I requisiti per la legittimazione ad agire del cittadino contro provvedimenti della pubblica amministrazione lesivi dell’ambienteConsiglio di Stato, 27 marzo 2003 n.1600

27.03.2003

Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 27 marzo 2003 n.1600

Il Consiglio di Stato con sentenza 27 marzo 2003 n.1600, (http://www.giustiziaamministrativa.it/Sentenze/CDS_200301600_SE.doc)
pronunciandosi in materia di legittimazione ad agire in sede amministrativa contro provvedimenti lesivi dell’ambiente, ha affermato che il singolo che lamenti un danno eventualmente provocato dalla pubblica amministrazione ad un preciso bene ambientale e’ legittimato ad agire giudizialmente contro l’ente pubblico per la rimozione dell’atto lesivo, purche’ questo si ripercuota, in via diretta ed attuale, nella sua sfera individuale.
Nonostante nella fattispecie in esame il Consiglio di Stato si sia pronunciato a favore della societa’ appellante, negando pertanto la legittimazione ad agire ai cittadini che si erano mobilitati contro l’autorizzazione all’ampliamento di una cava gia’ esistente rilasciata dal Comune competente, la sentenza risulta comunque apprezzabile per i principi esposti nell’ambito del percorso giuridico che ha condotto il giudice a tale decisione .
La motivazione, infatti, offre un ampio quadro della giurisprudenza formatasi in materia e contribuisce a precisare e delimitare condizioni e requisiti ritenuti dal giudice amministrativo necessari per il riconoscimento di detta legittimazione.
E’ noto, infatti, che i singoli e le associazioni non appartenenti ad alcuna delle categorie di cui all’art. 18 della legge n.349/1986, per giurisprudenza costante non possono vantare una legittimazione ad agire, generale e generica, per la salvaguardia del paesaggio e del territorio.
Peraltro, e’ opinione del Consiglio di Stato che questo non escluda in assoluto la possibilita’ di riconoscere al singolo la titolarita’ di un interesse legittimo in materia ambientale e, quindi, non impedisca l’individuazione in concreto di ipotesi di legittimazione ad agire di tali soggetti, bensi’ ne subordini la percorribilita’ alla soddisfazione di precise condizioni.
Precisamente, il singolo che intenda insorgere in sede giurisdizionale contro un provvedimento amministrativo esplicante i suoi effetti nell’ambiente in cui vive ha innanzitutto l’obbligo di identificare il bene che ritiene pregiudicato dall’iniziativa dell’ente pubblico.
In secondo luogo, il ricorrente e’ tenuto a dimostrare la sua ‘vicinitas’ rispetto a detto bene, tale da differenziare la sua posizione dalla pluralita’ dei soggetti e tale, dunque, da legittimarlo ad insorgere in sua difesa. Dall’esame delle pronunce giurisprudenziali intervenute in materia, inoltre, il Consiglio di Stato deduce che la ‘vicinitas’ possa essere definita come ‘stabile esignificativo collegamento – da indagarsi caso per caso – del ricorrente con l’ambiente che intende proteggere’. Laddove in passato il giudice amminisitrativo ha ricondotto tale ‘collegamento’ alla residenza del ricorrente, ovvero alla ‘frequenza abituale’ di zone limitrofe al territorio coinvolto dal provvedimento amministrativo impugnato.
L’esistenza di queste due condizioni, ha argomentato il Consiglio di Stato, consente di individuare nel signolo soggetto quel ‘centro di imputazione di interessi’ che deve necessariamente sussistere per la legittimazione ad agire in sede di giustizia amministrativa.
Nel caso di specie, non essendo state specificate, nei termini di quanto sopra, le posizioni dei ricorrenti rispetto alle nuove aree interessanti la cava, il Consiglio di Stato ha pertanto negato loro la legittimazione ad agire.

a cura di Emanuela Gallo