L’interesse dei comitati per i referendum popolari nei confronti del voto per corrispondenza degli italiani residenti all’estero

04.06.2003

Corte Costituzionale, 4 giugno 2003, ord. N. 195

I comitati per i referendum di cui all’art.75 Cost. possono presentare ricorso per conflitto di attribuzione alla Corte Costituzionale solo al fine di evitare l’adozione di tecniche elusive della richiesta referendaria da parte del legislatore, nonché per garantire che la campagna referendaria si realizzi attraverso corrette ed adeguate modalità di svolgimento.

Non è ammissibile la censura relativa alla disposizione di cui all’art.1, comma 2 della legge n.459 del 2001, dal momento che l’accoglimento dei rilievi di costituzionalità relativi al voto per corrispondenza determinerebbe la conseguenza di rendere assai più difficile l’espressione del voto degli italiani residenti stabilmente all’estero, che, quali componenti del corpo elettorale, contribuiscono a determinare il quorum di partecipazione necessario per dare efficacia al procedimento referendari.

Giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato, sorto a seguito della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero); del d.P.R. 2 aprile 2003, n. 104 (Regolamento di attuazione della legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante disciplina per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero); della deliberazione della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi approvata il 16 aprile 2003, recante ‘Disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti, informazione e tribune della concessionaria del servizio radiotelevisivo pubblico relative alle campagne per i referendum popolari per l’abrogazione di disposizioni recate dall’art. 18 dello statuto dei lavoratori e per l’abrogazione della servitù coattiva di elettrodotto indetti per il giorno 15 giugno 2003’, promosso dai signori Giuliani Livio e Rienzi Carlo, nella qualità di promotori e presentatori del referendum popolare per l’abrogazione della servitù coattiva di elettrodotto, ammesso dalla Corte costituzionale con sentenza n. 44 del 2003.

Due tra i promotori e i presentatori del referendum popolare per l’abrogazione della servitù coattiva di elettrodotto, indetto il 15 giugno 2003, hanno sollevato conflitto di attribuzione implicitamente avverso le Camere del Parlamento, il Governo e la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in relazione alla legge 27 dicembre 2001, n. 459 (Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero), nonché al relativo regolamento attuativo di cui al d.P.R. 2 aprile 2003, n. 104 e alla deliberazione della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi approvata il 16 aprile 2003.
Secondo i ricorrenti, i presupposti del ricorso sono fondati sia sulla presunta incostituzionalità del voto per corrispondenza previsto per gli italiani stabilmente residenti all’estero, che non garantirebbe la segretezza del voto di cui all’art.48 Cost., sia sulla mancata previsione, anche da parte del Governo e della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza nel settore radiotelevisivo, di alcuna norma di tutela sulla disciplina della campagna elettorale e della relativa propaganda nei paesi esteri.
Sotto il profilo della legittimazione dei ricorrenti, la Corte Costituzionale, chiamata ad esprimersi sulla questione, ribadisce che agli elettori, in numero non inferiore ai 500.000 sottoscrittori della richiesta di referendum, spetta la titolarità di una funzione costituzionalmente garantita e rilevante; sotto il profilo dei requisiti soggettivi, la Corte mantiene tuttavia alcune perplessità sulla possibilità di legittimare due soli “presentatori e promotori” del referendum popolare a rappresentare il comitato dei promotori.
Sotto il profilo oggettivo, la Corte giudica la questione inammissibile, in primo luogo perché non concorda con la generica richiesta di annullamento di tre interi testi normativi, quando di fatto i rilievi sollevati riguardano solo alcune disposizioni. In secondo luogo, la Corte rigetta l’unica censura puntuale sollevata dai due ricorrenti, quella relativa all’art.1, comma 2 della legge n. 459 del 2001, osservando come l’eventuale giudizio di illegittimità relativo al voto per corrispondenza renderebbe estremamente difficile l’espressione del voto degli italiani stabilmente residenti all’estero, che, quali membri del corpo elettorale, concorrono a determinare il quorum di partecipazione necessario per dare efficacia al procedimento referendario. Infine, la Corte ritiene che il ricorso non sia ammissibile anche in relazione alla portata relativamente limitata degli interessi di cui sono portatori i due ricorrenti, che, nella loro veste di promotori e presentatori di referendum elettorale, sono interessati unicamente all’esclusione di tecniche elusive della richiesta referendaria da parte del legislatore, nonché alla garanzia di corrette ed adeguate modalità di svolgimento della campagna referendaria.

Giurisprudenza richiamata:
– sulla legittimazione di alcuni “presentatori e promotori” del referendum popolare a rappresentare il comitato dei promotori: Corte Cost., sent. n. 69 del 1978 e n. 161 del 1995;
– sulla facoltà dei comitati per i referendum di cui all’art.75 Cost.di far valere l’interesse rivolto all’esclusione di tecniche elusive della richiesta referendaria da parte del legislatore: Corte Cost., sent. n. 68 e 69 del 1978; sent. n. 30 e 31 del 1980;
– sulla facoltà dei comitati per i referendum di cui all’art.75 Cost.di far valere l’interesse rivolto alla garanzia di corrette ed adeguate modalità di svolgimento della campagna referendaria: Corte Cost., sent. n. 502 del 2000; sent. n. 49 del 1998; sent. n. 15 del 1997; sent. n. 161 del 1995

a cura di Elena Griglio