Il discrimen tra il c.d. compimento della notifica e la c.d. presenza della notifica giudiziaria. la sentenza della corte costituzionale n. 477 del 2002

28.02.2003

Sommario

1. Il fatto e le deduzioni del giudice a quo;
2. Le argomentazioni del ricorrente;
3. La decisione: obiettivo;
4. Conseguenze per l’assetto del ‘diritto’.

1. IL FATTO E LE DEDUZIONI DEL GIUDICE A QUO.
Giovanbattista Rizzacasa ha proposto ricorso per cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila relativa ad una controversia con l’Enel in materia di indennità di asservimento di un fondo. Il suo avvocato Claudio Chiola ha consegnato il ricorso all’ufficiale giudiziario, per la notifica a mezzo posta, il 17 novembre 1997, ossia sette giorni prima della scadenza del termine annuale per l’impugnazione (24 novembre 1997). A causa del disservizio postale, l’atto è pervenuto al destinatario soltanto il 29 novembre 1997. La direzione delle Poste e Telegrafi dell’Aquila ha addotto a giustificazione del ritardo l’ingente mole di lavoro. Nel giudizio davanti alla Suprema Corte, l’Enel ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso perché notificato fuori termine. La Corte di Cassazione, Presidente Losavio, Relatore Adamo, con ordinanza depositata il 2 febbraio 2002, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 (principio di eguaglianza) e 24 (diritto di difesa) della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma terzo, della Legge 20 novembre 1982, n° 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), richiamato implicitamente dall’art. 149 c.p.c., nella parte in cui fa decorrere la notifica dell’atto da notificare dalla data della consegna del plico al destinatario, anziché dalla data della spedizione: è prevista una regolamentazione diversa da quella stabilita per i ricorsi amministrativi e per il contenzioso tributario ed è addossata alla parte notificante, ogni rischio connesso alla omessa o tardiva consegna dell’atto al destinatario, causata da disservizi non imputabili al notificante, potendosi così determinare, di fatto, ostacolo al libero esercizio della facoltà di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti. Lo stesso giudice aveva anteriormente sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 149 del codice di procedura civile come interpretato dalla giurisprudenza nel silenzio del dettato normativo. Questione dichiarata manifestamente inammissibile, con ordinanza n° 322 del 2001 (redattore lo stesso Cons. Marini), non avendo la Corte rimettente assolto l’obbligo di verificare, prima di sollevare la questione di costituzionalità, la possibilità di attribuire alla norma denunciata un significato diverso da quello censurato e tale da superare gli esposti dubbi di legittimità costituzionale. Il giudice a quo precisa che l’art. 4, comma terzo, della Legge n° 890 del 1982, nel disporre che l’avviso di ricevimento costituisce prova dell’eseguita notificazione, non lascerebbe spazi interpretativi e non consentirebbe, quindi, soluzioni diverse da quella, ‘costituente diritto vivente’, secondo la quale gli effetti della notificazione a mezzo posta si produrrebbero, anche per il notificante, solo con la consegna del plico al destinatario da parte dell’agente postale. Sulla base di tale premessa, il rimettente specifica che la disciplina censurata sarebbe lesiva dell’art. 24 della Costituzione in quanto ostacolerebbe, ‘fino a vanificarlo sostanzialmente’, l’esercizio del diritto di impugnazione a chi, risiedendo in luogo diverso da quello in cui deve essere eseguita la notificazione, si avvalga della notificazione a mezzo posta, adempiendo tempestivamente alle formalità previste dall’art. 149 del codice di procedura civile e dalla Legge n° 890 del 1982, ma restando tuttavia esposto alla disorganizzazione di uffici pubblici, quali quelli postali che sono soltanto ‘strumenti ausiliari’ dell’amministrazione della Giustizia. Le norme impugnate non esprimerebbero una regola generale dell’ordinamento, poiché la notificazione effettuata ai sensi dell’art. 140 del codice di procedura civile si perfezionerebbe, invece, alla data di spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento, così come sarebbe del resto previsto per la notificazione dei ricorsi amministrativi e per le notificazioni eseguite nell’ambito del contenzioso tributario. Il ricorso al servizio postale in materia di notificazioni di atti giudiziari risulterebbe, dunque, differentemente disciplinato in relazione a fattispecie sostanzialmente analoghe, escludendosi solo in alcuni casi, non in altri, l’esposizione della parte notificante al rischio del disservizio postale, con conseguente violazione del principio di eguaglianza garantito dall’art. 3 della Costituzione.

2. LE ARGOMENTAZIONI DEL RICORRENTE.
Il ricorrente sottolinea la sicura ammissibilità della questione in quanto sostanzialmente diversa da quella dichiarata ‘manifestamente inammissibile’ con l’ordinanza n° 322 del 2001. Secondo la parte privata, verrebbero in considerazione due distinte necessità: quella di assicurare la certezza del diritto, per cui l’impugnativa dovrebbe essere esercitata entro precisi limiti temporali, e quella di garantire il diritto di difesa del destinatario dell’atto notificato. La prima delle due esigenze potrebbe essere adeguatamente soddisfatta facendo riferimento alla data di presentazione del ricorso all’ufficiale giudiziario per la notifica, mentre solo ai fini della seconda occorrerebbe avere riguardo al momento della effettiva consegna dell’atto al destinatario. La descritta distinzione sarebbe, ben presente nella giurisprudenza della Suprema Corte, così come il principio secondo cui gli effetti derivanti dall’operato della pubblica amministrazione non possono risolversi nella menomazione del diritto di difesa della parte incolpevole. Per altro verso, se si volesse richiamare in antitesi al diritto di difesa del notificante, l’interesse generale alla certezza dei rapporti giuridici, dovrebbe considerarsi che il principio di ragionevole durata del processo, di cui al novellato art. 111 della Costituzione, impone di disciplinare le cadenze temporali del processo stesso in modo da consentire l’agevole esercizio del diritto di difesa. Il sacrificio del diritto di difesa a favore della rapidità del processo potrebbe, di conseguenza, essere giustificato solamente in conseguenza di condotte omissive della parte processuale e non in relazione a ritardi od omissioni riferibili all’operato della pubblica amministrazione, cui il cittadino (attore) sia obbligato a rivolgersi. La disciplina dettata dall’art. 140 del codice di procedura civile e quella relativa alle notifiche in materia di ricorsi amministrativi e nell’ambito del contenzioso tributario costituirebbero inoltre adeguati termini di comparazione ai fini del giudizio di legittimità costituzionale sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza. Conclude dunque la parte, per l’accoglimento della questione e per l’adozione di una sentenza interpretativa dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4 della Legge n°890 del 1992 che consenta un’adeguata tutela del diritto di difesa, affermando che lo scopo della notifica per posta è legittimamente raggiunto nel momento in cui vengono realizzati gli adempimenti formali gravanti sulla parte intimante.

3. LA DECISIONE:OBIETTIVO.
La Cassazione, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dubita della legittimità costituzionale degli artt. 149 del codice di procedura civile e 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 nella parte in cui dispongono che gli effetti della notificazione a mezzo posta decorrono, anche per il notificante, dalla data di consegna del plico al destinatario anziché dalla data della spedizione. Tale disposizione si porrebbe in contrasto sia con la garanzia costituzionale del diritto di difesa poiché esporrebbe il notificante, pur non colpevole, al rischio del disservizio postale, sia con il principio di eguaglianza poiché in materia di notificazioni di atti giudiziari o di ricorsi amministrativi altre norme dell’ordinamento attribuirebbero invece rilevanza esclusiva alla data di spedizione dell’atto. A stima dei giudici di piazza del Quirinale va affermata la proponibilità della questione di costituzionalità giacché fondamentalmente diversa, sia sotto l’aspetto normativo che argomentativo, da quella proposta nello stesso giudizio e dichiarata dalla Corte medesima manifestamente inammissibile con l’ordinanza n. 322 del 2001. La questione in esame, infatti, oltre ad avere un oggetto soltanto in parte coincidente con quello della precedente (veniva infatti impugnato il solo art. 149 del codice di procedura civile), si fonda sulla premessa della impossibilità di una diversa possibilità interpretativa e non risulta, dunque, come l’altra, censurabile sotto il profilo della mancata ricerca di una interpretazione diversa rispetto a quella sospettata di illegittimità costituzionale. Sotto altro aspetto, il rimettente muove dalla premessa secondo la quale la lettura testuale dell’art. 4, comma terzo, della Legge n° 890 del 1982 non consentirebbe interpretazione alternativa a quella del perfezionamento della notificazione, anche per il notificante, alla data di ricezione del plico da parte del destinatario. Tale presupposto è, per altro verso, conforme ad un orientamento da tempo consolidato del giudice di legittimità e tale, dunque, da poter essere senz’altro assunto a base della decisione in esame. Con sentenza n° 69 del 1994, la Corte ha avuto modo di affermare, in tema di notificazioni all’estero, che gli artt. 3 e 24 della Costituzione impongono che le garanzie di conoscibilità dell’atto, da parte del destinatario, si coordinino con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso ed ha, altresì, individuato come soluzione costituzionalmente obbligata della questione sottoposta al suo esame, quella desumibile dal c.d. principio della sufficienza del compimento delle sole formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante. Questo principio, per la sua portata generale, non può non riferirsi ad ogni tipo di notificazione e dunque anche alle notificazioni a mezzo posta, essendo palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che un effetto di decadenza possa discendere dal ritardo nel compimento di un’attività riferibile non al medesimo notificante, ma a soggetti diversi, l’ufficiale giudiziario e l’agente postale, e che perciò, resta del tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo. In virtù dei richiamati principi costituzionali, gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, dunque, essere ricollegati, per quanto riguarda il notificante, al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge: la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale l’agente postale) sottratta totalmente al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo. Resta ovviamente valido, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario stesso. La possibilità di una scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento di notificazione risulta affermata dalla stessa Legge n° 890 del 1982, laddove all’art. 8 prevede, secondo l’interpretazione vigente, che, nel caso di assenza del destinatario e di mancanza, inidoneità o assenza delle persone abilitate a ricevere il piego, la notificazione si perfezioni per il notificante alla data di deposito del piego presso l’ufficio postale e, per il destinatario, al momento del ritiro del piego stesso ovvero alla scadenza del termine di compiuta giacenza. Si conferma in tal modo la necessità che le norme impugnate siano dichiarate costituzionalmente illegittime nella parte in cui prevedono che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché alla data, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario. Con queste motivazioni la Corte Costituzionale ravvisa l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 del codice di procedura civile e dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890,.

4. CONSEGUENZE PER L’ASSETTO DEL ‘DIRITTO’.
Si è fatta giustizia non solo di una palese disparità di trattamento tra la disciplina prevista per le notifiche degli atti giudiziari e la disciplina prevista per i ricorsi amministrativi e quelli tributari, ma soprattutto di un sistema particolarmente penalizzante per i soggetti agenti e, segnatamente, per coloro che, per fare valere in giudizio le proprie posizioni giuridiche attive, sono sottoposti a ristretti termini di decadenza. Prima della pronuncia della Corte, il “pericolo” della notifica per posta ricadeva integralmente su tali soggetti, nonostante che, dopo la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essi non fossero in grado di controllare gli eventi successivi (si fa riferimento agli eventuali ritardi dell’ufficiale giudiziario nella spedizione del plico, ai quali, per la verità, si cercava irritualmente di ovviare, nei casi più urgenti, chiedendo all’ufficiale giudiziario di provvedere in sua vece alla spedizione e, soprattutto, ai probabili ritardi del servizio postale). Ergo, per effetto della sentenza in analisi il rischio della notifica per posta non ricadrà più sui richiedenti, dato che è stato riconosciuto che la notifica per costoro si considera perfezionata al momento in cui l’atto da notificare è stato consegnato all’ufficiale giudiziario: ciò significa in particolare che, ai fini del rispetto del termine di decadenza previsto per l’impugnazione degli atti amministrativi, la notifica per posta si intende eseguita nel momento in cui l’atto da notificare è stato introitato dall’ufficiale giudiziario, non significa anche che l’interessato si può ormai disinteressare dell’esito della notifica per posta, dato che il deposito della cartolina di ricevimento continuerà a costituire la prova dell’esistenza dell’avvenuta notifica, dovendosi in proposito distinguere (come da autorevole dottrina) tra c.d. compimento della notifica (che si concretizza per il richiedente al momento della presentazione dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario) e c.d. presenza della notifica (o meglio, prova della suo compimento, che si concretizza solo mediante il deposito in giudizio della cartolina di ricevimento). Ciò significa che dalla data di conoscenza legale dell’atto da parte del destinatario, cominceranno a decorrere i vari termini che sono previsti nei suoi confronti e che l’atto comincerà a produrre effetti nel momento stesso in cui l’atto è stato da questi conosciuto, essendo pervenuto presso la sua residenza o domicilio o comunque, nel caso di notifica ad irreperibili, si sono verificate tutte le condizioni in atto previste perché si realizzi nei confronti di questi ultimi la conoscenza legale dell’atto. Si precisa che ad opinione di Chi scrive ed a differenza di alcuna parte della dottrina, la pronuncia in analisi non avrebbe caratterizzazione ‘rivoluzionaria’, dal momento che oltre alla citata ordinanza della Corte Costituzionale n°322/2001, costanti ‘lumi’ giurisprudenziali hanno per così dire rischiarato il campo colturale della medesima. Si ricorda in particolare la sentenza della Corte Costituzionale n°119 del 2001 che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme che prevedono un termine di 10 giorni per l’acquisizione dell’efficacia della notifica mediante posta nel caso di assenza o rifiuto del destinatario o delle altre persone abilitate a ricevere l’atto da notificare, ma anche la sentenza della Corte Costituzionale n°346/1998 con cui erano state dichiarate costituzionalmente illegittime le norme che regolano la notifica degli atti mediante servizio postale, nella parte in cui, in caso di temporanea assenza e/o rifiuto del destinatario, ovvero di mancanza delle persone indicate dall’art. 139 c.p.c., non prevedono che dell’avvenuta notifica si debba dare avviso al destinatario con raccomandata con ricevuta di ritorno, così come invece previsto dall’art. 140 c.p.c. per la notifica ad irreperibili effettuata direttamente dall’ufficiale giudiziario. I giudici di Palazzo Spada con sent. n°2 del 2001 avevano affermato che il beneficio della rimessione in termini per errore scusabile è applicabile solo nelle ipotesi di notificazioni eseguite direttamente dall’ufficiale giudiziario o dal messo notificatore, con le forme ordinarie di cui agli artt. 137 e seguenti del codice di procedura civile. Nel caso, invece, di tardiva notificazione a mezzo posta, ai sensi dell’art. 149 codice procedura civile, deve negarsi la concessione del beneficio dell’errore scusabile, atteso che tale forma di notificazione, notoriamente aleatoria in ragione dei frequenti disguidi e ritardi che caratterizzano il servizio postale, può essere sostituita da altre forme di notificazione da eseguirsi di persona dall’agente notificatore, in grado di fornire al ricorrente la certezza dell’avvenuto adempimento di tale formalità processuale prima della scadenza del termine. Nel 2002 il Consiglio di Stato (con sent. n° 4125) ha affermato che la notifica a mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell’atto, ma si perfeziona con la consegna del relativo plico al destinatario. In tale quadro, l’avviso di ricevimento prescritto dall’art. 149 c.p.c. è il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna, sia la data di essa, sia l’identità della persona a mani della quale è stata eseguita: la mancata produzione dell’avviso di ricevimento in giudizio, comporta non la mera nullità, ma l’inesistenza della notificazione, della quale peraltro, non può essere disposta la rinnovazione. Per parte sua, la Corte di Cassazione, investita della questione, con ordinanza n° 1390 del 2002 aveva sollevato questione di legittimità costituzionale, rilevando che l’unica interpretazione possibile dell’articolo 4, comma 3, legge 890/82, richiamato dall’articolo 149 c.p.c., era quella di ritenere che l’efficacia delle notifica effettuata mediante il servizio postale decorreva dalla data di ricezione dell’atto.

di Pietro Alessio Palumbo