La disciplina regolamentare del Comune in tema di elettrosmog al vaglio del Consiglio di StatoConsiglio di Stato, sez. V, 18 novembre 2002, n. 6391

18.11.2002

Consiglio di Stato, sez. V, 18 novembre 2002, n. 6391

Con la sent. 18 novembre 2002, n. 6391, la V Sezione del Consiglio di Stato ha  ribadito la sua posizione in ordine ai limiti che incontra la disciplina regolamentare del Comune relativa alla tutela della salute umana connessa alle emissioni di radiofrequenze.
La decisione si presenta di grande interesse perché, pur riferendosi ad una cornice normativa precedente, aiuta a precisare il significato dell’art. 8, comma 6, della l. 22 febbraio 2001, n. 36 (‘Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici’), laddove attribuisce ai Comuni il potere di ‘adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici’. 
In particolare, il Consiglio di Stato ha sottolineato che ‘la disciplina secondaria del Comune [di cui all’art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001] non può estendersi al punto di presupporre essa stessa l’individuazione delle aree sensibili, ma deve limitarsi a raccordare il potere concessorio, in armonia con le esigenze urbanistiche e la minimizzazione dell’impatto elettromagnetico, con quanto già determinato a livello regionale’.
Questa impostazione si collega ad una precedente decisione dello stesso Consiglio di Stato (VI Sezione, sent. n. 3098 del 3 giugno 2002), in cui il Collegio aveva rilevato che le misure volte a minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici ‘non possono […] in alcun modo prevedere limiti generalizzati di esposizione diversi da quelli previsti dallo Stato, né possono di fatto costituire una deroga generalizzata o quasi a tali limiti, essendo invece consentita l’individuazione di specifiche e diverse misure, la cui idoneità al fine della ‘minimizzazione’ emerga dallo svolgimento di compiuti ed approfonditi rilievi istruttori sulla base di risultanze di carattere scientifico’.
Ma quello che stupisce è che manchi nella decisione un pur minimo riferimento alle previsioni del c.d. decreto Gasparri, il d.lgs. 4 settembre 2002, n. 198, contenente ‘Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell’art. 1, comma 2, della l. 21 dicembre 2001, n. 443’) e, nello specifico, a quell’art. 3, comma 2, che stabilisce che le infrastrutture di telecomunicazioni per impianti radioelettrici ‘sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e sono realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento’.
Eppure, in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sulla legittimità costituzionale del decreto, impugnato da numerose Regioni, quest’ultima disposizione viene a modificare implicitamente proprio l’art. 8, comma 6, della l. n. 36/2001.

a cura di Giorgio Grasso