Sul vizio dell’eccesso di delega

16.04.2003

La Corte costituzionale ribadisce che il riferimento a “clausole generali” (come, nella specie, quelle relative agli interessi e alla promozione dello sviluppo delle comunità regionali e locali), accompagnate dall’indicazione di principi quali quelli di sussidiarietà, completezza, efficienza ed economicità, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, omogeneità adeguatezza, differenziazione, è sufficiente a delimitare l’area della delega.

Giudizio di legittimità costituzionale degli artt.1, 2 e 10 del d.lgs. 23 dicembre 1997, n.n.469 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell’art.1 della legge 15 marzo 1997, n.59) e degli artt.1, commi 1 e 2, e 3, comma 1, lettera g), della legge 15 marzo 1997, n.59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali per la riforma della Pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa), promosso con ordinanza dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Molise ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt.1, 2 e 10 del d.lgs. n.469 del 1997 e degli artt.1, commi 1 e 2, e 3, comma 1, lettera g) della legge n.59 del 1997, in riferimento agli artt.70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione.
Secondo il giudice rimettente, gli artt.1 e 2 del d.lgs n.469 del 1997 violerebbero i predetti parametri nella parte in cui conferiscono a regioni ed enti locali funzioni e compiti relativi al collocamento ed alle politiche attive del lavoro, senza che ciò costituisca oggetto specifico di delega nella legge n.59 del 1997. Anche l’art.10 del medesimo d.lgs. violerebbe, ad avviso del giudice a quo, gli articoli sopra richiamati, nella parte in cui affida a soggetti privati funzioni di intermediazione nel collocamento del lavoro, in assenza di una precisa delega nella stessa legge n.59 del 1997. Infine, secondo il rimettente, qualora si ritenesse insussistente il prospettato vizio di eccesso di delega, allora sarebbe la delega configurata dall’art.1, commi 1 e 2 e dall’art.3, comma 1, lettera g), della legge n.59 del 1997 ad incorrere nel vizio di sospetta incostituzionalità, essendo troppo ampio, indifferenziato e generico l’oggetto della delega.
Il Presidente del consiglio dei ministri, costituitosi in giudizio, chiede il rigetto della questione in relazione al mutato quadro costituzionale derivante dalla legge costituzionale n.3 del 2001.
La Corte costituzionale dichiara l’infondatezza delle questioni sollevate.
Nella legge n.59 del 1997 il legislatore delegante ha infatti seguito, nella individuazione delle funzioni da delegare, un criterio innovativo in quanto, anziché individuare nominatim gli ambiti materiali cui attengono le funzioni da conferire, ha proceduto alla elencazione delle materie e dei compiti esclusi. Non si può però dire che in questo modo l’oggetto della delega sia indeterminato in quanto, al contrario, esso viene delimitato sia “in negativo”, attraverso la identificazione delle materie escluse e dei compiti da eccettuare dal decentramento, sia “in positivo”, attraverso i criteri del riferimento agli interessi e alla promozione dello sviluppo delle comunità regionali e locali. Alla luce di tale principio, la Corte ritiene pertanto che le norme censurate degli artt.1,2 e 10 del d.lgs. n.469 del 1997, rientrino nell’oggetto della delega conferita dalla legge n.59 del 1997.
Per questi motivi la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt.1,2 e 10 del d.lgs.n.469 del 1997 e degli artt.1, commi 1 e 2, e 3 comma 1, lettera g), della legge n.59 del 1997.

Giurisprudenza richiamata:
– sui due processi ermeneutici attraverso i quali si esplica il giudizio di conformità della norma delegata alla norma delegante: sentt. n.15 del 1999, n.163 e n. 425 del 2000
– sulla legittimità del criterio adottato dalla legge n.59 del 1997 nella individuazione delle funzioni da delegare: sentt. n.408 del 1998 e n.159 del 2001.

a cura di Chiara Aquili