Concorrenza e pluralismo (reti e contenuti) nella televisione digitale terrestre – Resoconto convegno

10.04.2003

Concorrenza e pluralismo (reti e contenuti) nella televisione digitale terrestre

Luiss ‘Guido Carli’

CERADI – Osservatorio di Proprietà Intellettuale, Concorrenza e Telecomunicazioni Ceradi

Roma, 18 marzo 2003


I lavori del 18 marzo, suddivisi in tre sessioni (quadro normativo nazionale e comunitario; quadro tecnologico e prospettive di mercato in ambito nazionale e comunitario; assetti normativi e policies: confronto tra operatori e istituzioni), si sono aperti, dopo il saluto del Pro Rettore Prof. Marcello Foschini, con l’introduzione del Prof. G. Ghidini (Direttore dell’Osservatorio di Proprietà Intellettuale Concorrenza e Telecomunicazioni), il quale, una volta fornito un quadro generale del processo evolutivo che negli ultimi anni ha interessato il settore delle telecomunicazioni e della radiotelevisione, ha osservato come la digitalizzazione delle reti e dei contenuti (cioè la diffusione di trasmissioni radiotelevisive in tecnica numerica e tecnologica) permetterà un consistente incremento tanto della velocità quanto della capacità di trasmissione. In particolare, per quanto riguarda specificamente le teleradiodiffusione, la digitalizzazione, ponendo le basi per un uso più efficiente delle reti scarse, consentirà un ampliamento dell’offerta in prospettiva di potenziale incremento del numero degli operatori impegnati sul fronte della fornitura di contenuti. Nello stesso tempo la televisione digitale terrestre (tdt), alimentando lo sviluppo tecnologico complessivo, aumenterà le opportunità per i nuovi players operanti nei vari segmenti che compongono la catena di valore, così favorendo la competizione. Proseguendo, il prof. Ghidini ha sottolineato come il fenomeno della digitalizzazione non sia un tema nuovo per il nostro ordinamento: già la Convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la concessionaria pubblica del 1994 prevedeva (art.12) l’obbligo di quest’ultima alla sperimentazione della tdt; sono poi stati i contratti di servizio del 1996 e del 1997 ad occuparsi di digitalizzazione rispetto alla radiofonia, il primo, e ai servizi multimediali il secondo. Infine, dopo la legge n.249 del 1997, vi sono state la delibera n.68 del 1998 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e la legge n.66 del 2001 che disciplina la fase transitoria del passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale fissando la data per il cosiddetto ‘swicht off’ nel 31 dicembre 2006. Volgendo alla conclusione del suo intervento introduttivo, il prof. Ghidini ha poi posto delle questioni aperte domandandosi, in particolare, se la situazione di fatto e quella normativa ad oggi siano tali da consentire di venire incontro entro il luglio 2003 al mandato europeo che prescrive che l’allocazione e l’uso delle risorse frequenziali siano informate ai principi di obiettività, trasparenza e non discriminazione.
Nella sua relazione il Prof. A. Pace (Università La Sapienza), affrontando il tema del pluralismo televisivo, ha osservato come questo, se riferito al nostro ordinamento, costituisca un ossimoro e una contraddizione in sé stessa: tra gli ordinamenti liberal-democratici occidentali, infatti, soltanto in Italia oltre il 90% dell’audience e il 96% della raccolta pubblicitaria affluiscono in due gruppi. Le ragioni di questa situazione, ha proseguito il relatore, stanno nel fatto che l’Italia è l’unico paese, insieme alla Germania, che è uscito da una situazione di monopolio radiotelevisivo non già a seguito di una legge, ma grazie alla giurisprudenza costituzionale. Tuttavia, mentre in Germania le indicazioni del Tribunale costituzionale federale su come passare dal sistema monopolistico al sistema pluralistico sono state soddisfatte dal legislatore, in Italia gli indirizzi della Corte costituzionale sono stati disattesi. Dato tale quadro fortemente pessimistico, il relatore si è quindi chiesto se l’attuale sistema radiotelevisivo possa aprirsi al principio del pluralismo. Guardando al d.d.l. contenente norme sul ‘Riassetto del sistema radiotelevisivo’ (A.C.310), il cosiddetto d.d.l. Gasparri, la risposta data è stata negativa. Le perplessità suscitate da questo d.d.l. sono infatti molteplici: non soltanto, ai fini della individuazione della posizione dominante, la soglia viene portata dal 30% al 20% nel cosiddetto sistema integrato delle comunicazioni (art.2, lettera g), ma si stabilisce altresì che fino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale (che, realisticamente, non potrà avvenire prima del 2010) i soggetti legittimamente esercenti gli impianti potranno continuare ad utilizzarli (ciò in palese contraddizione con quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n.466 del 2002). Inoltre il d.d.l. in esame, oltre ad abrogare l’art.15 della legge n.223 del 1990 che fissava alcuni limiti per l’ingresso degli editori nel settore radiotelevisivo, è privo di norme asimmetriche di tutela del mercato, ritenute di assoluta necessità per consentire il corretto passaggio verso un sistema pluralistico. Infine, ha concluso il relatore, il d.d.l. non tiene conto della nuova e ‘dissennata’ collocazione dell’ordinamento della comunicazione tra le materie di legislazione concorrente conseguente alla legge cost. n.3 del 2001.
Nel successivo intervento il Prof. G.M. Roberti (Università La Sapienza), nel tracciare un quadro dei tratti caratterizzanti la policy dell’Unione europea in materia di pluralismo nel settore del media, ha posto l’accento su tre diversi aspetti. Quanto al primo, è stato sottolineato come l’Unione europea, dopo alcuni timidi tentativi, abbia rinunciato a porre in essere una disciplina organica del pluralismo nel settore del mezzi di comunicazione, e questo non soltanto a fronte della difficoltà di sovrapporre a modelli di riferimento nazionali molto diversi tra loro un unico impianto normativo, ma, soprattutto, a causa della mancanza di uni specifico titolo competenziale in capo all’istituzione europea. Ciò, ha proseguito il relatore così passando al secondo aspetto, non significa però che manchi una valenza giuridica del pluralismo nell’ambito dell’ordinamento comunitario essendone anzi riprova la Carta dei diritti dell’Unione europea che all’art.11, par.2, afferma il rispetto della libertà dei media e del loro pluralismo. Soprattutto, però, il pluralismo viene riconosciuto in ambito europeo come valore degli ordinamenti nazionali e, cioè, come valore che consente agli Stati membri di adottare nell’ambito delle competenze proprie normative altrimenti incompatibili con i principi e le norme fondamentali del Trattato. Infine, il relatore non ha mancato di rilevare come il pluralismo venga in rilievo nella prospettiva dell’Unione europea anche attraverso quegli interventi, ex post ed ex ante, che l’autorità comunitaria esercita nei campi di sua specifica competenza (ad esempio in materia di concorrenza) e che tuttavia finiscono per avere implicazioni sull’esercizio del pluralismo.
E’ quindi intervenuto il Prof.F. Graziadei (Università Luiss Guido Carli) che ha tracciato un quadro di riferimento della regolamentazione di un aspetto, quale quello dell’accesso al mercato delle frequenze e dei contenuti nella televisione digitale, produttivo di significativi risvolti tanto sulla concorrenza quanto sul pluralismo informativo. Con riguardo all’accesso al mercato nelle reti nella fase di sperimentazione, il relatore, nel sottolineare alcuni aspetti critici della disciplina contenuta nella legge n.66 del 2001 (e nella conseguente delibera n.435 del 2001 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), ha osservato come questa, pur disegnando un meccanismo sostanzialmente di mercato, riconosca ai soli soggetti che già legittimamente esercitano l’attività radiotelevisiva su frequenze terrestri via cavo e satellite la possibilità di chiedere l’abilitazione alla sperimentazione, così finendo per delineare un quadro tendenzialmente chiuso. Quanto all’accesso al mercato per la fornitura dei contenuti, il relatore ha invece sottolineato come la legge n.66 del 2001, pur fissando limiti e asimmetrie, finisca per rimettere in larga misura tale accesso alla negoziazione tra operatori di rete e fornitori di contenuti.
Nella successiva relazione il Prof. V. Zeno-Zencovich (Università Roma Tre), interrogandosi sul significato del pluralismo e della concorrenza nel settore radiotelevisivo, ha rilevato come proprio il valore del pluralismo abbia portato in Italia ad una troppo elevata frammentazione del sistema radiotelevisivo, causa questa, non unica ma certamente tra le principali, del duopolio televisivo. Tornando ad una teoria dei beni scarsi, ha sostenuto il relatore, sarebbe pertanto opportuna una regolamentazione autoritativa che consenta una più efficiente allocazione delle frequenze. In relazione a questo aspetto, ha concluso, il passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale, comportando investimenti assai elevati, porterà verosimilmente ad escludere dal mercato soggetti economici inefficienti.
A conclusione della mattinata sono intervenuti il dott. E. Lambert (Consulente Telecom Italia per il digitale terrestre), il dott. G. Moglia (direttore affari regolamentari FastWeb-Gruppo e. Biscom), il dott. G. Zappa (Presidente Alenia Aeronautica Alenia Spazio-Telespazio), il Prof. A. Preta (Senior Partner Italmedia Consulting), l’ing. R. Viola (Direttore del dipartimento regolamentazione Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), i quali hanno tracciato  un quadro tecnologico e delle prospettive di mercato in ambito nazionale e comunitario della televisione digitale terrestre.
La sessione pomeridiana è stata introdotta dal dott. A. Calabrò il quale, invitando i relatori a manifestare il proprio orientamento sul tema, ha espresso delle perplessità circa il termine che la legge n.66 del 2001 fissa per il cosiddetto ‘switch off’ delle trasmissioni analogiche: a meno che non vi sia un forte input politico è improbabile che la definitiva transizione al sistema digitale avvenga prima di dieci anni.
La sessione si è quindi aperta con la relazione dell’On. A. Maccanico il quale, dopo aver affermato che il periodo di coabitazione tra televisione analogica e televisione digitale sarà, a causa degli alti costi di transizione, verosimilmente più lungo rispetto a quello fissato dalla legislazione nazionale, ha sottolineato come nell’uso delle risorse tecniche si annidi, più che altrove, un deficit di pluralismo. Da questo punto di vista il d.d.l. Gasparri, contenendo misure anticoncentrative assai leggere, non può non suscitare perplessità. Inoltre, ha proseguito il relatore, il d.d.l. in commento non pare essere compatibile con il nuovo Titolo V della Costituzione che colloca l’ordinamento della comunicazione tra le materie di legislazione concorrente. A conclusione del suo intervento l’On. Maccanico ha poi illustrato una sua proposta di legge, non ancora formalizzata, di parziale riforma del settore radiotelevisivo volta, in particolare, a dare una nuova regolazione alla fase transitoria.
Sono seguiti alcuni interventi: l’On. C. Rognoni ha sottolineato la necessità di riformare il servizio pubblico; il dott. F. Rebecchini (Presidente Federazioni Radio Televisioni) si è soffermato sugli alti costi della digitalizzazione, specie per le circa 600 emittenti locali italiane; il dott. V. La Tona (Presidente Associazione Canali Tematici Italiani)  ha espresso alcune considerazioni sull’esperienza dei canali tematici italiani dal 1997 ad oggi; l’avv. A. Bonomo, (Presidente Fininvest) ha ribadito l’orientamento secondo cui, nonostante i tempi brevi delineati dalla legge n.66 del 2001 e dal d.d.l. Gasparri, le nuove tecnologie avranno bisogno di almeno dieci anni per divenire operative; il dott. L. Rocchi (Rappresentante Rai) ha illustrato alcuni dei principali vantaggi derivanti dall’introduzione della tecnica digitale.
E’ quindi intervenuto il Prof. G. Tesauro (Presidente Autorità garante della concorrenza e del mercato) il quale, dopo aver sottolineato le significative prospettive di apertura del mercato connesse all’introduzione della tdt, ha rilevato l’estrema delicatezza del momento attuale: se, da un lato, il termine di ‘switch off’ fissato dalla legge n.66 del 2001 è utopistico, dall’altro vi è il problema, che rischia di compromettere la certezza del diritto e che per questo occorre affrontare in tempi brevi, derivante dall’esistenza di operatori con licenza che non possono operare e di operatori senza licenza che invece operano. Quanto al d.d.l. Gasparri, il relatore ha sostenuto che le misure anticoncentrative in esso contenute, non soltanto sono eccessivamente leggere, ma anche non in sintonia con il quadro comunitario.
Nella successiva, ed ultima relazione, il Prof. E. Cheli (Presidente Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) ha affrontato quattro distinte questioni. Con riguardo alla prima ha affermato che quando si affrontano transizioni di così ampia complessità tecnologica, politica ed economica, non si può procedere ‘casualmente’, ma occorre una logica di lungo periodo che assicuri la razionalità e la linearità dell’intero processo. L’Autorità ha iniziato il suo percorso nell’autunno del 2000 con il Libro Bianco sulla tdt, poi, in attuazione della legge n.66 del 2001, ha emanato la delibera n.435 del 2001, infine ha approvato a fine gennaio il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva in tecnica digitale (cosiddetto Pnaf dvb-t). Questo processo deve ora chiudersi con una legge di sistema che rispetti la razionalità del percorso fino ad oggi svolto. Successivamente il relatore si è interrogato su uno dei principali effetti dell’introduzione della tdt: la distinzione tra operatori di rete, fornitori di contenuto, fornitori di servizi e fornitori di prodotti. Questa distinzione porta a valorizzare il profilo dell’accesso alle reti, il quale andrà specificato nei suoi contenuti dall’Autorità (ma, prima ancora, dalla legislazione primaria nazionale e comunitaria, nonché dalla giurisprudenza) in quanto centrale per lo sviluppo in forma pluralistica e concorrenziale del nuovo sistema. Infine, dopo aver illustrato le misure antitrust nello sviluppo del digitale tracciate dall’Autorità nel Pnaf dvb-t (e solo in parte recepite nel d.d.l. Gasparri), ha individuato tre esigenze cui la legge di sistema deve ispirarsi: concorrere ad attuare le direttive europee di settore dello scorso anno; contenere norme di principio, nel rispetto del nuovo Titolo V della Costituzione; regolare i tempi e i modi del passaggio dall’analogico al digitale.

Chiara Aquili