Scioglimento del consiglio comunale per dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali Consiglio di Stato, sez. V, 30 maggio 2003, n. 2975

13.05.2003

Consiglio di Stato, sez. V, 30 maggio 2003, n. 2975

Devono ritenersi valide e quindi idonee a determinare l’effetto dissolutorio di cui all’art. 141 del d.lgs n. 267 del 2000 le dimissioni presentate al Consiglio comunale dalla maggioranza dei consiglieri che presentino il requisito della contestualità, attestata dalla unicità o dalla stretta sequenza numerica della protocollazione, a nulla rilevando l’assenza di autenticazione della sottoscrizione o il successivo disconoscimento dell’attualità della volontà ivi espressa.

Il giudice amministrativo nella sentenza n. 2975 del 2003 è chiamato a pronunciarsi sulla validità, ai fini di provocare l’effetto dissolutorio di cui all’art. 141 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, delle formali dichiarazioni presentate contestualmente da parte della maggioranza dei Consiglieri comunali, non personalmente ma a mezzo di presentatore, prive dell’autenticazione delle sottoscrizioni ed acquisite  al protocollo del Comune in stretta sequenza numerica.
L’art. 141 del citato d.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 individua alla lett b), n. 3,  tra le ipotesi di scioglimento dei consigli comunali  e provinciali, l’impossibilità di assicurare il normale funzionamento degli organi e dei servizi a causa di  ‘cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia’.
L’art. 38, comma 8, della medesima legge prevede poi che  ‘le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere assunte immediatamente al protocollo dell’ente nell’ordine temporale di presentazione’.
Dal combinato disposto delle due norme emerge che il legislatore ha inteso lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali quale effetto automatico della presentazione contestuale delle dimissioni da parte metà più uno dei rispettivi membri, in connessione con la presunzione iuris et de iure dell’impossibilità di assicurare il normale funzionamento degli organi. Presunzione quest’ultima legata dal legislatore anche alle ipotesi  previste dai precedenti nn. 1 e 2 e dal successivo n. 4 della medesima lett.b) dell’art.141  e precisamente l’ impedimento permanente, la rimozione, la decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia (n. 1), le  dimissioni di questi ultimi (n. 2) e, infine, la riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio.
La fattispecie di scioglimento conseguente di cui alla lett. b), n. 3, prescinde del tutto nel testo normativo  dall’accertamento dell’effettiva volontà dei consiglieri dimissionari essendo invece  caratterizzata da garanzie attinenti alla forma delle dimissioni e alla fase procedimentale della loro acquisizione.
Per ciò che attiene alla forma è prescritto in particolare  che le dimissioni debbano essere indirizzate al Consiglio e debbano presentare il requisito della contestualità.
Come pure messo in luce dalla I Sezione del Consiglio, nel parere del 10.10.2002, n. 3049, la contestualità è ‘idonea a costituire la prova, sorretta da presunzione legale, della volontà concordata ed irrevocabile della maggioranza indicata dalla legge di provocare lo scioglimento del consiglio comunale’.
Essa, in particolare, come già sostenuto da questa Sezione  (decisione 6 maggio 2003 n. 2382) ‘vale anche a scongiurare lo scioglimento del consiglio comunale per una casuale sommatoria di dimissioni dovute a motivi diversi non certamente aventi finalità dissolutorie del consiglio comunale se non addirittura a manovre surrettizie delle minoranze dirette a determinare il risultato politico dello scioglimento dell’organo e un nuovo ricorso al corpo elettorale’.
Il requisito della contestualità è stato interpretato  in senso molto restrittivo dalla giurisprudenza espressasi in seguito alla modifica recata dall’art. 5 della legge n. 127 del 1997 all’art. 39 della legge n. 142 del 1990 poi confluito nel testo unico oggi vigente (su un’ampia interpretazione del requisito della contestualità, nel vigore della vecchia norma, si era invece espressa l’Adunanza plenaria nella decisione n. 15 del 24 aprile 1997). E’ stato così ritenuto  non  sufficiente  la presentazione delle dimissioni al protocollo  effettuata nel medesimo giorno, occorrendo invece che la presentazione degli atti separati sia anch’essa ‘contestuale’ nel tempo, cioè che avvenga nello stesso momento giuridicamente inteso, ossia con protocolli caratterizzati dalla stretta sequenza numerica (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26/05/1998, n. 696; Cons. Stato Sez. V, 6 maggio 2003, n. 2382, cit.; contra, tuttavia, Cons. Stato, Sez. IV, 03/03/2000, n. 1131).
E’ proprio la contestualità  ad assicurare che la circostanza della somma di dimissioni non sia casuale o realizzata artatamente dalla minoranza allo scopo di provocare surrettiziamente una crisi politica. Ed è proprio allo scopo di consentire la verifica del requisito della  contestualità che vengono dettate, dal citato art. 38, comma 8, d.lgs. n. 267 del 2000, norme  procedimentali che impongono l’obbligo di immediata assunzione al protocollo dell’ente nell’ordine temporale di presentazione.
Dalle dimissioni presentate contestualmente nei termini di cui sopra discende, quale effetto naturale, lo scioglimento del Consiglio comunale o provinciale senza che, ai sensi del combinato disposto delle norme di cui agli artt. 38, comma 8 e 141, d.lgs n. 267 del 2000 rilevino in alcun modo eventuali successive revoche e senza che sia necessario attendere una presa d’atto essendo le dimissioni, per espressa disposizione normativa, atto irrevocabile, non recettizio e immediatamente efficace.
In presenza di un tale articolato intervento normativo volto ad assicurare certezza alla procedura di presentazione delle dimissioni risulta inammissibile un intervento di supplenza giudiziaria volto a colmare presunte lacune della disciplina.
Il Collegio ritiene in particolare di non condividere la posizione assunta dalla prima Sezione del Consiglio di Stato nel parere n. 4269 dell’11 dicembre 2002. In esso, modificando un precedente orientamento espresso dalla medesima Sezione (cfr. il citato parere n. 3049 del 10 ottobre 2002), in cui addirittura si era ritenuta necessaria ‘la materiale e personale consegna del documento al protocollo da parte dell’interessato, con la connessa identificazione da parte del personale addetto’ con la conseguenza di dover ritenere le dimissioni eventualmente presentate per interposta persona o inoltrata per posta o con altri mezzi improcedibili e comunque prive di efficacia’, è stato affermato che, ferma restando la necessità in via generale della presenza fisica del consigliere al momento delle dimissioni , sono da ritenersi valide le dimissioni presentate dal consigliere impedito purchè ‘previamente autenticate ed in data certa e con l’indicazione (contestuale o – a sua volta separatamente autenticata) delle generalità di quest’ultimo’.
E’ stato, in particolare, escluso che in tale materia trovi applicazione il principio della libertà delle forme ritenuto ‘non idonea, evidentemente, a garantire la esigenza legale della ‘certezza’ e della ‘veridicità’ dell’atto di dimissioni’ ed è stato ritenuto che ‘l’interpretazione della vigente normativa di settore non può certamente prescindere dalla considerazione della effettiva volontà degli interessati al riguardo, ove questa – anche in ragione della sua definitività e delle sue conseguenze – si manifesti comunque con un’adeguata e sufficiente garanzia della certezza e veridicità delle dimissioni pur in mancanza della materiale presentazione delle medesime da parte dei predetti’.
In tal modo, a parere della V Sezione, si è incluso tra i presupposti previsti dalla legge l’elemento alternativo della presenza fisica del consigliere dimissionario e dell’autenticazione della sua sottoscrizione che non è in alcun modo previsto dalla legge che, come si è visto, si limita a richiedere la contestualità delle dimissioni presentate dalla maggioranza dei consiglieri e il loro essere rivolte al Consiglio quali unici requisiti per il determinarsi dell’effetto dello scioglimento comunale.
E, peraltro, anche l’onere formale dell’autentica della firma, individuato quale strumento necessario per garantire la veridicità delle dichiarazioni di dimissioni risulta al tempo stesso superfluo ed insufficiente. Superfluo tutte le volte in cui la veridicità della sottoscrizione non risulta disconosciuta dal consigliere dimissionario. Insufficiente, in generale, in quanto il pubblico ufficiale che autentica la firma non è affatto chiamato ad indagare sulla volontà del dichiarante ma solo ad attestare che la sottoscrizione è avvenuta in sua presenza. Nè, infine, detta autenticazione è indicativa dell’attualità della volontà dal momento che, in assenza di una norma espressa che ne sancisca l’irrevocabilità per un certo tempo dalla data di autenticazione della sottoscrizione, ben potrebbe l’interessato modificare le sue determinazioni in relazione al mutato assetto politico nell’intervallo di tempo intercorrente tra l’autentica e la presentazione delle dimissioni al protocollo dell’ente.
Nel silenzio della legge, dalla natura ‘politica’ dell’atto di dimissioni, che è atto di esercizio, sia pure in negativo, di un diritto politico costituzionalmente  garantito, non possono trarsi conseguenze sugli oneri formali da rispettare. In conclusione, non può l’interprete introdurre oneri formali che il legislatore non ha previsto.
Devono pertanto ritenersi valide e quindi idonee a determinare l’effetto dissolutorio di cui all’art. 141 del d.lgs n. 267 del 2000 le dimissioni presentate al Consiglio comunale dalla maggioranza dei consiglieri che presentino il requisito della contestualità, attestata dalla unicità o dalla stretta sequenza numerica della protocollazione, a nulla rilevando l’assenza di autenticazione della sottoscrizione o il successivo disconoscimento dell’attualità della volontà ivi espressa.

a cura di Vincenzo Antonelli