Corte costituzionale, 20 novembre 2002, n.466
E’ illegittimo l’art.3, comma 7, della legge 31 luglio 1997, n.249, nella parte in cui non prevede la fissazione di un termine finale certo, e non prorogabile, entro il quale i programmi, irradiati dalle emittenti eccedenti i limiti di cui al comma 6 dello stesso art.3, devono essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo.
Giudizio di legittimità costituzionale dell’art.2, comma 6, e dell’art.3, commi 6 e 7 della legge 31 luglio 1997, n.249 (Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), promosso con ordinanza dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.2, comma 6, e dell’art.3, commi 6 e 7, della legge 31 luglio 1997, n.249, nella parte in cui demandano all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di stabilire un periodo transitorio nel quale non viene applicato il limite imposto ad uno stesso soggetto di irradiare più del 20% dei programmi televisivi su frequenze terrestri in ambito nazionale (art.2, comma 6), e nella parte in cui consentono l’esercizio delle reti eccedenti, successivamente alla data del 31 dicembre 2003, ‘a condizione che le trasmissioni siano effettuate contemporaneamente su frequenze terrestri e via satellite o via cavo’ (art.3, comma 6), nonché ‘esclusivamente via cavo o via satellite’ dopo lo spirare del termine che l’Autorità avrebbe indicato (art.3, comma 7). Secondo il ricorrente, le norme impugnate, anziché sancire il definitivo superamento del precedente assetto normativo dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale con la sentenza n.420 del 1994, rinvierebbero ad una data imprecisata l’efficacia dei limiti anticoncentrativi previsti dalla stessa legge n.249 del 1997, con violazione del principio di ragionevolezza (art.3, Cost.), dei principi del pluralismo nella manifestazione del pensiero (art.21, Cost.), della libertà di iniziativa economica (art.41, Cost.), nonché del giudicato costituzionale (art.136, Cost.).
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, intervenuto in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura di Stato, si pronuncia per l’inammissibilità e l’infondatezza della questione sollevata, sostenendo, in particolare, che la disposizione di cui all’art.2, comma 6 della legge n.249 del 1997 si indirizza ai soli programmi in tecnica digitale e non anche a quelli trasmessi in tecnica analogica, che sono gli unici ad essere presi in considerazione dai provvedimenti impugnati. Inoltre, ad avviso dell’Avvocatura, la disciplina contenuta nell’art.3, commi 6 e 7, non poterebbe protrarre, senza soluzione di continuità, il regime transitorio precedente il 1997. La norma, infatti, risponderebbe ad una logica coerente con il differente scenario normativo e tecnico (legato alla rivoluzione digitale e al processo di convergenza in atto) nel quale si applicherebbe.
La RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a, costituitasi in giudizio, sostiene che la questione, nei termini prospettati dall’ordinanza di remissione, non è fondata. La previsione di un regime transitorio di deroga ai limiti antitrust previsti dalla legge stessa risponderebbe infatti alla profonda e coerente razionalità di consentire agli operatori privati ‘eccedenti’ di continuare nella fase di transizione a trasmettere in simulcast, in attesa che la maturazione del mercato satellitare consenta di riversare sullo stesso l’intera attività radiodiffusiva.
La Corte costituzionale dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art.2, comma 6, e dell’art.3, comma 6, della legge 31 luglio 1997, n.249. L’esigenza di un equilibrato passaggio di riconversione del sistema di trasmissione delle reti eccedenti i limiti anticoncentrativi non esclude infatti la legittimità sul piano costituzionale di un regime transitorio in cui si dilazioni temporaneamente l’applicazione, rispetto a situazioni preesistenti, dei limiti anzidetti. La illegittimità costituzionale non investe pertanto il regime transitorio in deroga e l’attuale prosecuzione, purché temporaneamente limitata, dell’esercizio delle emittenti in eccedenza rispetto ai limiti anticoncentrativi fissati (combinato disposto dell’art.2, comma 6, e dell’art.3, commi 6, 9 e 11). D’altro canto, la protrazione della situazione attuale, non garantendo l’attuazione del principio del pluralismo esterno e per questo già ritenuta illegittima dalla sentenza n.420 del 1994, esige, ai fini della compatibilità con i principi costituzionali, che sia previsto un termine finale assolutamente certo, definitivo e dunque non eludibile, entro il quale debba avvenire la cessazione del regime transitorio di cui all’art.3, comma 7 della legge n.249 del 1997.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art.3, comma 7, della legge 31 luglio 1997, n.249, nella parte in cui non prevede la fissazione di un termine finale certo, e non prorogabile, che comunque non oltrepassi il 31 dicembre 2003, entro il quale i programmi, irradiati dalle emittenti eccedenti i limiti di cui al comma 6 dello stesso art.3, devono essere trasmessi via satellite o via cavo.
Giurisprudenza richiamata:
– sul principio del pluralismo informativo esterno: Corte costituzionale, sentenze n.826 del 1988; n.112 del 1993; n.155 del 2002
– sulla protrazione dell’attuale distribuzione delle frequenze: sentenze n. 420 del 1994; n. 408 del 1996