Le incertezze regionali sui buoni scuola

04.06.2003

Il 27 aprile 2003 è fallito in Liguria, per mancanza del quorum, il referendum abrogativo sulla legge regionale sul diritto allo studio, la l.r. 20 marzo 2002, n. 14, che ha istituito assegni di studio a parziale copertura delle spese scolastiche sostenute dalle famiglie degli allievi delle scuole elementari, medie e superiori, statali e paritarie, aventi sede in Liguria. Con tale legge, la Regione Liguria ha voluto dare una concreta attuazione ai principi del diritto allo studio, della pluralità degli ordinamenti scolastici e della libertà di scelta del percorso scolastico da parte delle famiglie e degli studenti liguri. Tale legge ha tuttavia sollevato l’opposizione dei promotori del referendum abrogativo: questi ultimi, schierandosi a tutela della scuola statale, hanno lamentato che l’assegno sarebbe rivolto unicamente a chi frequenta scuole paritarie, dal momento che i contributi possono essere dati solamente alle famiglie che spendono almeno 500,00 euro per tasse, rette e contributi di iscrizione e frequenza (ad esclusione delle spese per i testi scolastici, la mensa e il trasporto) e che solitamente le spese di iscrizione alle scuole statali si rivelano nettamente più basse.
Mentre in Liguria falliva il referendum abrogativo, presso il Consiglio regionale della Regione Piemonte ha preso l’avvio, in un animato e contrastato confronto politico, il dibattito sull’approvazione del ddl regionale sui buoni scuola.
I due avvenimenti pongono nuovamente all’attenzione dell’opinione pubblica il tema dei cosiddetti “buoni scuola ” (talora definiti “borse di studio”), volti a promuovere la parità tra la scuola statale e le scuole non statali. Il tema in discussione è intrinsecamente legato alla disposizione di cui all’articolo 1, comma 9, della legge n. 62 del 2000, che ha previsto un piano straordinario di finanziamento alle Regioni per l’assegnazione di borse di studio a sostegno della spesa sostenuta e documentata delle famiglie per l’istruzione degli alunni delle scuole statali e paritarie, nell’adempimento dell’obbligo scolastico e nella successiva frequenza della scuola secondaria. Tale previsione è stata attuata con il DPCM n. 106 del 2001, che ha dettato le finalità e le norme attuative del citato art.1, comma 9, individuando le somme di spettanza per ogni singola regione, le categorie degli aventi diritto, nonché le modalità per la definizione dei benefici e per la indicazione del loro utilizzo, disponendo all’art.5 che le regioni definiscano gli interventi relativi.
Il successivo svolgimento del diritto allo studio a livello regionale ha avuto, tuttavia, esiti incerti, come testimoniato dagli eventi degli ultimi mesi. Anche nelle altre Regioni che hanno già attivato leggi regionali sul tema del diritto allo studio (in primo luogo il Friuli Venezia Giulia, seguito da Veneto, Lombardia, Emilia Romagna), non sono d’altronde mancate, in passato, le richieste di referendum abrogativi, che hanno attribuito una profonda instabilità alle relative iniziative legislative.
Le incertezze sul buono scuola registratesi negli ultimi anni non sono altro che una perpetuazione dello scontro politico e culturale che da sempre ha accompagnato il dibattito sul finanziamento pubblico alle scuole non statali, fin dalle discussioni in sede costituente sull’art. 33 Cost.  Il problema è che, fin dal 1948, il tentativo di valorizzare la parità scolastica è sempre stato perseguito attraverso l’attivazione di contributi finanziari alle famiglie e agli studenti, senza interrogarsi sulla possibilità di percorrere strade alternative al fine della promozione dell’importante ruolo sociale ed educativo svolto dalle scuole paritarie. Ci si domanda, pertanto, se, al di là degli scontri sui buoni scuola, non sarebbe necessario soffermarsi a riflettere sulla necessità di delineare un nuova disciplina a favore delle scuole non statali, incentrata sulla promozione della qualità dell’offerta educativa, sulla realizzazione di una formazione di eccellenza per il personale docente, nonché sulla predisposizione di percorsi formativi alternativi, maggiormente flessibili ed adeguati a sostenere la domanda di istruzione da parte delle famiglie e degli studenti.

a cura di Elena Griglio