La legittimità costituzionale della legge di riordino del settore termale

28.03.2003

Corte Costituzionale, 28 marzo 2003, sent. n. 93

Ai sensi dell’originario Titolo V – Parte II della Costituzione, la legge 24 ottobre 2000, n. 323 recante “Riordino del settore termale” non è lesiva delle competenze regionali

Giudizio di legittimità costituzionale della legge 24 ottobre 2000, n. 323 recante “Riordino del settore termale”, promosso con ricorso della Regione Lombardia.

La Regione Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale avverso la legge 24 ottobre 2000, n. 323, recante “Riordino del settore termale”, con particolare riferimento agli artt. 1, commi 4 e 5, 3, comma 1, 4, commi 1 e 4, 6, commi 1 e 2, 13, per contrasto con gli artt. 3, 5, 32, 76, 97, nonché 117, 118 e 119 (questi ultimi, nella versione anteriore alla riforma operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) della Costituzione. Secondo la ricorrente, la legge impugnata, qualificandosi sia come legge quadro, sia come legge delega per il riordino del settore termale, lederebbe le competenze regionali concorrenti riconosciute dal previgente Titolo V della Costituzione sia in materia di “acque termali”, sia in materia di “assistenza sanitaria” ed “urbanistica”.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, costituitosi in difesa, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato in parte inammissibile e che le censure sollevate siano comunque dichiarate infondate: secondo la difesa erariale, la legge impugnata non riguarderebbe il settore delle acque minerali e termali sotto il profilo degli aspetti demaniali-minerari, bensì si soffermerebbe nello specifico sugli aspetti sanitari della materia e su quelli relativi alla “erogazione delle prestazioni termali”, riconducibili alla complessa organizzazione dei servizi sanitari, nonché sui profili attinenti alla ricerca scientifica, essa pure materia di competenza statale. Secondo la difesa, non sarebbe pertinente rispetto al contenuto complessivo della legge impugnata neanche il richiamo alla materia “urbanistica”, ancorché latamente intesa.
La Corte ha dichiarato infondate tutte le censure mosse dalla ricorrente:
– in relazione al’art.1, comma 4 della legge impugnata (che vincola le Regioni a definire entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge gli strumenti di valorizzazione, tutela e salvaguardia urbanistico-ambientale dei territori termali), la Corte osserva come la norma censurata non ponga alcun vincolo di contenuto alle competenze regionali;
– in merito alla delega al Governo ad emanare un testo unico di riordino del settore (art. 1, comma 5), la Corte rileva non solo che tale delega è ormai scaduta, ma anche che il riferimento alla normativa preesistente consente di circoscrivere la potestà del Governo, che avrebbe dovuto limitarsi alla raccolta e al coordinamento delle norme esistenti;
– l’art.3, comma 1, limitandosi ad indicare i requisiti affinché le cure termali possano essere erogate negli stabilimenti termali, non aggiunge nulla rispetto a quanto già desumibile da altre norme;
– l’art.4, comma 1, che demanda al Ministero della Salute la determinazione delle patologie soggette a cura termale con proprio decreto, riguarda aspetti tecnico-sanitari, attinenti alla individuazione delle cure termali assumibili a carico del Servizio Sanitario Nazionale, e si fonda sull’acquisizione di dati tecnico-scientifici da parte del Ministero;
– il sistema di accordi stipulati, con la partecipazione del Ministero della sanità, tra Regioni, Province autonome e organizzazioni maggiormente rappresentative del settore, previsto dall’art.4, comma 4, non è lesivo dei parametri invocati dalla ricorrente, in quanto finalizzato ad assicurare l’unitarietà del sistema termale nazionale;
– in relazione ai programmi di ricerca promossi dal Ministero della Sanità con la collaborazione delle aziende termali, l’art.6, comma 1 non lede le competenze regionali, perché nessun parametro costituzionale riconosce alle Regioni il ruolo di “interlocutore unico” in materia;
– la scelta del legislatore di cui all’art.6, comma 2, di coinvolgere le Regioni, individuando i soggetti di cui esse possono avvalersi nella attuazione dei programmi, corrisponde ad una scelta non imposta alla Regione e per questo non lesiva delle attribuzioni regionali;
– in relazione all’art.13, la Corte specifica che il marchio di qualità termale è un’attestazione di qualità che ha valenza anche internazionale, per cui appare ragionevole che l’istituzione di esso sia effettuata dal’lente esponenziale dell’intera collettività nazionale.
Alla luce di queste considerazioni, la Corte giudica non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Lombardia.

Giurisprudenza richiamata:
– sulla necessità di fondare il ricorso, che è stato presentato prima dell’entrata in vigore della legge n. 3 del 2001, esclusivamente sull’originaria formulazione del Titolo V della Costituzione: Corte Costituzionale, sent. n. 422 del 2002

a cura di Elena Griglio