1990 n. 241 non si applica nei procedimenti ad istanza di parte. Ex multis cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 maggio 2001, n. 2849, in Foro amm. 2001, 1141.

(3) In testo della norma licenziato dal Senato è il seguente : Art. 2. (omissis)
2. All’articolo 8, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente: «dbis) nei casi di procedimenti avviati ad istanza di parte, la data di ricevimento dell’istanza, quella entro la quale deve concludersi il procedimento, le conseguenze ed i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione».

(4) Infatti, il testo all’esame della Camera è il seguente : Art. 2. OMISSIS
2. All’articolo 8, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n.241, dopo la lettera c), sono inserite le seguenti:
’c-bis) la data entro la quale deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione;
c-ter) nei procedimenti avviati ad istanza di parte, la data di presentazione dell’istanza; ’

(5) GARDINI, Comunicazione di avvio e partecipazione procedimentale: costi e benefici di una regola di democrazia, in Giornale di Diritto Amm. 2001, 484 e ss.

di Diego De Carolis