Considerazioni iniziali sulla riforma Moratti

28.02.2003

L’11 febbraio si è svolto alla Camera dei Deputati il dibattito sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità e di merito relative al disegno di legge Moratti recante delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.

Nel diritto parlamentare, le questioni pregiudiziali offrono all’opposizione uno spazio di dibattito per argomentare le loro obiezioni al disegno di legge in esame, evidenziandone i profili maggiormente critici e gli aspetti costituzionalmente più ambigui. L’analisi delle argomentazioni sollevate dall’opposizione durante la presentazione delle pregiudiziali rappresenta pertanto un importante strumento per valutare i principali punti di contrasto tra opposizione e maggioranza sul provvedimento di riforma del sistema scolastico, qui analizzato soprattutto nel suo rapporto con le previsioni della legge cost. n.3 del 2001 in materia d’istruzione.
Quattro sono le principali obiezioni sollevate dall’opposizione in relazione alla riforma Moratti. 
In primo luogo, si è rilevato come la duplice collocazione della materia istruzione sia alle lett.n) ed m) dell’art.117, comma 2 Cost. all’interno della potestà esclusiva dello Stato, sia all’art.117, comma 3 nell’ambito della potestà concorrente delle Regioni sia attualmente oggetto di un conflitto costituzionale interpretativo che non si è ancora esaurito e chiarito, per cui l’approvazione del provvedimento in esame potrebbe acuire ulteriormente il contenzioso tra Stato e Regioni.
In secondo luogo, l’opposizione ha espresso perplessità sulla previsione che delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la definizione delle norme generali sull’istruzione. Nello specifico, si è rilevato come in tale delega non siano contemplati i principi fondamentali, a meno di voler ritenere che nei medesimi decreti legislativi possano essere disciplinati insieme principi fondamentali e norme generali. Anche in questo caso, tuttavia, rimarrebbe a detta dell’opposizione un’obiezione di fondo, perché non è scontato che, nella delega, possano aversi principi e criteri direttivi di principi fondamentali della legislazione regionale: la ragione ordinamentale – si osserva – è che la determinazione dei principi fondamentali della legislazione regionale è necessariamente di competenza del Parlamento, perché l’art.11 della legge cost. n.3 del 2001 prevede una procedura aggravata per i disegni di legge che riguardano le materie di legislazione concorrente.
In terzo luogo, si è lamentato che il provvedimento in esame ignora la distinzione tra istruzione e formazione professionale, rilevante anche ai fini del riparto di competenze tra Stato e Regioni, dal momento che solo la formazione professionale sarebbe da ritenersi competenza esclusiva delle Regioni, a differenza dell’istruzione, che è invece diritto di ogni cittadino.
Infine, sono state sollevati due tipi di obiezioni – tra di loro in contraddizione – in merito al rapporto tra la riforma Moratti e il provvedimento sulla devolution. Da una parte, infatti, si è sostenuto che il disegno di legge Moratti, accelerando di fatto i tempi della riforma costituzionale di modifica dell’art.117 Cost, sarebbe troppo regionalista, con la conseguenza che con una legge ordinaria verrebbero ad essere introdotte modifiche di natura costituzionale. Dall’altra parte, invece, si è sostenuto che il provvedimento in esame, cancellando la competenza concorrente delle Regioni, sarebbe eccessivamente statalista, ponendosi in netta contraddizione con il provvedimento in materia di devolution, che prevede, al contrario, il trasferimento alle Regioni della competenza esclusiva in materia di istruzione.
Dall’analisi della argomentazioni sollevate dall’opposizione nel dibattito sulle questioni pregiudiziali emerge chiaramente come, al di là delle ragioni di natura politica, lo scontro parlamentare sull’approvazione della riforma Moratti sia animato anche dalla confusione generale sull’effettiva portata del Titolo V in materia di istruzione, che, probabilmente, solo dopo i primi interventi della Corte Costituzionale potrà trovare qualche chiarimento.

a cura di Elena Griglio