IL 29 OTTOBRE 2002 L’Ocse ha pubblicato l’edizione per il 2002 del rapporto “Education at a glance”, che fornisce un’attenta analisi sulla qualità dei sistemi educativi, sugli impegni e sui costi delle singole realtà, utilizzando i dati emersi dall’indagine Ocse-Pisa (per la quale si rinvia alle segnalazioni del mese di giugno).
Un punto saliente dell’edizione di quest’anno è dato dall’attenzione per i finanziamenti e per le risorse (umane e non) impiegate nell’istruzione, al fine di individuare gli impieghi più efficaci che consentano di ridurre le differenze socio-economiche, di favorire la crescita individuale e di migliorare altresì lo sviluppo complessivo del sistema. Per arrivare ad un quadro sintetico sull’efficienza nella gestione dei servizi educativi, il rapporto Ocse 2002 ha utilizzato come indicatori gli stipendi degli insegnanti, i costi per l’istruzione sostenuti dagli utenti, il carico di lavoro del singolo docente, il confronto tra le quote di Pil destinate alla formazione e le fonti di finanziamento effettive destinate alle strutture scolastiche. Dal rapporto emerge che la previsione di maggiori costi (ci si riferisce alla spesa globale, non a quella pro-capite) a favore della formazione superiore ha un impatto positivo diretto anche sull’occupazione.
Nel rapporto, inoltre, si forniscono statistiche aggiornate sulla frequenza scolastica, sui tassi di abbandono universitario e sul tempo medio trascorso tra il conseguimento del diploma e l’inizio di un rapporto stabile di lavoro. Sulla durata del periodo formativo, la tendenza generale è a favore di un’anticipazione dei termini di scadenza degli studi; numerosi sono comunque gli Stati in cui si cerca di prolungare la durata dei corsi di formazione, specialmente di quelli universitari. La durata del periodo formativo sembra comunque avere un impatto diretto anche sull’accesso ad un rapporto stabile di lavoro: dall’edizione 2002 emerge infatti che – nella maggior parte dei paesi europei – tra il livello di istruzione raggiunto e l’inserimento nel mercato del lavoro vi è un rapporto direttamente proporzionale, nel senso che quanto più alto è il titolo conseguito, tanto più rapido è l’accesso all’occupazione.
Questa relazione, tuttavia, è meno evidente in Italia, dove il prolungamento degli studi non sempre garantisce migliori opportunità di lavoro. Sempre in relazione alla situazione italiana, dal rapporto Ocse si evince inoltre che il nostro paese è il primo per numero di ore trascorse dagli studenti nella scuola primaria, ma è altresì l’ultimo per tasso di abbandono degli studi universitari.