La fornitura di lavoro temporaneo negli enti locali

28.06.2003

1. Introduzione sul lavoro interinale

Per lunghi anni nell’ordinamento giuslavoristico italiano è stata vietata ogni forma di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro che non fosse gestita da soggetti pubblici.
Il divieto di intermediazione aveva come scopo principale quello di evitare fenomeni di sfruttamento della necessità di lavoro, c.d. caporalato, ai danni dei soggetti svantaggiati nella società.
Nel corso degli anni, a seguito delle profonde modifiche intervenute nella struttura sociale e produttiva,  e considerata la grave crisi della gestione pubblica del mercato del lavoro, si è ritenuto necessario consentire anche ai privati lo svolgimento di attività per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
È stata così approvata la legge 24 giugno 1997, n.196, c.d. legge Treu dal nome del ministro proponente, con cui oltre all’apertura ad imprese private dell’attività di collocamento dei lavoratori è stato introdotto nel nostro ordinamento l’istituto del lavoro temporaneo di origine anglosassone, che consiste, come vedremo meglio più avanti, nella possibilità per un’impresa di “affittare” ad un altro soggetto lavoratori da essa dipendenti in virtù d’un contratto individuale di lavoro, stipulato generalmente a tempo determinato.
Nell’approvare la predetta normativa, tenendo conto dei rischi connessi ad un’apertura indiscriminata dell’attività di intermediazione o di fornitura di personale, il legislatore ha stabilito determinate garanzie a favore dei lavoratori, in ordine alla serietà e professionalità delle agenzie di intermediazione o di fornitura di lavoro temporaneo.
Limitandoci al lavoro temporaneo, troviamo che la legge n.196/97 ha posto alcune condizioni per lo svolgimento di questo tipo di attività di cui la prima e la più importante è quella della iscrizione della società di fornitura di lavoro temporaneo presso un apposito albo tenuto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il ministero viene a svolgere in questo campo una duplice funzione di verifica dei requisiti posseduti in fase preventiva e di vigilanza e controlli successivi sul corretto esercizio dell’attività di fornitura. Solo dopo un periodo biennale di attività e verifica l’autorizzazione, concessa temporaneamente dal ministero, si trasforma in autorizzazione a tempo indeterminato.
Tra gli altri requisiti richiesti alle aziende fornitori è importante far rilevare, accanto ai livelli minimi di capitale sociale e alla costituzione di “fondi di garanzia” a copertura dei crediti maturati dai lavoratori, la necessità per le imprese interinali della contemporanea presenza in più ambiti territoriali.
In questo modo, si è voluto evitare che, per il radicamento esclusivamente locale delle imprese di fornitura, si creasse, per così dire una “esclusiva” sul lavoro in determinati contesti, sociali e produttivi.
La legge n. 196/97 appronta ulteriori strumenti di tutela e garanzia dei lavoratori che saranno trattati nel corso dell’analisi sulla disciplina contrattuale in vigore nel comparto Regioni – Autonomie Locali.
Come sopra anticipato, il rapporto di lavoro interinale ha come scopo la fornitura di personale dipendente di un’impresa nei confronti di un altro soggetto.
Questo rapporto si configura, pertanto come un rapporto trilaterale, ed ha luogo attraverso due distinti contratti, quello di fornitura di lavoro temporaneo che intercorre tra impresa “fornitrice” e impresa “utilizzatrice” e quello di prestazione lavorativa che intercorre tra lavoratore ed impresa di fornitura.
Il contratto di fornitura di lavoro temporaneo è il contratto mediante il quale un’impresa “fornitrice”, iscritta, come visto più sopra, all’apposito albo istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, pone uno o più lavoratori, in genere da essa assunti con apposito contratto a tempo determinato, a disposizione di un’impresa, definita “utilizzatrice”, in quanto l’attività lavorativa del prestatore viene eseguita presso di essa.
Il contratto di fornitura di lavoro temporaneo è stipulato in forma scritta ed ha un contenuto obbligatorio ai sensi della legge n. 196/97, consistente nell’indicazione degli elementi di base dell’attività oggetto del rapporto, come il numero e le mansioni dei lavoratori richiesti; il luogo, l’orario ed il trattamento economico e normativo applicati; la data di inizio ed il termine del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo.
Vengono, altresì, indicate le assunzioni di obblighi in capo alle due imprese, utilizzatrice e fornitrice, che vedremo in dettaglio più avanti, nonché gli estremi dell’autorizzazione rilasciata dal Ministero del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali all’impresa interinale.
Il contratto di prestazione di lavoro temporaneo è, invece, il contratto mediante il quale un lavoratore si impegna nei confronti dell’azienda fornitrice a prestare, dietro corrispettivo, una determinata attività lavorativa presso un altro soggetto, l’azienda utilizzatrice.
Anche questo contratto deve essere stipulato in forma scritta ed ha un contenuto obbligatorio, consistente nell’indicazione dei dati relativi all’impresa utilizzatrice e fornitrice; di quelli inerenti al rapporto di lavoro, con particolare riferimenti ai motivi di ricorso a lavoro interinale, alle mansioni ed al trattamento economico e normativo spettante al lavoratore, all’inizio e al termine del rapporto, ecc.
Sulla natura del rapporto di lavoro interinale citiamo la recente pronuncia della Corte di Cassazione Sezione Lavoro, n.3020 del 27 febbraio 2003, secondo cui “il rapporto di lavoro interinale, che ha luogo attraverso due distinti contratti (…) è caratterizzato da una scissione tra gestione normativa e gestione tecnico-produttiva del lavoratore; in tale ambito il contratto di prestazione di lavoro temporaneo costituisce per il lavoratore la fonte esclusiva della disciplina normativa del suo rapporto di lavoro (c.d. contratto base)”.
Da questo discende secondo la Suprema Corte una diretta responsabilità dell’impresa utilizzatrice in merito a quanto disposto dal contratto di prestazione di lavoro temporaneo,  perché questo contenuto si estende ad essa “per effetto di una fattispecie caratterizzata da due autonomi negozi, ontologicamente fra loro collegati, che danno luogo ad un rapporto indivisibile e trilaterale.

2. Principi generali e tipologie di utilizzo negli enti locali

Come per gli altri istituti di utilizzo flessibile del personale, anche nel caso del lavoro temporaneo, bisogna far riferimento, come norma fondamentale, all’art.36 del D.lgs. 30 marzo 2001, n.165, che consente alle pubbliche amministrazioni di avvalersi, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale, delle forme contrattuali flessibili di assunzione e impiego dei lavoratori.
Con riferimento al lavoro interinale, il ricorso a tale strumento è ammesso, nel pubblico impiego, nel rispetto di due criteri generali stabiliti dall’art. 1 del C.C.N.L. Quadro del 9.8.2000, secondo cui:
a) gli enti possono stipulare contratti di lavoro temporaneo per soddisfare esigenze a carattere non continuativo e/o a cadenza periodica, o collegate a situazioni di urgenza non fronteggiabili con il personale in servizio o attraverso le modalità del reclutamento ordinario previste dal D.Lgs. n.165/2001;
b) il ricorso al lavoro temporaneo deve essere improntato all’esigenza di contemperare l’efficienza operativa e l’economicità di gestione.
I predetti criteri devono considerarsi requisiti di legittimità dell’utilizzo di lavoratori interinali, in mancanza dei quali non è ammissibile il ricorso a tale strumento per lo svolgimento di attività istituzionali.
Fermo restando il rispetto dei predetti principi, il ricorso al lavoro interinale è consentito agli enti pubblici solo nei casi tassativi indicati da norme di legge o di contrattazione collettiva.
Le pubbliche amministrazioni possono utilizzare personale interinale innanzitutto nei casi richiamati dal C.C.N. quadro del 9.8.2000  e dall’art. 1, comma 2,  lett. b) e c), della Legge n. 196/97 e cioè per la temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali, per la sostituzione di lavoratori assenti ed, infine, per le causali individuate dalla contrattazione collettiva di comparto.
Per le Regioni e per gli enti locali, la predetta utilizzazione è consentita, inoltre, nei casi previsti dall’art. 2, comma 2 del C.C.N.L. di comparto del 14.9.2000 e cioè:
a) per  la  temporanea utilizzazione di professionalità  non  previste nell’ordinamento  dell’amministrazione,  anche  al  fine di  sperimentarne la necessità, in ciò ripetendo quanto affermato dal CCN quadro;
b) in presenza di eventi eccezionali e motivati non considerati in sede di programmazione dei fabbisogni, per la temporanea copertura di posti vacanti, per un periodo massimo di 60 giorni e a condizione che siano state avviate le procedure per la loro copertura, termine elevato a 180 giorni per posti relativi a profili professionali non facilmente reperibili o comunque necessari a garantire standard definiti di prestazioni, in particolare nell’ambito dei servizi assistenziali;
c) per punte di attività o per attività connesse ad esigenze straordinarie, derivanti anche da innovazioni legislative che comportino l’attribuzione di nuove funzioni, alle quali non possa farvi fronte con il personale in servizio;
d) per particolari fabbisogni professionali connessi all’attivazione e aggiornamento di sistemi informativi ovvero di controllo di gestione e di elaborazione di manuali di qualità e carte di servizi, che non possono essere soddisfatti ricorrendo unicamente al personale in servizio;
e) per soddisfare specifiche esigenze di supporto tecnico e per creare le relative competenze nel campo della prevenzione, della sicurezza, dell’ambiente di lavoro e dei servizi alla persona con standard predefiniti.
Si tratta, per la maggior parte, di ipotesi specifiche, che non consentono un utilizzo in via ordinaria dello strumento del lavoro interinale. Questo è concesso, alle amministrazioni del comparto, come intervento non “quantitativo” per lo svolgimento della attività dell’ente, bensì “qualitativo”, se non addirittura sperimentale, per operare interventi mirati per un miglioramento di attività  puntualmente individuate.
Il CCNL enti locali stabilisce anche un limite massimo di utilizzo di personale interinale, determinato nel 7% rispetto al personale in servizio a tempo indeterminato.
Una funzione di controllo sul rispetto del predetto limite viene demandata dal CCNL di comparto alle organizzazioni sindacali, che devono essere costantemente informate dalle amministrazioni sul numero delle assunzioni effettuate, e sulle cause che hanno determinato le assunzioni stesse.
In virtù di questo obbligo informativo, gravante sulle amministrazioni, le predette associazioni sono poste in grado di svolgere un controllo anche sul corretto uso di questo strumento giuridico, in senso più generale.

3. Divieti di utilizzo e sanzioni

Fermo restando che le amministrazioni possono stipulare accordi di fornitura di personale temporaneo solo con soggetti regolarmente autorizzati all’attività di fornitura del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, un divieto a carattere generale di utilizzo dello strumento del lavoro interinale è posto, per le amministrazioni pubbliche, dall’art. 1, comma 2 del C.C.N. Quadro del 9/8/00 che dispone: “in nessun caso il ricorso alla fornitura di lavoro temporaneo potrà essere utilizzato per sopperire stabilmente e continuativamente a carenze organiche”.
Anche la legge n. 196/97 pone alcuni divieti di utilizzo, difficilmente presentabili nelle pubbliche amministrazioni che, per completezza, presentiamo.
Secondo la predetta norma, è vietato il ricorso al lavoro interinale, quando il contratto di fornitura sia stato stipulato allo scopo di sostituire lavoratori che esercitino il diritto di sciopero; ovvero da unità produttive che, nei dodici mesi precedenti, abbiano proceduto a licenziamenti collettivi o sospensione dei rapporti o, infine, a riduzione dell’orario (per lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce la fornitura); o, infine per le mansioni il cui svolgimento può presentare maggiore pericolo per la sicurezza del prestatore di lavoro o di terzi, per le lavorazioni che richiedono sorveglianza medica speciale e per lavori particolarmente pericolosi, ovvero a favore di imprese che non dimostrino di aver effettuato la valutazione dei rischi d’impresa (art. 4 D. Lgs. n. 626/94)
Più interessanti sono, per gli enti locali, le esclusioni soggettive di origine contrattuale.
L’art. 2, comma 4, del C.C.N.L. comparto Regioni – Autonomie Locali del 14.9.2000 dispone: “Il ricorso al lavoro temporaneo non è consentito per i profili della categoria A, per quelli dell’area di vigilanza e per quelli del personale educativo e docente degli asili nido e delle scuole materne, elementari, medie e superiori. Sono, altresì, escluse le posizioni di lavoro che comportano l’esercizio di funzioni nell’ambito delle competenze del Sindaco come Ufficiale del Governo”.
L’art.10 della legge n.196/97 prevede una serie di sanzioni a carico delle imprese in caso di mancanza di forma scritta dei contratti di fornitura o di prestazione di lavoro temporaneo, nonché nel caso di prosecuzione illegittima dell’attività lavorativa del dipendente.
L’art. 11 della medesima normativa specifica, comunque che la sanzione più grave prevista a carico delle imprese, la trasformazione del rapporto interinale in rapporto a tempo indeterminato, non si applica alle pubbliche amministrazioni utilizzatrici.
Deve, invece ritenersi che ad esse si applichino le maggiorazioni del trattamento stipendiale previste per l’illegittima prosecuzione dell’utilizzo del lavoratore, qualora questo sia stato concordato con l’impresa fornitrice dall’amministrazione interessata.
Si rammenta che, ai sensi dell’art. 36, comma 2° del D.Lgs. n.165/2001, nel caso di violazione di norme imperative riguardanti l’assunzione o l’utilizzo di lavoratori da parte della P.A., il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno, derivante dalla prestazione di lavoro illegittimamente svolta.
Qualora la violazione delle predette norme sia dovuta a dolo o colpa grave da parte dei dirigenti responsabili, le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare da questi le somme pagate in esecuzione del rapporto di lavoro viziato.

4. Selezioni e trasparenza dell’azione amministrativa

Come si è visto in precedenza, i lavoratori interinali stipulano un contratto di lavoro con l’agenzia di fornitura e non con l’ente utilizzatore. Non diventano, cioè, dipendenti della pubblica amministrazione.
Conseguentemente, non si applica loro la disciplina per l’accesso alle pubbliche amministrazione prevista, in osservanza del precetto costituzionale di cui all’art.97 Cost., dall’art.35 del d.lgs. n.165/2001, né quella specificamente indicata per i rapporti a tempo determinato dall’art.7 del CCNL enti locali del 14.9.2000.
Appare, infatti inapplicabile al lavoro interinale, proprio per la mancata “incorporazione” dei lavoratori nell’ente pubblico, il richiamo operato dall’art.36 del D.Lgs. n. 165/2001(citato all’inizio del paragrafo 2) al rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale.
Eppure questi soggetti vengono a svolgere attività proprie dell’amministrazione e da questa risultano regolarmente retribuiti, seppure in maniera indiretta,
Il problema è molto delicato poiché le agenzie di lavoro interinale oltre alla funzione di fornitura del personale, svolgono anche la funzione di selezione dello stesso, adottando criteri altamente discrezionali.
Va aggiunto che è sempre possibile il rischio che amministrazioni “disinvolte” possano utilizzare lo strumento dell’interinale per favorire questo o quell’altro soggetto, con elusione delle norme stabilite per l’accesso nella P.A.
In questo l’attuale disciplina contrattuale del lavoro interinale prevede procedure che si prestano maggiormente ad abusi rispetto, ad esempio, a quanto previsto per le assunzioni a tempo determinato.
È opportuno, pertanto, che contrattazione collettiva intervenga nuovamente in materia, stabilendo norme per la trasparenza e la pubblicità delle selezioni di personale che viene ad essere utilizzato presso le PP.AA., senza affidarsi completamente alla buona volontà degli enti.
Si potrebbe, ad esempio, prevedere una forma di controllo dell’ente sulle valutazioni dell’agenzia interinale in merito al curriculum degli interessati e all’eventuale colloquio di selezione. Già solo questa lieve forma di controllo indurrebbe le agenzie interinali a ricercare una maggiore obiettività di giudizio nella fase selettiva.

5. Obblighi scaturenti dal contratto di fornitura

Gli obblighi principali del datore di lavoro, quelli al pagamento diretto ai lavoratori del trattamento economico nonché al versamento dei contributi previdenziali, sono posti a carico dell’impresa fornitrice ed indicati nel contratto di fornitura di lavoro temporaneo.
Nello stesso contratto vengono indicati altri obblighi a carico dell’impresa utilizzatrice come quello del pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico nonché del versamento dei contributi previdenziali in favore del prestatore, in caso di inadempimento dell’impresa fornitrice, fatto salvo il diritto di rivalsa nei confronti di questa.
L’impresa utilizzatrice deve inoltre comunicare alla fornitrice i trattamenti  retributivi e previdenziali applicabili, nonché le eventuali differenze maturate nel corso di ciascuna mensilità o del minore periodo di durata del rapporto, ed è tenuta, altresì a rimborsare all’impresa fornitrice gli oneri retributivi e previdenziali da questa effettivamente sostenuti in favore del prestatore di lavoro temporaneo.

6. Obblighi dell’impresa utilizzatrice

L’impresa utilizzatrice deve garantire ai prestatori di lavoro temporaneo i medesimi livelli di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti, in quanto anche ai lavoratori interinali si applicano integralmente le norme in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, con conseguente responsabilità datoriale per la violazione degli obblighi di sicurezza.
Quando, poi, in cui le mansioni del lavoratore interinale richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici, l’impresa utilizzatrice è tenuta ad informarlo in merito alla possibile nocività specifica dell’attività che andrà a svolgere.
Nel caso in cui il prestatore di lavoro temporaneo venga adibito a mansioni superiori l’impresa utilizzatrice deve darne immediata comunicazione scritta all’impresa fornitrice e consegnare una copia al lavoratore, altrimenti risponde in via esclusiva delle differenze retributive spettanti al lavoratore medesimo.
Il lavoratore interinale ha diritto a fruire di tutti i servizi sociali ed assistenziali di cui godono i dipendenti dell’impresa utilizzatrice, esclusi quelli per cui sono richiesti particolari oneri associativi riservati ai dipendenti dell’azienda o dell’ente pubblico.
Qualora si ponga la necessità di attivare procedimenti disciplinari nei confronti del lavoratore interinale, l’impresa utilizzatrice ha l’obbligo di comunicare alla fornitrice tutti gli elementi che formeranno oggetto della contestazione  ai sensi dell’art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, c.d. statuto dei lavoratori.
Per ultimo, l’impresa utilizzatrice risponde dei danni arrecati a terzi dal lavoratore interinale nell’esercizio delle sue mansioni.

7. Prestazione di lavoro temporaneo, trattamento economico e diritti sindacali

Il prestatore di lavoro temporaneo è soggetto al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro presso cui svolge la sua attività. E, pertanto, è tenuto a seguire, nella propria attività lavorativa, le istruzioni impartite dell’impresa utilizzatrice per l’esecuzione e la disciplina del rapporto di lavoro, nonché al rispetto delle norme di legge e di contratto collettivo applicate ai lavoratori dipendenti della medesima impresa utilizzatrice.
Al prestatore di lavoro temporaneo è corrisposto un trattamento economico non inferiore a quello cui hanno diritto i dipendenti di pari livello dell’impresa utilizzatrice.
Per quello che riguarda il trattamento accessorio, il CCNL degli enti locali del 14.9.2000, prevede che i lavoratori temporanei, “qualora  partecipino  a programmi o progetti di produttività, hanno diritto a partecipare all’erogazione dei relativi trattamenti”.
Alla contrattazione collettiva a livello decentrato è demandata la specifica definizione dei casi, delle condizioni e dei criteri per la determinazione e corresponsione dei suddetti trattamenti accessori.
L’art. 2, comma 9°, del CCNL enti locali, conformemente a quanto disposto dall’art.7 della legge n. 196/97, specifica che “i lavoratori temporanei hanno diritto di esercitare presso gli enti utilizzatori i diritti di libertà e di attività sindacale previsti dalla legge n. 300/70 e possono partecipare alle assemblee del personale dipendente”.

8. Cenni sugli aspetti  previdenziali

Gli oneri contributivi, previdenziali ed assistenziali sono a carico delle imprese fornitrici che sono inquadrate nel settore terziario. Anche gli obblighi per l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali sono a carico dell’impresa fornitrice.
Come già detto, gli importi effettivamente versati dalle imprese fornitrici, sono oggetto d’un apposito impegno di copertura da parte delle imprese utilizzatrici, nell’ambito degli obblighi assunti con il contratto di fornitura.
Al fine di garantire la copertura assicurativa per i lavoratori impegnati in iniziative formative nonché per la copertura dei periodi intercorrenti fra diversi contratti per prestazioni temporanee a tempo determinato, il D. Lgs. 564/96 prevede la possibilità per i lavoratori di versare la differenza contributiva per i periodi in cui abbiano percepito una retribuzione inferiore rispetto a quella convenzionale.

di Gianluca Di Pofi