Verso una modifica del patto di stabilità?

26.11.2002

Il Presidente della Commissione europea, Romano Prodi, è intervenuto recentemente sul dibattito riguardante il Patto di stabilità in Europa definendolo, in una intervista a Le monde diplomatique, “stupido”.
Prodi ha in tal modo posto esplicitamente la questione sull’utilità o meno di questo patto e sulla sua concreta efficacia come strumento di equilibrio dei conti pubblici. Ciò a maggior ragione se si considera che le tre economie più forti dell’Unione europea (Germania, Francia e Italia) viaggiano attorno a deficit del 3% e difficilmente potranno raggiungere il traguardo del pareggio di bilancio nel corso dei prossimi due anni. Anche la formula “close to balance” adottata recentemente per venire incontro alle difficoltà finanziarie causate dalla difficile congiuntura internazionale, non sembra più in grado di contenere le evidenti difficoltà che i singoli governi nazionali stanno affrontando in termini di politica economica nazionale.
La questione della revisione del Patto di stabilità si fa oggi ancora più attuale considerato il fatto che esso venne creato nel 1997 dietro forte pressione tedesca e in una fase economica congiunturale molto favorevole, oggi ben lontana dalle previsioni di crescita.
Nonostante le timide o più esplicite aperture da parte di vari esponenti dell’Unione europea ad una possibile ridefinizione dei parametri del patto di stabilità, il Commissario europeo per le questioni economiche e finanziarie, Pedro Solbes, ha dichiarato che applicherà in modo “rigido e inflessibile” le disposizioni del patto nei confronti della Germania nel caso in cui dovesse risultare chiaro che essa ha superato il tetto del 3% nel 2002.
Il patto di stabilità, si ricorda, prevede come obiettivo l’equilibrio delle finanze pubbliche nel medio termine; indicando come data per questo risultato il 2002. tuttavia essendo risultato praticamente impossibile per quasi tutti membri dell’Unione di rispettare questa data ci si è accordati per spostare il pareggio di bilancio al 2004 in una prima fase e successivamente, visti i continui peggioramenti delle economie dell’area euro, al 2006. Nell’accordo per il 2006 tuttavia si adotta la tanto ambigua formula “close to balance” che è cosa ben diversa dal pareggio “tout court” previsto inizialmente.
In cambio di questo ammorbidimento delle condizioni richieste dal patto, la Commissione, lo scorso 25 settembre, ha proposto agli Stati membri una riduzione del deficit strutturale per il 2003 dello 0.5%, obiettivo accettato da tutti i membri dell’Unione. L’unico Paese a non voler accettare questo accordo è la Francia che ha dichiarato che inizierà a ridurre il deficit strutturale a partire dal 2004. La Francia dunque raggiungerà il pareggio di bilancio, congiuntura economica favorevole, solo nel 2007.
Ufficialmente una modifica del patto di stabilità implica la presentazione di una proposta formale da parte dei servizi della Commissione. Tuttavia la proposta della Commissione del 25 settembre non è un atto formale che può quindi avviare una procedura di revisione.
Si ricorda inoltre che il regolamento di applicazione del patto di stabilità – n° 1466/97/CEE – non contiene alcuna data che precisa l’obiettivo del medio termine. Sono quindi i governi che si sono messi d’accordo, a livello politico, su proposta della Commissione, per fissare la data del medio termine. Una data che in seguito è stata ripresa nei Grandi orientamenti di politica economica (GOPES) adottati annualmente dai Quindici.
Una modifica del patto di stabilità quindi presuppone una decisione unanime degli Stati membri all’interno di una Conferenza intergovernativa e di una ratifica da parte dei Quindici parlamenti nazionali.

di Antonio Barreca